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Sostenibilità e strategia climatica: le nuove sfide del cleaning

Sostenibilità e strategia climatica, programmi di finanziamento, richieste dei CAM, nuove Direttive: il contesto normativo e di mercato pone le prossime sfide per il settore, mentre si diffondono i nuovi standard per la contabilizzazione delle emissioni.

Obiettivo: neutralità climatica –L’Unione Europea chiede di raggiungere l’obiettivo di “emissioni zero” (o neutralità climatica) entro il 2050. Un tema che è stato messo sotto la lente dalla Conferenza delle parti sul clima di Dubai (COP 28) che si è svolta a fine 2023 chiamando in prima linea le imprese: COP 28 potrebbe infatti sancire la fine dell’era dei combustibili fossili, come transizione necessaria per raggiungere lo zero netto entro il 2050, in accordo con la scienza.

Finanziamenti e transizione ecologica- Anche l’accesso ai canali di finanziamento fissa negli obiettivi climatici un importante criterio di selezione. La “transizione ecologica” è infatti una delle sei missioni definite dal PNRR, il Piano Nazionale varato dal Governo italiano nell’aprile 2021 per accedere al programma di finanziamento Next Generation EU per il contrasto all’impatto negativo della crisi sanitaria. La “messa a terra” dei finanziamenti PNRR, che avviene mediante procedure di evidenza pubblica, ha determinato una profonda riforma della disciplina sui contratti pubblici che si esprime nel nuovo Codice dei Contratti (D.Lgs. 36/2023). Oltre al fatto che il nuovo Codice dei Contratti Pubblici continua a prevedere l’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM (Criteri Ambientali Minimi), c’è un’altra importante novità: il nuovo “Piano d’azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione” varato nel 2023 riconosce nei CAM uno strumento fondamentale per contribuire al raggiungimento della neutralità climatica dell’UE entro il 2050, come previsto dal Green Deal.

Ruolo chiave delle imprese di servizi – Le imprese di pulizia che vogliono anticipare le nuove richieste del mercato pubblico e privato possono, attraverso l’elaborazione della propria strategia climatica, arrivare a “mettere a fattor comune” i diversi strumenti di sostenibilità implementati e ottenere in questo modo economie derivanti dall’integrazione di strumenti diversi che possono però essere orientati al raggiungimento del medesimo risultato: la lotta al cambiamento climatico in corso.  Una sfida globale che coinvolge non solo il settore dei servizi, ma più in generale tutti i livelli della nostra società: politico, economico e sociale. Attraverso la strategia climatica, ogni azienda è in grado di definire – sul lungo periodo – più misure sinergiche, a partire dalla contabilizzazione delle emissioni e successivamente di sviluppare sia azioni di riduzione della propria impronta di carbonio, sia azioni di compensazione volte a bilanciare le emissioni che non è stato possibile evitare. Inoltre, sempre più acquisitori pubblici e privati prevedono nelle proprie scelte di Approvvigionamento sostenibile l’utilizzo della Carbon Footprint di organizzazione come elemento di qualificazione dei fornitori e la Carbon Footprint di prodotto/servizio come criterio premiante delle offerte.

Strumenti normativi e certificazioni- E non solo: l’entrata in vigore della Direttiva “Green Claims” dal 26 marzo 2023 chiede rigore nella comunicazione ai consumatori per quanto riguarda le asserzioni ambientali relative a prodotti e servizi, rigore che si basa su strumenti scientifici. Per quanto riguarda le emissioni, nello specifico, gli strumenti sono normati dagli standard internazionali ISO che si basano sulla metodologia LCA che considera l’intero Ciclo di Vita del prodotto/servizio: la 14067 per la Carbon Footprint di prodotto, la 14064-1 per la Carbon Footprint di Organizzazione, la nuova 14068.

  1. La norma ISO 14067 (2018) – Carbon Footprint di Prodotto (CFP) è uno schema che permette di comunicare in forma chiara e scientifica la quantificazione di tutte le emissioni di gas ad effetto serra (GHG) lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. La norma specifica principi, requisiti e linee guida per la quantificazione e la rendicontazione dell’impronta climatica dei prodotti.
  2. La norma ISO 14064-1 (2019) – Carbon Footprint di Organizzazione (CFO) è lo standard internazionale che fornisce le linee guida per la stima delle emissioni e rimozioni di GHG (Green House Gases) annue connesse ad un’organizzazione. Le organizzazioni si basano sulla ISO 14064, quindi, per delineare la baseline emissiva di riferimento: il punto di partenza per l’implementazione di una seria strategia climatica aziendale.
  3. La norma ISO 14068 (2023) – Carbon Neutrality, pubblicata il 30 novembre 2023, aiuta le organizzazioni di tutto il mondo a perseguire con efficienza ed efficacia il raggiungimento della neutralità climatica. Il nuovo standard ISO rappresenta, di fatto, uno strumento di certificazione a disposizione delle aziende che intendono dichiarare la propria carbon neutrality di organizzazione o di prodotto/servizio.

Lotta al Greenwashing – Questi strumenti saranno alla base della necessità di elaborare asserzioni ambientali non mendaci, nel rispetto della Direttiva “Green Claims” 2024/825/UE “Responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione”, che modifica la Direttiva 2005/29/Ce sulle pratiche commerciali sleali. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L_202400825

Ci saranno due anni di tempo da parte dei Paesi membri per sviluppare le linee attuative, ma l’indicazione chiara e forte che proviene dall’Europa è che le asserzioni ambientali relative a prodotti e servizi nelle etichette e nella pubblicità siano scientificamente basate su analisi LCA che considerano l’intero Ciclo di Vita. Sulla corretta formulazione delle asserzioni ambientali si delineerà infatti un quadro di verifiche di terza parte e di sanzioni del quale le imprese dovranno necessariamente tenere conto. Il lavoro della Commissione Europea nasce per proteggere i consumatori dal greenwashing e anche per coinvolgerli nell’uso del prodotto/servizio idoneo alle aspettative previste dalla etichettatura: si basa su un’indagine svolta nel 2021 su 150 asserzioni ambientali dalla quale è risultato che il 53,3% delle dichiarazioni ambientali erano vaghe, fuorvianti o infondate e che il 40% non era comprovato da evidenze certe.

di Ornella Menculini, Paolo Fabbri e Cesare Buffone di Punto 3 Srl (www.punto3.it)

 

 

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