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ICA, notizie dal fronte: la tecnologia avanza…

Sicurezza nelle aree sanitarie più a rischio: per l’Inail sono determinanti le tecnologie per la prevenzione. In un sintetico documento da poco pubblicato, il Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza (Dit) mette l’accento sull’impiego di tecnologie avanzate di pulizia, disinfezione e monitoraggio nell’ottica del contrasto alle “ICA”.

Dopo gli studi, le evidenze scientifiche, le statistiche e gli innumerevoli riscontri sul campo, ora interviene anche l’Inail sul tema della prevenzione delle ICA correlata all’impiego di tecnologie di pulizia e igienizzazione evolute. 

Il documento Inail Un sintetico documento recentemente pubblicato dall’Istituto assicurativo contro gli infortuni sul lavoro -che, lo ricordiamo, oltre alla più nota funzione previdenziale svolge anche un’intensa attività di ricerca e studio sulle tematiche correlate alla sicurezza in ambiente lavorativo- mette in evidenza le soluzioni necessarie per la sicurezza nelle aree maggiormente a rischio delle strutture sanitarie: tra queste risultano determinanti le tecnologie per la prevenzione. Il documento, curato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit), in collaborazione con il Dipartimento di medicina, epidemiologia e igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail con il contributo di esperti di Università e aziende ospedaliere, rappresenta un focus tecnico-normativo di grande rilievo nell’ambito del contrasto alle ICA.

Un problema ambientale molto grave Ormai lo abbiamo detto e scritto molte volte, ma è sempre il caso di rinfrescarsi la memoria perché la questione è della massima gravità: le infezioni correlate all’assistenza sanitaria che continuano a rappresentare una complicanza frequente e grave dell’assistenza sanitaria, sono infatti una questione di rilievo primario in ambito internazionale. Ormai da diversi anni questo genere di “infezioni ambientali” costituisce un problema sempre più emergente, e il nostro Paese non fa eccezione. A tale proposito l’Inail, nel documento, ripercorre alcuni degli studi più recenti in materia: come una ricerca del 2019, sfociata poi in un autorevole articolo su Lancet, in cui gli esperti dello European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) avevano evidenziato come l’Italia fosse il Paese della UE con il più alto numero di decessi da infezione contratte in ambito nosocomiale ovvero 10mila/anno. Un primato che certo non ci rende onore.

Un’insidia in tutti i contesti sanitari, con costi astronomici Al riguardo, peraltro, lo stesso Ministero della Salute ha sottolineato nel 2022 che “le Infezioni Correlate all’Assistenza costituiscono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni ambito assistenziale, inclusi gli ospedali per acuti, il day-hospital/day-surgery, le strutture di lungodegenza, gli ambulatori, l’assistenza domiciliare, le strutture residenziali territoriali”. Nel merito delle conseguenze che ne derivano, il Ministero aggiunge che in Europa le ICA provocano ogni anno: 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza, 37mila decessi direttamente attribuibili, 110mila per i quali l’infezione rappresenta una concausa. I costi vengono stimati in approssimativamente 7 miliardi di euro, includendo solo quelli diretti.

Dai DPI alle tecnologie di igienizzazione È proprio qui che si innestano le indicazioni provenienti dallo studio Inail, soprattutto in merito alla fase della “prevenzione”. Il documento, fra l’altro, sottolinea l’importanza dell’adozione da parte degli operatori di dispositivi di protezione individuale (DPI) e l’impiego, da parte di chi svolge il servizio di pulizia, di metodi di disinfezione innovativi per ridurre questi rischi. Le infezioni, infatti, si trasmettono principalmente attraverso contatto diretto, aria, superfici o oggetti contaminati: in quest’ottica, l’adozione di tecnologie evolute è fondamentale per combattere le infezioni nelle aree critiche sanitarie, come le terapie intensive, le sale operatorie e i pronto soccorso.

