Ecco che cosa potrà cambiare per i buyer pubblici, per le imprese e per la sanità pubblica.
di Massimiliano Brugnoletti, Studio Legale Brugnoletti & Associati
La bozza del nuovo Codice esordisce (Libro I, Parte I, Titolo I) con “I principi generali”, 12 articoli attraverso i quali dovranno essere “lette” tutte le disposizioni specifiche del codice: una novità assoluta rispetto al codice del 2016 e, in verità, a tutte le norme sugli appalti pubblici che si sono susseguite negli ultimi 30 anni.
La novità è rilevante non solo sotto il profilo della tecnica legislativa (c’è molta assonanza con i “considerando” delle direttive europee, anch’essi utilissimi nell’interpretazione delle regole), ma per la plastica evidenza della “rivoluzione copernicana” impressa sulle dinamiche degli acquisti pubblici dal nuovo codice rispetto al d.lgs. 50/2016: quest’ultimo caratterizzato da norme dettagliate e puntuali, volte a ridurre la discrezionalità amministrativa poiché varato nell’evidente intento di soddisfare principalmente esigenze di prevenzione della corruzione (ne è testimonianza il ruolo dell’ANAC, solo due prima divenuta Agenzia a tutela dell’“Anticorruzione” (nomen omen).
La bozza redatta dal Consiglio di Stato, nell’egida delle finalità dettate dalla legge delega (legge 78/2022), cambia alveo di riferimento: facendosi interprete delle esigenze dell’attuale momento storico, in cui il settore dei contratti pubblici dovrà svolgere da volano per il rilancio dell’economia nazionale, sfruttando al meglio le ingenti risorse messe a disposizione dall’Unione Europea per porre rimedio agli sconvolgimenti economici indotti dalla crisi pandemica e dal conflitto militare in atto.
Alla restituzione di discrezionalità, di libertà di iniziativa e di auto-responsabilità alla pubblica amministrazione consegue un ruolo centrale dei principi generali dettati nella prima parte del codice, volti a guidare stazioni appaltanti ed imprese nella corretta interpretazione delle norme e nella individuazione della “regola del caso concreto”.
In questa cornice, è assolutamente significativo il primo principio, il pilastro fondamentale della riforma, il “principio del risultato” dettato dall’art. 1, definito come “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” (comma 4) ed a cui sono funzionali (e subordinati) tutti gli altri principi, fin qui intesi come assoluti: è la vittoria del fine rispetto al mezzo, della sostanza sulla forma.