HomesanitàLa sicurezza nella progettazione degli impianti idrici: conoscenza e prevenzione

La sicurezza nella progettazione degli impianti idrici: conoscenza e prevenzione

I nuovi risultati hanno confermato i precedenti; in particolare è emerso che, dal punto di vista della proliferazione, la scelta del materiale non conta quando la temperatura è inferiore a 25°C o superiore a 60°C, dal momento che Legionella presente nell’impianto è sottoposta al controllo termico. Quando, invece, si è nell’intervallo delimitato da queste due temperature, il rame è risultato essere il materiale migliore.

Il rame presenta anche altre caratteristiche che lo rendono preferibile agli altri materiali:

  • elevato punto di fusione (1083°C) che lo rende compatibile con i trattamenti termici,
  • buona resistenza alla corrosione del cloro e del biossido di cloro (contrariamente ai materiali plastici nei confronti dei quali esercita effetti distruttivi sugli stabilizzanti poiché agisce sulle catene del polimero).

Le caratteristiche batteriostatiche del rame sono state confermate dal fatto che la US Environmetal Protection Agency (EPA, l’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti) ha approvato la registrazione del rame come agente antimicrobico, cioè capace di ridurre specifici batteri dannosi connessi ad infezioni microbiche potenzialmente letali.

La scelta del tipo di materiale con cui costruire gli impianti idrici e il tipo di metodo di sanificazione da utilizzare per il contenimento batterico, non sono gli unici punti da considerare quando si realizza una rete idrica. E’ necessario attuare una serie di “accorgimenti” che aiutano a ridurre la proliferazione batterica e facilitano le operazioni di manutenzione e bonifica qualora sia necessario intervenire. In particolare:

  • i tubi devono essere dimensionati in modo che lo scorrimento dell’acqua avvenga con velocità adeguate essendo noto che fenomeni di stagnazione favoriscono la crescita dei batteri;
  • i tubi devono essere correttamente isolati dal punto di vista termico, in particolare bisogna evitare che la temperatura dell’acqua fredda, soprattutto nel periodo estivo, superi i 25°C; per lo stesso motivo, è importante evitare che i tubi del riscaldamento e quelli dell’acqua potabile siano vicini oppure è necessario che essi siano opportunamente coibentati come raccomanda anche la norma europea EN 806-2 “Specifiche relative agli impianti all’interno di edifici per il convogliamento di acque destinate al consumo umano – Parte 2: Progettazione”.
  • E’ necessario un corretto bilanciamento delle reti di ricircolo, soprattutto qualora si preveda di applicare il metodo della disinfezione termica notturna, per evitare che vi siano derivazioni di piano non coinvolte nel ricircolo dell’acqua calda e, pertanto, non coinvolte neppure nel processo di disinfezione: in pratica trattasi di bracci morti in cui la Legionella può sopravvivere, in particolare se le derivazioni sono molto lunghe e con diametri superiori ai 20mm (in Francia, le derivazioni non devono avere capienza superiore ai 3L e, nel regno Unito, la loro lunghezza massima deve essere inferiore a 2m).

In genere, i circuiti di ricircolo si dimensionano con salti termici di 2°C fra la temperatura di partenza dell’acqua dalla Centrale Idrica e quella di erogazione in corrispondenza del punto più lontano; corrisponde, indicativamente, ad un salto termico di 4°C tra la temperatura di andata (60°C) dell’acqua e quella di ritorno (56°C) in Centrale. In pratica, i salti termici lungo le reti possono essere molto più elevati di quelli considerati in teoria e tali da assumere valori che lasciano ampie zone della rete al di sotto dei 50°C non solo a causa di un non corretto isolamento delle tubazioni, ma anche perché il non corretto bilanciamento delle reti di ricircolo può, invece, far passare troppa acqua nelle prime colonne e impoverire le ultime, che pertanto si raffreddano molto più facilmente. A dimostrazione di quanto appena esposto, si riportano, nella figura sottostante (figura n.1), i valori di temperatura che sono stati rilevati, in una indagine professionale condotta da tecnici del ramo [Studio S.T.C.], negli impianti di una Casa di Cura durante una disinfezione notturna. La rete distributiva era costituita da 10 colonne che portavano acqua a 96 servizi disposti su 4 piani. Il rilievo è stato effettuato con acqua in partenza a 60°C e con temperatura esterna di –2°C. In sono evidenziati i tratti di rete in cui l’acqua non raggiungeva i 50°C (naturalmente, di giorno, i salti termici erano molto più piccoli, in quanto, le dispersioni della rete erano compensate non solo dal ricircolo, ma anche dall’acqua erogata ai rubinetti).

