di Andrea Granelli*
Il 31 gennaio 2020 due turisti provenienti dalla Cina sono risultati positivi al virus SARS-CoV-2 a Roma. Tre settimane dopo – a Codogno, in provincia di Lodi – è stato identificato il primo focolaio; qualche giorno dopo sono iniziati i primi morti. Dal quel giorno il mondo è cambiato.
Abbiamo appena iniziato a mettere a fuoco questa pandemia, le sue cause, i suoi processi diffusivi, le possibili cure e – in prospettiva – le tecniche preventive più efficaci. Una parola sta però emergendo: convivenza. Questo male non può infatti essere debellato completamente, ma contenuto. Inoltre, sommando gli effetti di questa pandemia ad altre “piaghe” della modernità che non ci abbandoneranno presto – inquinamento, variazioni climatiche sempre più repentine e violente, deforestazione, coltivazioni intensive – incominciano ad emergere alcune caratteristiche del cosiddetto “next normal” – la nuova normalità, o meglio la “prossima normalità” con la quale ci confronteremo una volta sopita la fase acuta del CoVid. “Prossima” in quanto è probabile sia diversa da ciò che solo fino a ieri consideravamo normalità.
Nello specifico, tre sono le implicazioni di questa pandemia su cui è opportuno riflettere:
1 – L’ingresso in un’epoca caratterizzata da una mobilità sempre più ridotta
2 – L’assoluta centralità del digitale, che da importante opportunità è diventato oramai assoluta necessità
3 – La nuova centralità di safety & security, la sicurezza cioè intesa in senso allargato, dove la componente sanitaria – sicurezza della salute, sanificazione degli ambienti, contrasto della diffusione degli agenti pandemici – assumono una nuova valenza e contribuiscono a definire la “nuova normalità”.
Questa nuova centralità del concetto di sicurezza fornisce nuovi e più ampi significati al concetto di pulizia, nei fatti dando nuova rilevanza e status sociale al settore che di ciò si occupa. Prendiamo ad esempio gli ambiti del turismo e del commercio. Ospitalità e accoglienza ne sono il fondamento e alla base della loro definizione – sia che si tratti di un ospedale, di un albergo, di una mensa scolastica, di un negozio o di una carrozza ferroviaria – vi è la pulizia. Un concetto profondo e polisemico, che non ha solo implicazioni igieniche e sanitarie.
L’antagonista della pulizia – lo sporco – non è infatti solo un’accidentalità o un’azione aggressiva esterna – il contagio. Come sanno bene i designer, lo sporco è spesso la conseguenza di un errore di progettazione derivante dalla sintesi su consuetudini sbagliate, da un utilizzo improprio degli input di progetto, da modalità di esercizio errate, da interventi sbagliati o addirittura inefficaci. Lo sporco richiama dunque l’alterità, la difformità, la contaminazione e, in ultima istanza, l’errore.
Inoltre il pulito può diventare addirittura una conseguenza progettuale o meglio un suo obiettivo. Pensiamo alle superfici autopulenti o al grande successo ottenuto dal cosiddetto “cemento bianco” inventato da Italcementi.
Quando l’architetto Richard Mayer concepì – per il Giubileo di Roma – la chiesa Dives in Misericordia ribattezzata poi “delle tre vele” – voleva un materiale che mantenesse il candore iniziale, che richiamasse la purezza. Per questi motivi ha utilizzato per ricoprire l’intera opera il TX Millennium al titanio, un cemento nel quale sono presenti delle cellule dall’azione fotocatalitica. Grazie alla luce si distruggono diversi inquinanti atmosferici – scarichi di automobili, fumi di riscaldamenti abitativi, scarichi industriali, sostanze chimiche … – che vengono a contatto con le superfici cementizie, ossidandosi sino a mutare in anidride carbonica.
Ma anche nel mondo sempre più importante dei dati – anzi dei big data – il concetto di pulizia è oggi particolarmente rilevante. L’esperto di dati – colui che si muove con sapienza e padronanza nel mare dei dati trovando le fonti più opportune – deve certamente saper distillare le informazioni, estraendone la parte utile (e riutilizzabile) e organizzandole in format standardizzati (indizi, estratti, aforismi, immagini, …). Ma la condizione fondamentale, la premessa ad un utilizzo corretto e utile delle informazioni ai fini decisionali richiede la capacità – talvolta abilità – di saper trovare informazioni pertinenti, nutrienti e soprattutto sanificate. Il concetto di informazioni sporche, non pulite, si lega infatti al tema del fake, della manipolazione informativa: uno dei lati più oscuri e pericolosi della rivoluzione digitale.
Pertanto il concetto di pulizia, il suo valore semantico, la sua rilevanza per la salute sta uscendo dal mondo degli addetti ai lavori e sta diventando un nuovo valore per assicurare la convivenza sociale e le relazioni lavorative.
Ma quali saranno allora le future prospettive tecnologiche legate al mondo delle pulizie? Una maggiore integrazione fra le tecnologie di pulizia, nelle varie forme e declinazioni, e il mondo del digitale – soprattutto la sensoristica (l’Internet of Things che sarebbe però meglio ribattezzare “Internet dentro le cose”) e il mondo dei dati.
Dati e sensori non serviranno solo – come già oggi accade nei sistemi più avanzati di pulizia – per guidare i processi di pulizia e restituire ai produttori di macchinari informazioni preziose non solo per la manutenzione preventiva ma anche per un addestramento e miglioramento delle macchine e una migliore resa sul campo della loro operatività.
La sfida sarà l’uso dei dati – e in alcuni contesti specifici – anche dei sistemi di block-chain per assicurare la tracciabilità dei processi di pulizia. Sarà sempre più importante – soprattutto quando parliamo di salute – non solo pulire con efficacia, ma dimostrare di aver pulito per tranquillizzare gli utenti e soprattutto i clienti. Non si può escludere che un luogo “particolarmente” pulito possa addirittura diventare un ulteriore elemento competitivo che lo renda ancora più attrattivo, sia esso un negozio, un ristorante o addirittura un albergo. E quindi – come augurio per l’anno appena iniziato – lunga vita alla pulizia!
*Esperto di tecnologia e di management, Andrea Granelli è stato in McKinsey, CEO di tin.it e di TILab (Gruppo Telecom Italia). È Fondatore e presidente di Kanso, società di consulenza e comunicazione strategica. Segue molti progetti di rafforzamento della cultura digitale nelle imprese. Ha diverse pubblicazioni su tecnologie digitali e innovazione.
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