Il Correttivo al terzo codice unico dei contratti pubblici, è stato approvato con D.Lgs. n.209 del 31 dicembre 2024 in vigore dal giorno successivo alla sua pubblicazione. In questo articolo si pone particolare attenzione agli aspetti di potenziale interesse per le imprese di servizi, seppur in modo necessariamente sintetico.
di Domenico Gentile, studio legale Malinconico e Gentile, Roma
Il testo non ha seguito lo stesso iter legislativo del codice originario, il cui schema era stato demandato dal precedente Governo Draghi a una Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, coordinata dal Presidente Luigi Carbone, per poi essere fatto proprio, senza stravolgimenti, dal successivo governo pur di diverso “colore” politico.
Viceversa, il decreto legislativo – che di seguito verrà esaminato per quanto di potenziale interesse delle imprese di servizi, ma necessariamente per sommi capi – è stato predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) guidato dal Ministro Salvini, mentre la sezione consultiva del Consiglio di Stato si è limitata a esprimere il parere di competenza, senza mancare di criticare tale diverso iter e avvertendo, anzi, che potrebbero derivarne conseguenze invalidanti dell’intero corpus legislativo. Un rischio che si sarebbe dovuto scongiurare, vista l’importanza della riforma come milestone del PNRR.
La penalizzazione del settore dei servizi: dalla “merlonizzazione” alla “segregazione razziale” di un comparto che dovrebbe garantire l’inclusione sociale e lavorativa Una seconda osservazione di carattere generale ha a che fare con un tema tanto antico quanto drammaticamente attuale: il “vizio” del legislatore interno di trasporre la normativa sugli appalti di opere pubbliche (da cui il termine “merlonizzazione”, dal nome del Ministro in carica ai tempi dell’approvazione della Legge n. 109/1994) a quelli di servizi e forniture. All’indomani dell’approvazione del codice “Carbone” molti osservatori avevano in particolare criticato la scelta del legislatore di estendere la disciplina sulla revisione prezzi dettata per gli appalti di lavori a servizi e forniture.
La soglia di rilevanza dell’incremento dei prezzi dei materiali da costruzione, originariamente stabilita al 10%, era già stata ridotta all’8% dalla legislazione dell’emergenza e poi ulteriormente al 5% con il codice del 2023. Che allo stesso tempo aveva però esteso tale limite di ammissibilità al comparto di servizi e forniture (art. 60, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 36/2023), nei quali i compensi revisionali erano concessi solo in caso di superamento della predetta soglia ma nei limiti dell’80% dell’incremento ISTAT dei prezzi al consumo e degli altri indici, tra i quali – era questa l’attesa novità dell’ultimo codice – quello della manodopera.
Nonostante le proteste delle associazioni di categoria, che hanno ben messo in luce che l’estensione della disciplina dei lavori al comparto di servizi e forniture avrebbe avuto conseguenze imprevedibili sulla capacità delle imprese di resistere alla crisi e di garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, il correttivo non solo non è tornato indietro sul tema, ma ha per di più ulteriormente ridotto la soglia di rilevanza per i lavori, portandola dal 5% al 3%, chiarendo al contempo che tale soglia costituisce non più una condizione di ammissibilità ma una vera e propria “franchigia”. Di tal ché, per servizi e forniture la revisione prezzi sarà ora concessa solo nel caso in cui l’inflazione superi la soglia del 5% ma limitatamente alla parte che superi tale percentuale, e sempre con decurtazione ulteriore del 20%. Per i lavori, le stesse percentuali sono invece diminuite al 3% e al 10%.
Un esempio sarà utile a spiegare al meglio l’impatto del correttivo Come noto, ai fini dell’elaborazione del costo della manodopera, da evidenziarsi separatamente negli atti di gara, la stazione appaltante prende a riferimento le tabelle pubblicate annualmente dal Ministero del Lavoro nei diversi settori merceologici (art. 41, commi 13 e 14). Ad oggi, per l’elaborazione del costo della manodopera negli appalti per servizi di pulizia et similia, le tabelle di riferimento sono quelle pubblicate a luglio 2024, che non contemplano l’incremento IPCA previsto dagli artt. 73 e 73-bis del CCNL rinnovato, dovuto dalle imprese dal prossimo mese di luglio 2025 e il cui impatto si aggira attorno all’8% del costo orario. L’ISTAT dovrà allora adeguare gli indici retributivi e, trattandosi di un incremento dell’indice specifico della manodopera che supera il 5%, la revisione sarà certamente dovuta ma in misura pari al 3% (i.e., la percentuale che supera la soglia del 5%, secondo la precisazione del correttivo) e con un ulteriore abbattimento del 20% (“nella misura dell’80% della variazione stessa”, recita il comma 2 dell’art. 60).
A fronte di un incremento del costo orario del lavoro che si aggirerà attorno a 1,58 euro/ora l’amministrazione potrà dunque riconoscere all’impresa una rivalutazione pari a 0,48/ora, facendosi così ricadere sull’impresa circa i 2/3 dell’incremento del costo del lavoro.Ora, se è pur vero che il settore labour intensive rappresenta una quota molto consistente della spesa per servizi e forniture, che supera di gran lunga quella per lavori, è altrettanto vero che le politiche di risparmio sono in questo caso miopi, perché mettono a rischio i prioritari obiettivi sociali e di aiuti alle imprese che il reinserimento della revisione obbligatoria volevano perseguire. È vero che la “coperta è corta”, ma l’obiettivo di garantire una crescita “intelligente, sostenibile e inclusiva” è sempre di più una priorità della UE e non può certo essere realizzato scaricando sulle imprese i costi sociali della crisi.
