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Le conseguenze del mancato rispetto dei CAM negli appalti pubblici

Recenti indagini su reati gravi, come frode nelle forniture pubbliche, evidenziano l’importanza della conformità ai CAM dei prodotti usati nei servizi di pulizia e igiene ospedaliera.

Alcune recenti indagini volte all’accertamento di possibili responsabilità penali per reati gravi, come quello di frode in pubbliche forniture, ripropongono prepotentemente il tema della conformità dei prodotti utilizzati nell’esecuzione dei servizi di igienizzazione e pulizia in ambito ospedaliero ai Criteri Ambientali Minimi (CAM), la cui violazione può avere ricadute che travalicano la responsabilità penale, per pregiudicare – a volte anche pesantemente – l’attività d’impresa.

I CAM negli appalti pubblici Va premesso che i CAM integrano altrettanti “requisiti minimi dell’offerta” e sono definiti con decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica nell’ambito del Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione. Essi vanno rispettati in tutte le fasi del procedimento di acquisto, essendo diretti all’individuazione della soluzione progettuale, del prodotto o del servizio migliore sotto il profilo ambientale, lungo tutto il ciclo di vita, tenuto conto delle disponibilità di mercato. In continuità con il quadro normativo previgente, e in linea con i principali obiettivi internazionali (a partire da “Agenda 2030” dell’ONU), il nuovo codice dei contratti pubblici ribadisce l’obbligatorietà del rispetto dei CAM, da prevedersi nei documenti di gara iniziali, attraverso la previsione di specifiche tecniche e di clausole contrattuali ad essi conformi e con obbligo, a carico delle stazioni appaltanti, di tenerli in considerazione anche nella definizione dei criteri di aggiudicazione (art. 57, comma 2, D.Lgs. n.36/2023).

Obbligatori anche per le stazioni appaltanti La giurisprudenza ha per parte sua chiarito che le disposizioni che obbligano al rispetto dei CAM costituiscono obblighi immediatamente cogenti anche per le stazioni appaltanti (Cons. Stato, n. 9398/2023); tanto che, in caso di carenza di una disciplina in tal senso espressa negli atti di gara, vale sempre la regola della “eterointegrazione” della lex specialis, che comporta che tale obbligo di legge entra a far della lex specialis anche ove dalla stessa non richiamato, in conformità al principio generale del risultato (TAR Napoli, n. 377/2024).

I tempi per un’eventuale impugnazione Quanto alle tempistiche di una possibile contestazione, nel caso in cui la disciplina di gara ometta qualunque il riferimento ai CAM, l’orientamento prevalente esclude l’esistenza di un onere d’immediata impugnazione, dal momento che tale omissione non integra clausole escludenti o impeditive della presentazione dell’offerta (Cons. Stato, n. 8773/2022). Tuttavia – viene precisato da parte della giurisprudenza TAR – l’immediata impugnazione si rende necessaria tutte le volte in cui “la violazione dei principi che informano le procedure di evidenza pubblica risulta già immediatamente evidente e percepibile al momento della gara”, in ottica di buona fede e tutela dell’affidamento (art. 5 del Codice) tra soggetto pubblico e privati partecipanti alla procedura competitiva (TAR Roma, nn. 4493, 4494 e 4495/2024).

Le possibili conseguenze del mancato rispetto dei CAM Venendo ora alla domanda posto all’inizio, può accadere che sia piuttosto l’operatore economico a non rispettare i CAM, in ipotesi previsti come obbligatori dalla legge di gara. Quali sono le possibili conseguenze in tal caso? Innanzitutto, occorre distinguere il caso in cui tale inadempimento venga accertato in corso di gara da quello in cui lo sia, invece, in fase esecutiva.La giurisprudenza ha osservato in proposito – in un recente caso afferente proprio i servizi di pulizia – che i controlli circa il rispetto dei CAM vanno effettuati tanto in sede di valutazione delle offerte, quanto in sede di esecuzione del contratto. Tale verifica di conformità, nelle due distinte fasi, risponde a diversi interessi ed è riconducibile a differenti competenze.

Nel primo caso, la valutazione dev’essere effettuata dalla commissione giudicatrice, ed è finalizzata a verificare che l’offerta sia rispettosa della lex specialis e dei criteri ambientali minimi, anche a garanzia del principio di par condicio tra i partecipanti. Il rispetto dei CAM andrà in tal caso garantito sin dall’offerta, che deve avere contenuti espliciti che garantiscano sull’effettività di un siffatto impegno, senza che sia invece sufficiente l’assunzione di un generico obbligo al rispetto dei criteri ambientali in fase esecutiva (trattandosi, per l’appunto, di “elementi essenziali dell’offerta”, in difetto dei quali la stessa è inammissibile). Le conseguenze dell’incompletezza del progetto sotto tale profilo sono sempre gravi, potendo spaziare dall’esclusione dalla gara (poiché “l’offerta deve essere conforme alle caratteristiche tecniche del capitolato di gara per i beni da fornire sin dal principio, atteso che difformità, anche parziali, si risolvono in un ‘aliud pro alio’, che giustifica l’esclusione dalla selezione”, Cons. Stato, n. 3197/2022), all’annullamento dell’aggiudicazione (TAR Napoli, n. 1529/2021) sino alla declaratoria d’inefficacia del contratto eventualmente stipulato (Cons. Stato, n. 9398/2023). Inoltre, nel disciplinare i principi generali in tema di selezione del contraente, l’art. 107 del nuovo codice esplicita che la stazione appaltante può sempre decidere di non aggiudicare l’appalto all’offerente che abbia presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa, se è stato accertato che l’offerta stessa non soddisfa – tra gli altri – gli obblighi in materia ambientale e del lavoro.

