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Infezioni correlate all’assistenza: la ricerca ONBSI

Le infezioni correlate all’assistenza sono un tema di fondamentale importanza per la salute pubblica. Ecco i dati di uno studio promosso da ONBSI e realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. La ricerca analizza in profondità il fenomeno, e dimostra come un maggiore investimento in igiene si traduca in una riduzione dei costi sociali ed economici: meriterebbe grande attenzione dai professionisti e dall’opinione pubblica.

È scientificamente dimostrato, e più volte ribadito: le infezioni correlate all’assistenza, note anche con l’acronimo ICA (o, con terminologia più ampia, infezioni ambientali), rappresentano non solo un problema di natura sanitaria, ma anche sociale ed economica, come segnalato -tra gli ultimi in ordine di tempo- nel Report on the Burden of Endemic Health Care-Associated Infection Worldwide redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. 

Un tema igienico Diciamolo subito: il tema coinvolge in modo diretto -senza “se” e senza “ma” – il settore dei servizi di pulizia/servizi integrati/multiservizi, al quale è demandato il fondamentale compito, e annessa responsabilità, di eseguire in maniera corretta le procedure di sanificazione, disinfezione e igienizzazione.  Lo si comprende facilmente già leggendo tra le righe della definizione ufficiale fornita dal Ministero della Salute: “Infezioni acquisite che costituiscono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni ambito assistenziale, inclusi gli ospedali per acuti, il day-hospital/day-surgery, le strutture di lungodegenza, gli ambulatori, l’assistenza domiciliare, le strutture residenziali territoriali.”

Infezioni legate all’ambiente Vale a dire che si tratta di infezioni che un paziente contrae all’interno di un contesto sanitario durante un ricovero o l’esecuzione di esami e controlli, e che non erano presenti o in incubazione al momento dell’ammissione dello stesso.  Queste infezioni possono svilupparsi a causa di interventi medici o attraverso l’esposizione a microrganismi nell’ambiente ospedaliero. Ed è proprio qui che entrano in scena l’igiene e la sanificazione: gran parte delle infezioni, infatti, sono più o meno direttamente riconducibili alla presenza di superfici non correttamente igienizzate (pensiamo al contatto diretto ma anche, ad esempio, ad oggetti posati su superfici contaminate o alla stessa qualità dell’aria, che risente dello stato di igiene dei condotti aeraulici), il che automaticamente rende l’aspetto della pulizia e sanificazione prioritario in un’ottica di prevenzione.

Lo studio promosso da ONBSI Non è un caso che l’Organismo Nazionale Bilaterale Servizi Integrati (ONBSI) abbia promosso di recente un importante studio sull’argomento, realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con la Sezione di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. (https://www.onbsi.it/wp-content/uploads/2023/10/ONBSI-Ricerca-ICA-2023-aggiornata.pdf).

Il lavoro è stato pubblicato nell’ottobre del 2023 e i risultati, a dire il vero, sulle prime sono passati un po’ “in sordina” nonostante la presentazione del progetto complessivo avvenuta due anni prima, a Issa Pulire 2021. La ricerca, dal titolo “Le infezioni correlate all’assistenza: studio eziologico dei patogeni e delle sepsi, loro distribuzione territoriale, valutazione dei fattori e dei costi correlati”, affronta il tema delle ICA in modo molto completo e autorevole, anche grazie alla competenza dei professionisti coinvolti, nello specifico Paolo Berta, Fidelia Cascini, Walter Ricciardi, Daniele Spinelli e Giorgio Vittadini.

Frutto di un percorso decennale Non si tratta di un lavoro che “nasce dal nulla”. Al contrario, come i più attenti senz’altro ricorderanno, è l’approdo di un lungo percorso, iniziato ormai oltre 10 anni fa grazie all’impegno di un’equipe di ricercatori della Fondazione per la Sussidiarietà, dell’Università di Bergamo e del Crisp Università di Milano Bicocca guidata proprio da Vittadini e Gianmaria Martini. La pionieristica ricerca “Igiene e infezioni ospedaliere: una relazione quantitativa” venne presentata in anteprima in occasione dell’edizione 2014 di Forum Pulire, a Milano, e già allora giunse alla conclusione che esiste una relazione inversa tra le spese per i servizi di igiene negli ospedali e i tassi d’infezione ospedalieri, con la conseguenza che l’apparente risparmio in termini di costi per l’igiene ospedaliera si traduce in un aggravio in termini sociali e anche economici.

