(tratto da “GSA” n.4, Aprile 2010)
L’ospedale è individuato come ambiente ad alto rischio riguardo le infezioni ospedaliere, visto il grado di invasività delle procedure eseguite, in cui vanno applicati schemi operativi e protocolli igienici assolutamente irrinunciabili.
Quadro attuale e nuova definizione delle Infezioni Ospedaliere
Nell’epoca moderna il rapporto dell’uomo con l’ambiente si è fatto critico. l’assistenza sanitaria, negli ultimi anni ha subito profondi cambiamenti. Mentre prima gli ospedali erano il luogo in cui si svolgeva la maggior parte degli interventi assistenziali (notevole evidenza scientifica ha da sempre indicato come l’ambiente ospedaliero può essere un’importante fonte di patogeni nosocomiali soprattutto per il paziente ad alto rischio), a partire dagli anni Novanta sono aumentati sia i pazienti ricoverati in ospedale in gravi condizioni (quindi ad elevato rischio d’infezioni ospedaliere), sia i luoghi di cura extra-ospedalieri (residenze sanitarie assistite per anziani, assistenza domiciliare, assistenza ambulatoriale, centro dialisi, day-surgery).
Inoltre la nostra popolazione di pazienti è cambiata:
- l’attesa di vita degli italiani è aumentata di oltre 7 anni negli ultimi 10 anni, oltre due terzi della nostra popolazione ospedaliera ha passato il 65esimo compleanno;
- la sanità si sposta velocemente verso una medicina che non guarisce ma cura, per grandi famiglie di patologie, che meno di venti anni fa erano rapidamente letali (infarto, tumori, malattie respiratorie), oggi si curano oltre la metà dei pazienti;
- aumenta vertiginosamente la presenza in ospedale di pazienti cronici con gravi patologie di fondo, ideali candidati alle infezioni ospedaliere;
- l’innovazione tecnologica è incalzante: oggi interventi impensabili fino a qualche anno fa diventano routine, fino ad estremi casi come il neonato di 250 grammi ed il trapiantato 80enne; anche l’invasività strumentale aumenta, non solo aumentando il rischio chirurgico, ma anche riducendolo, come nel caso delle chirurgia laparoscopica;
- la pressione selettiva sull’ambiente microbico non smette: continuamente abbiamo farmaci nuovi e più efficaci, ma altrettanto continuamente i germi si scavano le loro nicchie ecologiche sviluppando resistenza.
L’ospedale, i processi curativi, l’assistenza sanitaria producono come “effetti collaterali” (dannosi) problematiche e criticità alla vita dell’uomo, se non addirittura alla sua sopravvivenza.
Quanti sono oggi i cateterismi vescicale inappropriati? Quanti quelli a “circuito aperto”? Quanti quelli appropriati e a “circuito chiuso”? Quante le tricotomie eccessive e scarnificanti? Quante le profilassi chirurgiche antibiotiche superflue o di lunga durata? Quante ferite chirurgiche suppurate sono sottoposte ad indagine microbiologica? Quanti dei pazienti allettati a rischio ricevono ginnastica respiratoria appropriata? Ancora sono in uso i disinfettanti a base d’ammoni quaternari ? Quante sono le febbri “da riassorbimento”?
Questi cambiamenti rendono necessario un adattamento dei programmi di controllo delle infezioni acquisite nelle strutture sanitarie a nuove esigenze; innanzitutto, è necessaria una modifica lessicale: d’ora in poi non si potrà più parlare di “infezioni ospedaliere”, ma bensì d’infezioni correlate a pratiche assistenziali (ICPA) o “infezioni acquisite nelle strutture sanitarie” (cioè non clinicamente manifeste o in incubazione al momento dell’inizio dell’episodio assistenziale stesso).
Oggi però bisogna dire che le infezioni non sono collegate soltanto a procedure sanitarie/assistenziali, ma i fattori di rischio sono connessi ad interventi, di tipo estetico, non prettamente con finalità sanitarie (come piercing, tatuaggi, manicure e pedicure, barbiere, etc).
Interessano prevalentemente i pazienti, più raramente possono interessare anche operatori sanitari, studenti, personale d’assistenza volontario.