Le novità del correttivo sul CCNL applicabile, sul principio di equivalenza e sulla clausola sociale Tra le altre novità del correttivo che meritano attenzione, per il settore dei servizi, v’è di certo la messa a punto della disciplina sul trattamento economico e normativo garantito dal CCNL di settore agli addetti all’appalto, secondo le disposizioni introdotte dal codice del 2023. In sede di prima applicazione del codice è infatti emerso che la nuova disciplina sull’obbligatoria indicazione negli atti di gara del CCNL applicabile era carente in ordine in ordine a criteri e modalità di individuazione del contratto di settore tra più astrattamente applicabili.
Il correttivo ha pertanto introdotto un allegato (All. I.01) specificamente dedicato al tema, e un comma 2-bis dell’articolo 11 che riguarda gli appalti aventi ad oggetto una pluralità di prestazioni. Sotto il primo profilo, l’allegato I.01 prevede ora che quando l’amministrazione individua il CCNL applicabile deve fare riferimento al grado di connessione di esso rispetto all’oggetto delle prestazioni in appalto e a quello preso a riferimento dal Ministero del Lavoro nell’elaborazione delle tabelle di cui all’art. 41, comma 14 n.c., indicando negli atti di gara i relativi codici ATECO e CPV.
Nel secondo caso, l’art. 11, comma 2-bis prevede che qualora l’oggetto dell’appalto sia composito, dovranno essere indicati i diversi CCNL applicabili, ma solamente nel caso in cui le prestazioni secondarie superino il valore del 30%. Così chiarite le regole, l’allegato I.01 detta poi una serie di norme per l’applicazione del cd. “giudizio di equivalenza”, alle quali occorrerà quindi ora fare riferimento sia per la corretta impostazione della dichiarazione del concorrente che intenda applicare un CCNL diverso da quello prescelto dall’amministrazione, sia in sede di verifica di congruenza di tale dichiarazione. Controllo che – va ricordato – la stazione appaltante svolge nell’ambito del subprocedimento di verifica dell’anomalia.
Le difficoltà operative riscontrate in sede di prima applicazione del codice hanno riguardato soprattutto i parametri di tale giudizio; cosicché, l’allegato I.1 si occupa (anche) di individuare gli elementi da considerare nel raffronto dei minimi retributivi e dei diritti dei lavoratori tra i diversi CCNL applicabili, che dovranno essere sottoposti al giudizio di equivalenza.
Sul primo profilo, l’allegato chiarisce che occorrerà guardare alla retribuzione tabellare annua, all’indennità di contingenza, all’elemento distinto della retribuzione (EDR), a eventuali mensilità aggiuntive e a ulteriori indennità eventualmente previste. Con riguardo ai diritti diversi da quelli retributivi, rileverà invece il confronto della disciplina contenuta nei due CCNL sugli istituti del lavoro supplementare e straordinario, part-time, festività soppresse, periodo di prova, termine di preavviso e periodo di comporto, maternità e indennità per astensione obbligatoria e facoltativa, permessi retribuiti, obblighi di denunzia agli enti previdenziali e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Infine, l’allegato chiarisce che l’equivalenza è da ritenersi comunque sussistente, sul piano economico, quando le componenti fisse della retribuzione globale annua risultino almeno pari a quelle del CCNL indicato negli atti di gara.
Altre novità del correttivo, con rilevanza pratica nel settore dei servizi Altre importanti novità riguardano l’innovativa previsione – volta a migliorare il perseguimento dell’obiettivo eurounitario della massima apertura del mercato alle micro, piccole e medie imprese – che consente alle stazioni appaltanti di riservare alle MPMI la partecipazione agli appalti e alle concessioni di valore inferiore alla soglia europea (art. 61, comma 2 bis, codice). Inoltre, è ora previsto che l’aggiudicatario sia tenuto a subappaltare una quota pari al 20% delle prestazioni (art. 119, comma 2 bis, codice).
Sempre per favorire le MPMI, è stato anche previsto che l’accordo di collaborazione disciplinato dall’art. 82-bis del codice possa includere tra gli obiettivi dei meccanismi di premialità “la promozione della partecipazione ai subappalti o sub-contratti delle piccole e medie imprese con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento per le prestazioni di cui all’articolo 108, comma 7, terzo periodo”, spingendo così le grandi imprese – che hanno più facilità a partecipare alle grandi gare centralizzate – a prevede subappalti per la fase esecutiva in favore delle MPMI.
Oggetto di un più penetrante intervento riformatore è stata la “finanza di progetto”, laddove il nuovo testo dell’art. 193, in risposta all’ordinanza del Consiglio di Stato che ha rimesso alla CGUE la questione della scarsa trasparenza delle procedure di project financing in fase introduttiva, impone ora che la concedente operi, a monte, una valutazione comparativa della proposta presentata con altre che dovessero pervenire a seguito della pubblicazione di una manifestazione d’interesse, che la medesima concedente è chiamata a pubblicare una volta ricevuta la proposta.
Sul piano della tutela alternativa a quella giurisdizionale, è poi da salutare con favore il venir meno dell’obbligo di costituzione del collegio consultivo tecnico negli appalti di servizi e forniture, anche sopra-soglia, trattandosi ancora una volta di uno strumento nato per i lavori, laddove ai fini della speditezza dell’esecuzione di servizi e forniture non occorre affatto risolvere “dispute tecniche” che si manifestano nell’esecuzione di opere pubbliche.