EFCI a ISSA Pulire presenta i risultati di uno studio europeo sull’avanzamento del livello delle competenze tecnico-digitali, per dare un messaggio alla politica sull’importanza della formazione. In questa intervista Matteo Matarazzo, nuovo direttore generale, ci racconta come è stato l’approccio a questo comparto e quali saranno le sfide future.
Matteo Matarazzo approda al mondo del cleaning e del facility dopo una luna esperienza di manager e di relazioni industriali in diverse realtà, tra cui la CEC, organizzazione che rappresenta un milione di manager europei. Conoscitore esperto dei meccanismi decisionali e con professionalità specifica nei public affairs, ha l’obiettivo di portare il settore ad avere l’attenzione istituzionale che merita.
Sono trascorsi i primi sei mesi da Direttore Generale. Che realtà ha trovato e qual è il valore aggiunto che deve portare a livello di sistema una Federazione Internazionale di Associazioni del cleaning e del facility?
Credo che il comparto abbia un enorme potenziale e un grande valore, soprattutto se si sottolinea il fulcro della questione, ovvero che stiamo parlando di servizi essenziali per la qualità della vita e la tutela della salute. Purtroppo, questo aspetto è ancora molto poco percepito da parte del ‘cittadino medio’ e a volte anche dagli stessi operatori, fino ad arrivare alle istituzioni, che hanno acceso i riflettori sul cleaning solo nella pandemia. Il ruolo di EFCI è quello di tenere alta l’attenzione su questo tema e il compito di chi la gestisce è quello di far valere questo enorme capitale e trasformarlo in visibilità istituzionale, che possa poi tradursi in una reale attenzione anche alle specificità del mercato, alle sue regole e alle sue necessità.
Quale mission è stato chiamato a svolgere?
Nel contesto appena descritto il dialogo sociale è la modalità più efficace a livello europeo per rappresentare il settore. Essere consiglieri dei decisori politici è il presupposto per supportare l’intero comparto nei diversi Paesi. Nessuna organizzazione di categoria può di fatto prescindere da Brussels, che emette le direttive che devono poi essere correttamente ed efficacemente attuate nei vari Paesi membri. In EFCI c’è molto dibattito e molta attenzione a questo aspetto. Con il cambiamento della guida politica dell’Associazione, che ha portato alla Presidenza di Lorenzo Mattioli, c’è stato anche un rinnovamento di tutta la struttura e dello staff. Il mandato ricevuto si può riassumere nel rilanciare l’intera organizzazione rafforzandone la rappresentanza sia con gli interlocutori politici che con i partner tecnici, con l’obiettivo di capitalizzare ed aumentare il riconoscimento politico e l’interesse ricevuto durante il Covid. La politica deve rendersi conto sempre di più dell’essenzialità di questi servizi e far sì che alcuni standard raggiunti durante il Covid vengano mantenuti, in termini di qualità e anche di riconoscimento economico.
Quali azioni intende portare EFCI a fianco delle imprese perché si abbia finalmente la percezione di un’economia dei servizi, che è anche labour intensive, a livello internazionale?
La questione del Public Procurement non impatta su tutti i Paesi allo stesso modo, così come le modalità di intervento statali sono differenti. In alcuni Paesi, per esempio, ci sono clausole contrattuali per la revisione prezzi che si applicano all’aumentare del costo delle materie prime e non all’aumentare del costo del personale, mentre in Irlanda è l’esatto contrario. In Germania è ancora diverso. Bisogna mappare il sistema di attuazione delle direttive europee e capire se le differenze di applicazione sono effettivamente qualificate o meno. Non dobbiamo dimenticare che le direttive fissano degli elementi di fondo; penso per esempio al divieto di introduzione di clausole che, a loro volta, vietino la revisione dei costi quando le decisioni sono imposte dallo Stato, come nel caso di aumenti salariali contrattuali. Non tutto deve essere necessariamente uniformato, ma le difformità di applicazione vanno contestualizzate e verificate rispetto all’efficacia per il settore. In alcuni Stati l’implementazione viene fatta meglio che in altri; in alcuni, come per l’esempio fatto sopra, è possibile rivedere i prezzi e in altri no, anche in caso di aumenti salariali imposti per legge. Le direttive vanno quindi comunque riviste, facendo presente che è indispensabile l’attenzione alle modalità di implementazione. Su questo aspetto EFCI ha chiesto un incontro specifico alle direzioni generali di competenza.
Spesso gli addetti ai servizi, soprattutto di pulizia professionale, sono visti come coloro che non hanno trovato di meglio da fare nella vita, mentre in realtà si occupano della tutela della salute delle persone attraverso l’igiene. Come si muoverà la Federazione sotto la sua guida rispetto a questi temi?
La ‘luna di miele’ che ha portato gli operatori ad essere visti come degli eroi è finita con il finire della pandemia. Il pubblico ha già incominciato a rivedere le sue richieste in termini di servizi, mentre le sorprese più grandi si sono avute nel privato, per la sensazione che posso avere avuto in questi primi mesi di attività in EFCI. Intendo dire che nei clienti privati la percezione del servizio dopo il Covid è molto diversa. Per esempio, uno degli aspetti che ha influenzato maggiormente il ritorno in ufficio dopo lo smart working obbligato è stato proprio il livello di pulizia degli ambienti. Alcune realtà hanno incominciato a chiedere che gli addetti potessero svolgere il servizio nelle ore lavorative del personale, in modo tale che chi fa le pulizie fosse presente con tutti gli altri. Questo proprio per la consapevolezza che l’igiene vuol dire anche salute. Senza dimenticare il fattore del risparmio energetico consentito dalla concomitanza di orari. In alcuni casi il privato si è dichiarato disponibile a rivedere i prezzi, nel pubblico non è successo. Come EFCI ci muoveremo anche per far capire che questo è un settore ad alta professionalità, che contempla una elevata componente di digitalizzazione. Per questo durante la fiera ISSA Pulire presenteremo i risultati di uno studio europeo sull’avanzamento del livello delle competenze tecnico-digitali, per dare un messaggio alla politica su quanto sia importante formare questo tipo di competenze, che spesso sono inadeguate.
Quali sono invece le sfide che si è personalmente prefissato?
Il mio obiettivo è quello di visitare diversi cantieri delle Associazioni dei Paesi membri, per vedere con gli occhi e toccare con mano quali sono le diverse esigenze. Voglio essere consapevole degli effetti reali e pratici delle decisioni prese a livello europeo. La vicinanza ai territori passa anche e soprattutto attraverso le visite ai membri e per me essere consapevole della realtà operativa significa poi poter rappresentare al meglio le istanze sul piano istituzionale.
di Chiara Calati