Caratteristiche delle ICPA
- includono una gran varietà di complicanze infettive accomunate dall’associazione esistente con uno specifico episodio assistenziale
- la classificazione di un’infezione come correlata all’assistenza si basa esclusivamente sul rapporto temporale esistente tra infezione ed episodio d’assistenza
- alcune infezioni insorgono frequentemente dopo la dimissione dall’ospedale (infezioni della ferita chirurgica, infezioni neonatali, mastiti materne, infezioni da impianto di corpi estranei, epatiti)
- includono infezioni esogene (trasmesse dall’esterno) ed infezioni endogene (flora endogena del paziente); infezioni prevenibili e infezioni non prevenibili allo stato attuale delle conoscenze
- non includono le semplici colonizzazioni (presenza di microrganismi sulle superfici cutanee o mucose in assenza di segni clinici di malattia o di risposta immunologica).
Frequenza e prevedibilità delle ICPA
Nel panorama dei potenziali rischi per la sicurezza del paziente attribuibili all’assistenza sanitaria, giocano un ruolo di primo piano, in quanto frequenti, hanno un elevato impatto clinico ed economico e perché possono essere evitate adottando misure di provata efficacia. Questi i principali dati epidemiologici sulle infezioni correlate all’assistenza:
- la frequenza con cui compare una complicanza infettiva è mediamente pari a 5-10% in pazienti ricoverati in ospedale, a 5% in pazienti residenti in strutture per anziani ed a 1% in pazienti assistiti a domicilio
- il 5-10% delle complicanze infettive si manifesta in modo epidemico
- sono sempre più frequenti le infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici
- per le sepsi e le polmoniti si stima una mortalità attribuibile pari a 20-30%
- su 100 infezioni associate all’assistenza sanitaria in media il 20% sono prevenibili, con significative differenze secondo il tipo d’infezione e del contesto (la frazione prevenibile varia da 10 a 70% nei diversi studi).
Tipologia
Le infezioni più frequenti, che nell’insieme rappresentano l’80% circa di tutte le infezioni osservate, sono:
- le infezioni del tratto urinario
- le infezioni del sito chirurgico
- le infezioni dell’apparato respiratorio
- le infezioni sistemiche (sepsi, batteriemie).
Le più frequenti sono le infezioni urinarie, che da sole rappresentano il 30-35% di tutte le infezioni correlate all’assistenza. L’importanza relativa di ciascuna localizzazione d’infezione varia però nel tempo, in diversi ambiti assistenziali e in diversi sottogruppi di pazienti. Le infezioni sistemiche stanno diventando via via più frequenti, come conseguenza di un graduale aumento dei fattori di rischio responsabili di queste infezioni, quali le condizioni di rischio intrinseco del paziente, l’uso d’antibiotici e del ricorso al cateterismo intravascolare.
Prevenzione e qualità
Le attività di prevenzione aiutano le persone e le comunità, quando ancora sono sane, a controllare meglio i fattori che determinano la loro salute ed a modificarli, evitando la comparsa le malattie. Tali attività necessitano d’interventi strutturali, normativi, economici, sociali , formativi e educativi.
Nel caso delle ICPA, non si tratta solo formare ed educare il personale sanitario, ma di affiancare a questo intervento, tutte le altre iniziative che in modo sinergico contribuiscono al risultato desiderato:
- intervenire su dispositivi, farmaci, presidi,
- modulare la tariffa dei DRGs alla presa in carico globale del paziente
- assicurare la trasparenza delle informazioni agli stakeholder (pazienti, operatori, comunità)
- sviluppare una politica di formazione continua sull’argomento (rischio biologico, rischio clinico) per modificare le conoscenze e le abilità professionali
- stimolare le conoscenze e la sensibilità delle persone ad una cultura delle più comuni prassi igieniche
- favorire interventi organizzativi in armonia con altri settori della comunità, all’interno di un’azione intersettoriale.
Si tratta quindi di applicare anche al contesto delle Ica il setting based approach, trasformare le condizioni strutturali, sociali, culturali ed economiche dell’ospedale per modificare le conoscenze, le abilità ed i livelli d’autonomia delle persone che lo frequentano, in modo da favorire sempre più la loro salute.
Le attività di prevenzione delle Ica indubbiamente contribuiscono al miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, mentre non tutti i progetti di miglioramento della qualità promuovono la salute.
Ipotesi di programma per un “setting” favorevole alla sorveglianza e prevenzione delle infezioni ospedaliere
La valutazione dell’impatto di un modello di governo clinico ed organizzativo complesso come la prevenzione e sorveglianza delle ICPA in un “setting” Regionale non è semplice, anche perché la sua attuazione è un processo dinamico, in continua evoluzione.
E’ oggi possibile solo verificare in che misura la rete integrata del setting sia in grado di soddisfare il fabbisogno d’interventi, quale sia il grado della loro accessibilità e quali siano i risultati clinici.