Disinfezione ambientale, una fase decisiva La disinfezione ambientale è una fase decisiva esaminata dal documento. Per evitare la diffusione delle infezioni, le strutture sanitarie devono adottare tecniche come l’uso di aerosolizzazione automatizzata per le superfici, monitorando costantemente l’efficacia del trattamento tramite sistemi informatici. La decontaminazione degli impianti idrici è altrettanto importante: dispositivi di filtrazione devono essere installati per proteggere il personale e i pazienti più vulnerabili e garantire la qualità dell’acqua nelle aree critiche. Anche la fase del controllo è cruciale: le attività di pulizia e disinfezione, conclude l’elaborato Inail, devono essere rigorosamente controllate e verificate anche con strumenti informatici avanzati che ne monitorano l’esecuzione e la qualità, a prioritaria salvaguardia della sicurezza degli operatori, dei degenti e degli utenti presenti nelle strutture sanitarie.

I fondamenti normativi La normativa sulla sicurezza, del resto, traccia una strada ben chiara: il noto d.lgs. 81/2008 all’art. 15, comma 1, lett. i) prevede che il datore di lavoro, nella definizione delle misure generali di tutela, deve dare “la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale”.

Gli operatori chiamati a fare la loro parte Secondo il Dit, infatti, anche gli operatori sanitari possono contribuire alla riduzione del problema impiegando, in questi ambienti, dpi quali ad esempio divise con appropriate caratteristiche tecnico-funzionali che al contempo offrono una protezione efficace contro gli agenti infettivi e una mobilità adeguata a svolgere le attività assistenziali. Anche l’impiego di semimaschere filtranti per la protezione delle vie respiratorie, conformi alle normative europee, costituisce una barriera per l’esposizione a microrganismi pericolosi. È naturalmente essenziale che tutti i dispositivi rispondano a requisiti tecnici specifici come previsto dalla normativa vigente. Attenzioni ribadite anche in relazione alla presenza di agenti biologici nocivi all’art. 272, comma 2 in cui, al punto d) è previsto che il datore di lavoro “adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione”.

Basilare la tracciabilità Se ci concentriamo sui requisiti dell’attività di disinfezione, il riferimento esplicito va al documento Inail “La disinfezione ambientale e di superfici diversificate come misura di sicurezza nelle strutture sanitarie ed in quelle ad esse assimilabili”, pubblicato tre anni fa. Con una precauzione importante: per quanto concerne la disinfezione ambientale delle superfici per aerosolizzazione è basilare la tracciabilità, nonché il monitoraggio in continuo ed in tempo reale mediante sistemi di comunicazione innovativi che consentano l’elaborazione dei dati raccolti. Tali sistemi devono riportare lo stato di fatto di ogni singola operazione, il suo esito -sia esso positivo o negativo- ed essere in grado di mettere a disposizione alert o reminders, quando necessario, per offrire in continuo una panoramica specifica dell’uso continuativo dei sistemi di aerosolizzazione impiegati con opportune comunicazioni dinamiche al bisogno. In questo senso le nuove tecnologie digitali di gestione dei big data possono fornire un apporto decisivo.

I vantaggi delle nuove tecnologie Nel caso delle aree critiche, tali attività diventano ancora più rilevanti proprio in relazione agli adempimenti previsti dal citato decreto 81. Un’attenzione ancor più particolare, in questi contesti, meritano il continuo monitoraggio delle attività e il controllo di qualità in contraddittorio tra le parti (risultato e processo), nonché l’intera attività di verifica di conformità e corretta esecuzione dei servizi di pulizia e disinfezione. Tale verifica si dovrebbe eseguire mediante strumenti informatici residenti su sistemi di Cloud nazionale, realizzati e di proprietà di Enti diversi rispetto alle parti.

I criteri Ecolabel Chiude il documento un’importante precisazione sul tema della sostenibilità: “Attualmente -si legge- merita evidenza il fatto che sia possibile impiegare, per un’attività microbicida sulle superfici ambientali di varia tipologia, sistemi di acqua ozonizzata stabilizzata generata in situ”. Al riguardo, tuttavia, per un’opportuna scelta di tale metodologia è necessario verificare i requisiti di norma in relazione all’efficacia e alla sicurezza del sistema. In tal modo si ottiene anche un’importante riduzione dell’impatto ambientale e si può affermare che tale impiego di acqua ozonizzata risponda ai criteri richiesti dal marchio Ecolabel.

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