Figura n.1: rete distribuzione acqua in edificio complesso

  • La rete idrica deve essere progettata in modo da consentire interventi localizzati in corrispondenza dei punti terminali della stessa (derivazioni+rubinetto/doccia), mediante la creazione di by-pass che permettano, con l’ausilio di piccole pompe esterne, la circolazione di liquidi disinfettanti in porzioni limitate di impianto. Tali interventi sono molto utili nel caso in cui la proliferazione di Legionella sia superiore ai limiti consigliati dalle Linee Guida ma non estesa all’intera rete e consente di ottenere risultati immediati contrariamente al caso in cui sia necessario intervenire “manualmente” mediante decalcificazione e pulizia dei rompigetto dei rubinetti e dei soffioni delle docce.
  • E’ opportuno utilizzare aeratori a cascata con canaline di scorrimento dell’acqua al posto dei tradizionali rompigetto con retina al fine di ridurre la formazione di colonie batteriche. L’aeratore a cascata è costituito da un meccanismo di aerazione meccanica dell’acqua privo di ostacoli apparenti alla circolazione dell’acqua stessa: esso si presenta come un insieme di tanti tubicini paralleli attraverso cui scorre l’acqua con movimento lineare (perciò senza filtri contrapposti). La fuoriuscita dell’acqua avviene per caduta naturale e l’ossigenazione non è forzata, ma naturale, come avviene con le cascate. L’utilizzo di tali aeratori, inoltre, comporta un minor  consumo di acqua (pari ad almeno il 50%, tutt’altro che trascurabile in un periodo di costi crescenti del m3 d’acqua e di scarsa disponibilità della stessa) e necessita di una minore attività manutentiva.

E’ consigliabile anche non prevedere filtri interni alla condotta idrica e/o al rubinetto/doccia perché siti di possibile proliferazione batterica e di difficile raggiungimento per la pulizia.

  • I serbatoi di accumulo ACS devono essere:
    • resistenti ad elevate temperature e tali da garantire una temperatura il più possibile uniforme al loro interno;
    • dotati di scarico di fondo;
    • ispezionabili e, soprattutto, pulibili (non è sempre possibile provvedere alla loro pulizia a causa delle caratteristiche del sistema impianto+serbatoio non essendo stati previsti punti di iniezione per liquidi decalcificanti/disinfettanti e mancando sia la possibilità di isolare temporaneamente il sistema sia l’ausilio di mezzi sostitutivi durante la fase di pulizia).
    • La temperatura di distribuzione dell’acqua calda sanitaria che si realizza a valle del bollitore, si deve ottenere non per miscelazione con acqua fredda proveniente dall’acquedotto, come sovente avviene, e quindi con acqua non trattata e potenzialmente contenente Legionella, ma in modo che l’abbassamento di temperatura avvenga senza contatto tra l’acqua calda proveniente dall’accumulo e quella fredda proveniente dall’acquedotto, per es. con uno scambiatore di calore posto a monte del serbatoio la cui funzione sarà anche quella di pre-riscaldare l’acqua in ingresso al serbatoio con un notevole risparmio energetico.