L’argomento è importantissimo, e coinvolge tutto il settore Il tema è importantissimo, e meriterebbe forse un’attenzione maggiore di quella sino ad ora riservatagli, anche perché stavolta sono i dati -scientificamente raccolti, sistematizzati e analizzati- questa volta a livello nazionale, a dimostrare in modo incontrovertibile l’importanza del settore nel suo complesso: dalle imprese specializzate nel campo delle pulizie e sanificazioni ospedaliere ai fabbricanti e produttori, che grazie a una ricerca e sviluppo incessante offrono al mercato professionale un ventaglio di prodotti, sistemi, attrezzature e macchine sempre più evoluti ed in grado di garantire risultati sicuri ed affidabili.

Un lavoro ponderoso D’altra parte, siamo di fronte a una ricerca davvero ponderosa e approfondita sin nei minimi dettagli, che affronta il tema da diverse prospettive: oltre 200 pagine suddivise in 5 capitoli più un’appendice e un’ampia rassegna di sentenze e pronunciamenti giurisprudenziali, con una bibliografia corposa che comprende la più recente letteratura italiana e internazionale sull’argomento. Si va dall’importanza della sanificazione all’analisi dei bilanci delle strutture ospedaliere, dalla storia delle infezioni e dei loro costi sociali alle implicazioni medico-legali e giudiziarie, fino a dettagliati approfondimenti metodologici. 

Patologie frequenti e costose Ma è giunto il momento di focalizzarci sulle risultanze che maggiormente coinvolgono gli aspetti igienici, prendendo le mosse dal corretto inquadramento della questione. Come abbiamo avuto spesso modo di sottolineare, le ICA sono molto frequenti e molto costose, e rappresentano un problema sia clinico sia economico. Secondo quanto riportato dal Ministero si stima una frequenza di pazienti con un’infezione contratta durante la degenza in ospedale pari a 6,3 ogni 100, mentre nell’assistenza domiciliare ci si attesta su 1 paziente ogni 100, per un totale di 7 miliardi di euro di costi da sostenere per la loro gestione. Altra questione, che diremmo centrale, è quella della prevenzione: non tutte le ICA sono prevenibili, ma si stima attualmente che possa esserlo una quota superiore al 50%, anche attraverso corrette prassi di igiene.

Il rischio delle infezioni ospedaliere Lo studio riprende i dati e le fonti ministeriali, ribadendo che le infezioni correlate all’assistenza rappresentano una delle complicanze più comuni nelle strutture sanitarie, con un rischio stimato tra il 5% e il 15% di contrarre un’infezione durante la degenza ospedaliera.  Secondo uno studio dell’ECDC – European Centre for Disease Prevention and Control, il 5,7% dei pazienti sviluppa un’ICA -vale a dire 4,1 milioni di casi all’anno in Europa-, per un totale di circa 37mila decessi diretti e ulteriori 110mila indiretti. Un vero e proprio “bollettino di guerra”, e l’impatto economico è altrettanto significativo: ogni caso di sepsi può prolungare la degenza di 15 giorni e incrementare i costi di assistenza tra 5mila e 50mila euro. Di conseguenza, ridurre le ICA attraverso misure preventive non solo migliorerebbe la sicurezza dei pazienti, ma consentirebbe anche un risparmio notevole per il sistema sanitario.