Attivare e sostenere il processo di riorientamento degli ospedali verso una cultura che aggiunga, alle tradizionali attività curative, alla sua struttura organizzativa, alla sua cultura ed ai suoi comportamenti quotidiani proprie dell’ospedale, i principi del miglioramento della qualità dell’assistenza ospedaliera ed in modo particolare le attività e le azioni strategiche atte a ridurre le infezioni ospedaliere.
Per raggiungere questo importante obiettivo i vari protagonisti del setting, si devono impegnare ad intraprendere almeno le seguenti azioni:
Setting “Regione”
● crescere tutto il sistema ospedaliero regionale e non solo parti di esso
● costruire dei sistemi di sorveglianza e prevenzione rispetto ai quali vi sono chiare evidenze scientifiche sulla loro efficacia
● valutazione dell’impatto delle indicazioni fornite vincolando in alcuni casi il raggiungimento degli obiettivi a finanziamenti aziendali e/o a premi per la dirigenza
● aspetti specifici come le infezioni ospedaliere, la farmaco resistenza ed il consumo d’antibiotici, creando reti di sorveglianza su base regionale e standard d’attività;
● promuovono i processi d’accreditamento e/o certificazione
● tendono a favorire l’innesco di circuiti virtuosi all’interno delle aziende e tra aziende, sviluppo d’esempi di buona pratica clinica ed organizzativa documentati e valutati;
● accreditamento delle strutture sanitarie
● evoluzione dei sistemi informativi
● collegamento operativo a livello regionale tra i soggetti che si occupano della predisposizione delle azioni necessarie per il controllo delle infezioni nell’attività d’assistenza.
Setting Azienda Sanitaria
q Sviluppare specifiche iniziative di prevenzione delle Ica. all’interno dei presidi sanitari
q Ampliare l’interesse del management e degli operatori sanitari verso la tutela della salute e non limitarlo solo alla cura delle malattie
q Sviluppare esempi di buona pratica clinica ed organizzativa che possono essere trasferiti ad altre UO o presidi. Promuovere lo scambio d’esperienze.
q Identificare aree d’interesse comune per sviluppare programmi e procedure
q La partecipazione degli utenti
q La formazione del personale sanitario con una visione più ampia rispetto a quella tradizionale di tipo “curativo”, inserendo tematiche della qualità dell’assistenza, della prevenzione delle Ica e la promozione della salute.
q Identificare adeguati profili professionali (risk manager, etc.) che possano far parte dei gruppi multiprofessionali di comitati sanitari.
q creare le condizioni affinché i centri collaborino, confrontino i risultati clinici ottenuti e concordino comuni strategie di comportamento clinico.
Setting Ospedale
ð rappresentare lo snodo regionale ed interregionale di un sistema integrato di rete che consenta il collegamento con presidi ospedalieri di livello locale e con strutture territoriali per la realizzazione di modelli organizzativi finalizzati alla presa in carico del paziente, alla realizzazione di percorsi sanitari appropriati, alla garanzia della continuità delle cure e dello sviluppo dell’accessibilità da parte dei cittadini.
Il concetto di rete va sviluppato in tutte le potenzialità: non solo rete intraregionale per garantire efficienza nella risposta (elaborazione ed attuazione dei percorsi clinico-assistenziali condivisi tra territorio ed ospedale) o interregionale per permettere un utilizzo ottimale del servizio offerto (ospedali ad alta specializzazione), anche rete come scelta delle Regioni di condividere alcune strutture, d’alta specializzazione dal punto di vista infettivologico, organizzativo, formativo. per l’erogazione d’alcuni servizi, tramite accordo tra piccole Regioni e grandi o tra Regioni viciniore.
Setting ambiente/ospedale – progettazione e realizzazione di strutture edilizie
I moderni criteri di progettazione di un ospedale per acuti possono essere definiti solo in rapporto alla natura di sotto-sistema dell’ospedale, in continua evoluzione in quanto soggetto alle sfide che vengono dal suo ambiente e dal sistema societario complessivo, e deve quindi possedere la conseguente flessibilità degli adattamenti. La strategia di modernizzazione è prima di tutto diretto a realizzare condizioni di sicurezza per i cittadini-utenti e per gli operatori.
La visualizzazione dell’ambiente esterno dal letto di degenza e l’assetto paesaggistico dell’area verde, il senso di libertà indotto dagli spazi aperti e dalle possibilità di movimento favoriscono il relax e l’evasione del pensiero. L’accostamento dei colori, la diffusione delle luci, la definizione degli arredi, l’accuratezza dei particolari strutturali, sono fattori essenziali di distensione psicologica. Le soluzioni architettoniche gradevoli e la scelta delle finiture, oltre che concorrere alla personalizzazione dell’ambiente, conferiscono all’insieme abitativo un senso d’ordine e di precisione che infonde il rispetto e la cura delle strutture da parte di chi le usa.