Conseguenze in fase esecutiva Diverse sono invece le conseguenze – e, come detto, le competenze – in fase esecutiva, ove sarà il Direttore dell’Esecuzione, ove nominato, ovvero il Responsabile Unico di Progetto, a dover verificare il rispetto di quanto promesso in offerta o reso obbligatorio dalla disciplina di gara. Come noto, in fase esecutiva i rapporti tra privato e pubblica amministrazione si connotano per una posizione paritetica, tanto che l’ordinamento appresta in favore dell’amministrazione gli stessi strumenti civilistici messi a disposizione di qualsiasi committente: dalla diffida ad adempiere, alla risoluzione del contratto in danno, eventualmente con domanda di risarcimento.

Verifiche in sede amministrativa Tali strumenti, opportunamente declinati nella disciplina di gara, sono attivabili in tutti i casi in cui il contraente aggiudicatario risulti, a seguito dei controlli posti in essere dal DEC o dal RUP, inadempiente rispetto all’obbligatorio rispetto dei CAM (Consiglio di Stato, n. 9398/2023 cit.). Ma può anche accadere, in tali ipotesi, che l’accertamento di un’eventuale responsabilità civile sia preceduto da verifiche svolte anche in sede amministrativa, come avviene ad esempio nel caso di violazioni accertate dai NAS, dall’ASL o da altri organismi deputati ai controlli in materia ambientale.

Sulla base dei relativi verbali di accertamento, sarà dunque in tal caso possibile procedere alla risoluzione d’imperio del contratto d’appalto (art. 122, comma 3, d.lgs. n. 36/2023), ovvero esperire tutte le azioni civilistiche previste, potendosi contare sull’efficacia probatoria degli accertamenti posti in essere da pubblico ufficiale, i cui verbali, come noto, costituiscono atto pubblico e fanno quindi prova fino a querela di falso (art. 2699-2700 c.c.).

Gli accertamenti degli organi competenti considerati “mezzi adeguati” Allo stesso tempo – e soprattutto, per quel che più da vicino ci riguarda – occorrerà in tal caso considerare che i verbali redatti in occasione dei controlli disposti delle autorità preposte (ovvero anche dal DEC o dal RUP, quando accertino inadempienze simili) potranno essere utilizzati anche in altre pubbliche gare, da parte della stazione appaltante competente, in quanto le medesime violazioni – della disciplina sui CAM – potranno essere valorizzate ai fini del giudizio sull’affidabilità professionale del concorrente [art. 95, comma 1, lett. e)], o dell’accertamento del requisito di cui all’art. 95, comma 1, lett. a), relativo alla necessaria insussistenza di “gravi violazioni, debitamente accertate, della normativa posta a tutela dell’ambiente”. La giurisprudenza è, a tal proposito, univoca nel ritenere che costituiscono “mezzi adeguati”, per la dimostrazione dell’illecito professionale, o delle violazioni in materia ambientale e del lavoro, gli accertamenti posti in essere dai competenti organi amministrativi (e quindi anche dai NAS o dall’ASL etc.), salvo sempre l’esito di eventuali contestazioni giudiziali avverso il relativo verbale di accertamento e l’eventuale azione risarcitoria, in caso di esclusione in base ad accertamento non ancora definitivo. Cosicché, nelle successive procedure di gara tali documenti potranno essere valutati a supporto di autonome cause di esclusione.

Valutazione di affidabilità La valutazione di affidabilità è, in casi come quelli di cui s’è detto, rimessa alla discrezionalità amministrativa della stazione appaltante, in quanto “l’amministrazione sola può fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente” (Cons. Stato, n.6067/2023). La stessa non può, tuttavia, esimersi dall’esprimere il proprio giudizio, allorché risultino agli atti di gara accertamenti relativi a significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto pubblico di appalto o di concessione, che ne abbiano causato la risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni comparabili, derivanti, in particolare, da inadempienze in ordine al rispetto dei CAM.

Conclusioni Occorre dunque prestare particolare attenzione al rispetto – non solo in offerta, ma anche nella fase esecutiva – dei CAM, anche perché, come ricorda spesso il Consiglio di Stato, la ratio della disciplina in materia si rinviene nell’esigenza di garantire che le politiche sui cd. “appalti verdi” siano incisive non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma anche con riferimento all’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo sostenibili. Dal punto di vista dell’impresa, poi, le conseguenze negative degli inadempimenti in subjecta materia spaziano dalla responsabilità penale, a quella civile e amministrativa, con prevedibili ripercussioni sul rating d’impresa (ANAC) e sul rating di legalità (AGCM): che, ben presto, potrà concorrere a indirizzare le amministrazioni nella scelta delle imprese con le quali trattare (artt. 109 e 222, comma 7, d.lgs. n. 36/2023).

di Domenico Gentile e Maria Riggio – Studio legale Malinconico&Gentile

 

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