Il ruolo della sanificazione degli ambienti ospedalieri Cruciale è il ruolo dell’igiene (e di chi è chiamato ad assicurarla) nella riduzione delle infezioni. Le linee guida nazionali e internazionali raccomandano protocolli di pulizia differenziati in base alle aree di rischio presenti all’interno degli ospedali, tra cui: altissimo rischio, come le sale operatorie, che richiedono procedure rigorose di sanificazione, gestite da personale altamente qualificato e specificamente formato; alto rischio, che includono reparti critici e di isolamento, dove la contaminazione deve essere attentamente controllata; medio rischio, che comprendono spazi meno esposti a pazienti vulnerabili.  Definire protocolli mirati in base a queste classificazioni è essenziale per mantenere elevati standard igienici in chiave preventiva. Ogni ambiente, infatti, ha uno standard igienico ottimale che è in funzione della destinazione d’uso e dei flussi di persone presenti.

Pulizia in ospedale, continuano i “tagli” … Lo studio mette inoltre in relazione il tipo di struttura ospedaliera e i costi a bilancio destinati alle attività di igiene e pulizia: è emerso che maggiore è la spesa a bilancio per pulizia, minore è il rischio di infezioni. Va detto purtroppo che, a parità di dimensioni ospedaliere, la spesa in pulizie e igiene è diminuita nel tempo in modo significativo: un risultato poco rassicurante, che evidenzia ulteriormente una scarsa aderenza delle voci di bilancio con il rischio espresso dalle caratteristiche ospedaliere, ma anche un progressivo disinvestimento in questo ambito.

… con conseguenti costi sociali Insomma, come si diceva già 10 anni fa i bilanci ospedalieri continuano a ridurre gli investimenti per le spese di igiene e pulizie, nonostante sia evidente che vi sia una relazione inversa tra l’incidenza di ICA e questo tipo di spesa. È chiaro però come non sia sufficiente analizzare solo gli aspetti più strettamente economici, ma si renda necessario porre attenzione alle implicazioni sociali.  Esistono, infatti, costi di tipo sociale che hanno a che fare sia con le conseguenze di salute per i cittadini, sia con l’impatto sul sistema sanitario. E non si parla solo di decessi: giova ricordare come le giornate aggiuntive di degenza dovute alle ICA costituiscano un mero costo  per gli ospedali e, quindi, una spesa evitabile per il sistema sanitario. Non solo: un eccesso di giornate di degenza comporta un minor turnover dei posti letto, un’occupazione degli stessi che non consente un incremento di efficienza del sistema, di fatto creando “tappi” difficili da smaltire.

Chi più spende in igiene… In questo senso lo studio dimostra le attese: laddove il livello di spesa è maggiore, si osserva una riduzione della mortalità; allo stesso modo, la stima sull’eccesso di degenza ospedaliera per ICA conferma come queste ultime comportino un aumento prevenibile della degenza ospedaliera laddove minore è l’investimento in igiene e pulizia. D’altro canto, invece le aziende ospedaliere che investono di più in igiene e pulizie mostrano una riduzione dell’incidenza di mortalità e delle giornate di degenza in eccesso, dimostrando che tali spese migliorano efficacia ed efficienza ospedaliere.

Meriterebbe l’attenzione della politica, degli addetti ai lavori e non solo Si tratta di dati che fanno riflettere, e il nostro auspicio è che questo studio -di cui non abbiamo “svelato” se non alcune delle conclusioni generali- trovi l’accoglienza e la risonanza che merita, tra gli addetti ai lavori ma anche, data l’importanza dell’argomento, risvegli l’attenzione della politica, ed informi l’opinione pubblica più attenta. Le dinamiche demografiche e anagrafiche del nostro Paese le conosciamo bene: stiamo assistendo ad un progressivo invecchiamento della popolazione, a un costante incremento dell’età media (con conseguente maggiore vulnerabilità) e ad una crescente ospedalizzazione di fasce di popolazione sempre più ampie, e abbiamo ottime ragioni per ritenere che ricerche come questa possano davvero cambiare il nostro modo di prepararci a un futuro sempre più prossimo. A partire dal nostro approccio all’igiene.

La ricerca è scaricabile dal sito dell’ONBSI al link:

https://www.onbsi.it/wp-content/uploads/2023/10/ONBSI-Ricerca-ICA-2023-aggiornata.pdf

 

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