Entrare nel futuro
Identificare l’ospedale semplicemente come un insieme di locali, tecnologie ed operatori deputati ad accogliere l’attività sanitaria, equivale a sottostimare notevolmente l’impatto e l’importanza nevralgica che tale sistema riveste nell’attività sanitaria più in generale.
Risulta invece più aderente e completo definire l’ospedale come una struttura organizzata (quindi un insieme di risorse umane e materiali organizzate) la cui finalità è l’erogazione di prestazioni sanitarie ad elevato grado di specializzazione ed invasività.
Relativamente alle infezioni ospedaliere, visto il grado d’invasività delle procedure eseguite, l’ospedale è individuato come ambiente ad alto rischio, in cui vanno applicati schemi operativi e protocolli igienici assolutamente irrinunciabili.
In particolare tenendo sempre presente che l’obiettivo è quello di garantire un ambiente sicuro per il paziente e gli operatori sanitari, le misure igienico-sanitarie dovranno riguardare gli elementi essenziali che caratterizzano tale attività, lo strumentario, il personale, il paziente e l’ambiente.
La configurazione del nuovo “setting-ospedale”, basata essenzialmente sul decentramento e sulla deospedalizzazione, richiede, un potenziamento della capacità di collegamento interno-esterno (tele-consulto, tele-assistenza, ecc.) ed una diversa forma d’aggregazione delle varie unità di produzione sanitaria, che non vivono più in interazione con un ambiente chiuso (l’ospedale tradizionale), ma con un numero pressoché infinito d’altre esperienze e competenze.
L’aumento di questa consapevolezza, negli anni, unito alla crescente attenzione e richiesta d’adeguamento degli standard di vita che l’evoluzione socio culturale, scientifica, tecnologica e medica ha prodotto negli ultimi trent’anni, ha spinto le organizzazioni a mettere a punto interventi mirati verso progetti di qualità non solo medici, infermieristici, alimentari, logistici, ma anche quelli ambientali, dall’estetica degli arredamenti ai rapporti con i familiari dei pazienti, snellimento della burocrazia e realizzazione di strutture accoglienti, spazi attrezzati per consentire momenti d’incontro e di rapporti sociali.
In sostanza l’ospedale che si propone oggi, e per gli anni futuri è una struttura per viverci dentro, priva di barriere architettoniche, aperta ai bisogni della città, dotata di servizi sociali, ovvero un setting a misura d’uomo: infatti, nell’era dell’accentuata evoluzione scientifica e tecnologica, l’ospedale rimane comunque un’istituzione dal significato profondamente umano, in cui l’uomo nasce, soffre, muore, lotta per il bene della salute.
Il binomio ambiente-ospedale è un processo che salda etica e formazione del personale, cambiamenti strutturali ed impegno concreto verso la creazione di una cultura innovativa.
La crisi ecologica, ossia il cattivo rapporto dell’uomo con l’ambiente, è prima di tutto una crisi di cultura, una crisi della concezione di vita, del modo con cui l’uomo vive il suo rapporto con la natura e con i suoi simili. Occorre pertanto sviluppare una coscienza comune e un’educazione al senso di responsabilità. Queste esigenze rientrano nel campo dell’etica che possiamo definire “etica dell’ambiente o ambientale”, in sintonia con quanto si legge nell’importante documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, Bioetica e Ambiente (1995). L’etica ambientale rientra dunque, come precedentemente accennato, nella bioetica perché riguarda la vita e la condotta dell’uomo in ordine all’ambiente naturale e umano.
Assistenza, olismo ed ecologia sono questioni essenziali nello sviluppo delle strategie per la promozione della salute.
La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, garantendo che l’ambiente in cui uno vive sia in grado di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute.
“Abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare per risolvere i problemi causati da un vecchio modo di pensare” Albert Einstein
di E.Sesti*, T. Fabbri**, L. Martini°, M. Musolino°°
*Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
** Dirigente Medico UOC Accreditamento ASL Roma B
° Infermiera Epidemiologa Dipartimento d’Epidemiologia Istituto Nazionale per le Malattie Infettive L. Spallanzani IRCCS Roma
°° DAI, UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
L’articolo è stato liberamente adattato e tratto dall’Ospedale 1/2010, Edicom, Milano