HomeArticoliEcolabel per i servizi di pulizia, a che punto siamo?

Ecolabel per i servizi di pulizia, a che punto siamo?

Ecolabel per i servizi di Pulizia: il rapporto Ispra “I servizi di pulizia Ecolabel Ue in Italia: analisi, punti di forza e sinergie con i CAM” fa il punto sullo stato dell’arte con ben 175, ad oggi, le imprese certificate.

Sembra ieri, eppure sono già passati più di sei anni. Il riferimento è al 2 maggio 2018, una data importante, quasi “epocale”, per i servizi di pulizia sostenibili in tutta Europa.
Una data da ricordare 
Il perché è presto detto: da allora -per chi ha buona memoria ne parlammo diffusamente e a più riprese- è in vigore la Decisione 2018/680/UE,  che stabilisce i criteri per l’assegnazione del marchio ecologico Ecolabel UE ai servizi di pulizia di ambienti interni. Non più solo prodotti, dunque, ma il complesso dei servizi, valutati per il loro impatto ambientale. La decisione interviene per l’appunto sui principali impatti associati ai servizi di pulizia, garantendo inoltre l’impegno delle imprese nei confronti del benessere e della sicurezza dei dipendenti attraverso la riduzione dell’esposizione a sostanze tossiche.
Dal 2018 “etichettabile” il complesso del servizio
La novità introdotta nel 2018, dunque, consistette proprio nell’applicazione dei criteri all’intero servizio di pulizia. Ma come stanno le cose in Italia a sei anni di distanza? Quante sono le imprese ad oggi certificate? Quali i dati, e quali i rapporti coi CAM, Criteri ambientali minimi che caratterizzano le politiche di Green public procurement? La domanda è interessante, e merita risposte dettagliate. Sono precisamente quelle che troviamo nel documento Ispra “I servizi di pulizia Ecolabel Ue in Italia: analisi, punti di forza e sinergie con i CAM”, recentemente pubblicato nella collana Rapporti con il numero 396/2024.
I criteri 
I criteri per la concessione del marchio Ecolabel Ue, ampiamente trattati nell’indagine che li presenta nel dettaglio (ricordiamo che si tratta di 7 criteri obbligatori più 12 facoltativi), adottano un approccio olistico attraverso la limitazione dei prodotti di pulizia, degli accessori utilizzati e del consumo di acqua e di energia, la formazione del personale e la gestione dei rifiuti. I criteri danno inoltre priorità ai prodotti per la pulizia certificati con etichette ambientali ISO di tipo I, come appunto l’Ecolabel UE, ma anche Nordic Swan e Blue Engel. Possono richiedere la certificazione le imprese che erogano servizi professionali di pulizia, effettuati presso edifici commerciali, istituzionali e altre strutture accessibili al pubblico.
Ecolabel, una lunga storia di qualità e rispetto ambientale 
L’Ecolabel, del resto, ha una lunga storia. Giusto un paio di anni fa sono state festeggiate in grande stile le sue prime trenta candeline (per la cronaca, la prima licenza in Italia è stata rilasciata nel 1998 etichettando due prodotti in tessuto carta): il marchio, infatti, venne istituito già nel 1992 come etichetta ambientale di tipo I, ovvero una certificazione volontaria garantita da terza parte indipendente, ma fino alla “svolta” del 2018 nel nostro settore si parlava soltanto di singoli prodotti o, al limite, famiglie di prodotti caratterizzati da ridotto impatto ambientale e, al contempo, elevati standard prestazionali.
Le finalità del documento 
Con il recente studio, a cura di Giulia Maggiorelli e Domenico Zuccaro, del Servizio Certificazioni Ambientali-Sezione Ecolabel, l’Istituto superiore per la  protezione e la ricerca ambientale, nell’ambito del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente istituito nel 2016, ha voluto riassumere i criteri Ecolabel UE per il rilascio del marchio, nonché presentare le statistiche sulla certificazione in Italia, in UE e sull’applicazione dei criteri facoltativi, e infine le sinergie tra i requisiti richiesti dall’Ecolabel UE e quelli richiesti dai Criteri ambientali minimi.
Le sezioni dell’indagine 
Il rapporto, piuttosto articolato, si snoda in otto dettagliati capitoli, più bibliografia finale. Dopo una carrellata sull’introduzione e sulla ratio dei criteri, si passa alla parte per noi più interessante, vale a dire quella sui dati. Ebbene, se si considerano i numeri generali si può dire che ad aprile 2024 le licenze Ecolabel UE in vigore in Italia erano 481, per un totale di 14.741 prodotti/servizi, distribuiti in 17 gruppi di prodotti e 2 servizi.
Un generale trend positivo 
Questo dimostra un generale trend positivo di crescita nel tempo, sia del numero totale di licenze Ecolabel UE rilasciate, sia del numero di prodotti e servizi etichettati. Quando poi si passa ad analizzare il settore, scopriamo che ad oggi in Italia sono state certificate 175 aziende del settore che costituiscono l’85% di tutte le licenze per i servizi di pulizia rilasciate in UE. Dietro questo successo ci sono anche i CAM.