Infine, un cenno merita anche la progettazione/manutenzione delle torri evaporative essendo numerosi i casi di focolai epidemici riconducibili ad esse. Se ne riportano alcuni a titolo di esempio:

  • 2007, Costa del Sol (Spagna), 18 casi di legionellosi (2 morti) associati a torri evaporative: tutti gli infettati vivevano o passavano regolarmente vicino alla sorgente dell’infezione [Daily Mail, UK],
  • 1995, Pennsylvania (USA), ospedale cittadino, 22 casi, le persone ammalatesi hanno riferito di essere transitate, nelle due settimane precedenti l’infezione, entro un raggio di 300m dalla torre sorgente di contaminazione [Fiore A.E. et altri, Clin. Infect. Dis., 1998],
  • 1993, Olanda, ospedale cittadino, 21 casi di legionellosi ricondotti alle torri evaporative dell’ospedale stesso [MMWR Morb Mortal Wkly Rep, 1994].

Le torri evaporative, in particolare, pertanto:

  • devono essere localizzate in zone isolate per evitare che i vapori raggiungano prese d’aria esterne, finestre e zone pubbliche. La diffusione di Legionella avviene per mezzo di microscopiche gocce di acqua (5µm) che, trascinate dall’aria e non fermate dall’apposito separatore di gocce, possono veicolare il batterio all’esterno della torre sino a chilometri di distanza;
  • devono essere schermate dal sole al fine di evitare la proliferazione batterica (l’acqua trattata dalla torre esce a temperature comprese tra 29°C e 35°C, molto vicine all’intervallo di temperature ideale di proliferazione);
  • bisogna evitare l’utilizzo di materiali porosi per la realizzazione del bacino di raccolta dell’acqua fredda al fine di ridurre la possibilità di incrostazioni;
  • tutti i vari componenti della torre devono essere, nei limiti del possibile, facilmente raggiungibili per realizzare una loro pulizia maggiormente efficace;
  • è necessario prevedere punti di spurgo e sifoni che evitino il ristagno di acqua durante le fasi di pulizia.

A livello manutentivo:

  • deve essere previsto un buon trattamento dell’acqua sia anti-alghe che anti-batterico (è opportuno variare periodicamente il tipo di disinfettante utilizzato) e un corretto piano di campionamento dell’acqua (si ricorda che la carica batterica massima ammissibile è pari a 107 UFC/L);
  • bisogna provvedere periodicamente (almeno semestralmente se l’impianto è in funzione tutto l’anno) alla pulizia di tutti i componenti (bacino di raccolta dell’acqua fredda, ugelli spruzzatori, separatori di gocce, batterie di scambio termico) della torre.

In conclusione, appare evidente come non esiste una unica metodica di bonifica o una serie unica di azioni manutentive che, se applicate, garantiscono la non proliferazione di Legionella.

La scelta dell’applicazione di un metodo di bonifica piuttosto che di un altro, e l’indicazione di un programma di manutenzione prescelto, lasciati alla discrezione individuale senza  tener conto delle caratteristiche della singola struttura e degli specifici impianti, non offrono la garanzia richiesta dalla legge.

Risulta pertanto evidente come, prima della scelta di un qualche metodo di sanificazione, sia indispensabile valutare le aree ed i punti a rischio Legionella, effettuare l’analisi accurata della specifica struttura, dei suoi impianti, dei materiali costituenti il singolo impianto, riportare su disegni tutti gli impianti ed i punti a rischio, e solo dopo indicare un  preciso piano di interventi ed un puntuale programma di manutenzione.

L’esperienza sinora vissuta sul campo, in una pluralità di analisi su strutture diverse ed in zone differenti, porta ad affermare come sia necessario, per ogni edificio da sottoporre a qualsivoglia azione (bonifica e/o attività manutentiva) anti-Legionella, redigere il relativo piano del rischio, previsto del resto anche dal D.Lgs. 81/2008, piano che, a tutti gli effetti, rientra come parte integrante ed integrata nel piano del rischio generale della singola struttura.

Dotarsi di tale piano, e rispettarne le indicazioni, mette la Direzione della struttura ed il Responsabile della Sicurezza in condizioni di tranquillità, avendo ottemperato a quanto prevede la normativa vigente.

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