Crescita a doppia cifra 
Qui la crescita è vertiginosa: dal 2019, anno in cui è stato concesso il primo marchio per i servizi, si è passati da 13 a 175 aziende: nel 2020, nonostante il periodo Covid, erano già 44, per diventare rispettivamente 74 nel 2021 e 135 l’anno dopo. In sostanza in meno di 5 anni si è registrato un aumento di oltre dieci volte il numero iniziale. A questo trend ha contribuito l’entrata in vigore, nel 2021, dei Criteri ambientali minimi per l’affidamento dei servizi di pulizia di edifici ed altri ambienti ad uso civile (DM 29 gennaio 2021).
La distribuzione geografica 
Se poi si passa a considerare la distribuzione geografica, vediamo che nel Lazio è presente il maggior numero di servizi di pulizia Ecolabel Ue, ben maggiore di quello della Lombardia che, dal canto suo, risulta essere la regione con maggior numero di licenze Ecolabel in assoluto. Solo nel Lazio sono raccolti il 77% dei servizi di pulizia Ecolabel nel Centro Italia, da cui il peso di questa regione, appunto, nella distribuzione per aree geografiche. 
Più nel dettaglio…
Una situazione che merita un approfondimento: analizzando infatti i cantieri presso cui le aziende del Lazio e della Lombardia erogano il servizio di pulizie certificato, per cercare di comprendere il numero di licenze così elevato per queste due regioni rispetto al territorio nazionale, emerge come nel Lazio si riscontri un gran numero di edifici istituzionali, uffici pubblici e del settore dei trasporti, situati principalmente nell’area di Roma; in Lombardia invece le attività di pulizia si svolgono principalmente presso industrie, edifici commerciali e in parte anche edifici istituzionali e poli sanitari.
Il Lazio fa la “parte del leone”, come l’Italia in Europa 
Proseguendo nei raffronti territoriali, è possibile vedere come in alcune regioni i servizi di pulizia costituiscano la maggioranza delle certificazioni: nelle Marche (2 licenze su 2 sono per servizi di pulizia), in Calabria (4 su 5), nel Lazio (42 su 48), nel Friuli-Venezia Giulia (3 su 2). Considerati i numeri assoluti delle licenze, quelle laziali costituiscono l’87% di tutte quelle rilasciate nella regione. Per quanto riguarda il complesso dell’Unione europea, sono 204 le licenze rilasciate per i servizi di pulizia di ambienti interni: pertanto l’Italia vi contribuisce con l’86% del totale. 
L’approccio “longlife” 
Ma torniamo ai CAM che, come abbiamo visto, rappresentano un driver fondamentale per le certificazioni del servizio di pulizia. Si tratta, come gli addetti ai lavori sanno bene, dello strumento impiegato dal Ministero dell’Ambiente per definire i requisiti del processo di acquisto negli appalti pubblici, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita. Sono definiti nell’ambito di quanto stabilito dal Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione (il cosiddetto Pan Gpp).
Ormai un obbligo nelle gare pubbliche, e una sicurezza nel privato 
La loro efficacia in Italia è stata assicurata dalla legge 221/2015 (art. 18) e, successivamente, all’art. 34 recante “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale” del vecchio Codice dei contratti (50/16). Un dettato normativo confermato anche nell’ultimo Codice, con l’articolo 57 comma 2 del “36/23”, che prevede l’obbligo di applicazione, per l’intero valore dell’importo della gara, delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei Criteri Ambientali Minimi.
Istantanea di un Paese virtuoso 
Anche in questo il nostro Paese -senza false modestie- è molto virtuoso, in quanto unico in Europa che non solo ha sancito l’obbligo di applicazione dei criteri definiti nel Gpp, ma ne ha anche definiti di specifici a seconda dell’ambito di applicazione, legandoli al possesso di certificazioni ad hoc
L’importanza del marchio Ecolabel 
Ed è proprio qui che si chiude il cerchio, con l’entrata in scena del marchio Ecolabel, per i prodotti ma da qualche anno anche, come abbiamo visto, per l’intero servizio di pulizia nel suo complesso: si tratta infatti del marchio di qualità ecologica considerato tra gli standard europei per eccellenza caratterizzati da affidabilità, trasparenza e garanzia in termini di performance ambientali e miglioramento continuo.
Performance e miglioramento continuo 
Si legge infatti nel Regolamento (CE) n. 66/2010: “Al fine di garantire la coerenza globale dell’azione comunitaria, è opportuno richiedere che nell’elaborazione o nella revisione dei criteri per il marchio Ecolabel UE siano tenuti in considerazione i più recenti obiettivi strategici della Comunità in campo ambientale, quali i programmi d’azione per l’ambiente, le strategie per lo sviluppo sostenibile e i programmi sui cambiamenti climatici.” Un’accresciuta consapevolezza ambientale trasversale che emerge anche, appunto, dai dati statistici di diffusione del marchio Ecolabel in Italia e in tutto il Vecchio Continente.

 

 

ULTIMI ARTICOLI