(Tratto da “GSA Regionale PMI,2/2010)
Il 54% delle imprese socie di CNA Reggio Emilia che lavorano con la Pubblica Amministrazione viene pagato da 90 a 250 giorni: troppi per le piccole imprese che si trovano così a dover far fronte a crisi di liquidità importanti. Nelle transizioni commerciali tra privati, i tempi si abbassano (solo il 29% denuncia tempi analoghi a quelli della Pubblica Amministrazione) ma crescono i tempi di pagamento anche tra i privati. Sono i principali dati usciti da un sondaggio condotto da CNA Reggio Emilia tra i suoi associati. Un’indagine a cui hanno partecipato quasi 900 piccole imprese che hanno denunciato le difficoltà di accesso al credito, acuite da una congiuntura negativa che fatica a migliorare. Due gli indicatori che mettono bene in evidenza le difficoltà del rapporto tra le piccole imprese e il sistema bancario: l’88,40% degli intervistati dicono che l’atteggiamento delle banche è diventato più rigido negli ultimi due anni; secondo il 77,39% vengono richieste più garanzie e l’82% dice che al contempo sono aumentate le commissioni bancarie. Proprio i tassi sugli scoperti e il costo delle commissioni risultano essere le problematiche più difficili da risolvere. A fronte di una situazione certamente non idilliaca, ben il 54% delle imprese CNA sarebbe disposto ad investire per lo sviluppo della propria azienda a fronte di maggiori disponibilità di crediti. Insomma, la voglia di fare impresa c’è ed è tanta nonostante la crisi. E’ che gli imprenditori chiedono agli altri attori del sistema paese (Istituzioni e Banche) di fare la loro parte. Un appello, quello delle piccole imprese, raccolto dalla CNA di Reggio Emilia, che con il questionario ha voluto conferire un dato quantitativo a un fenomeno già denunciato a settembre: il black out dei pagamenti con il conseguente rischio di chiusura di centinaia di piccole imprese. Si sa, in Italia le pubbliche amministrazioni nelle loro varie articolazioni centrali e locali sono accomunate da una poco invidiabile caratteristica: sono pessimi pagatori! L’atavico ritardo nei pagamenti, la burocrazia, le incertezze strutturali che accompagnano l’attuazione di qualsiasi appalto pubblico costituiscono una barriera all’ingresso nel mercato pubblico delle PMI e portano a contraddizioni evidenti sia nelle procedure di acquisto sia nel sistema dei prezzi. Questo “vizietto” tutto italiano ha assunto proporzioni di metastasi nel sistema economico del nostro paese, e se fino al 2008 questo fenomeno poteva considerarsi la principale causa della mancata crescita di molte aziende, oggi rischia di mandare a gambe all’aria migliaia di piccole imprese perché la crisi economica ne ha prosciugato la liquidità: basti pensare che nel sondaggio di CNA Reggio Emilia, l’85% delle piccole imprese che negli ultimi 18 mesi hanno fatto ricorso al credito lo hanno fatto per bisogno di liquidità. Sono note le difficoltà legate ai vincoli contradditori del Patto di Stabilità. La situazione si è però aggravata perché, alla cronicità dei ritardi con cui paga la Pubblica Amministrazione, si è aggiunta la cattiva prassi del mancato pagamento tra privati con buona pace di quel circolo virtuoso che vedeva la banca finanziare l’impresa sulla base del flusso di entrate. Trattasi di fenomeno piuttosto recente, (fino a vent’anni fa, a Reggio Emilia bastava una stretta di mano per siglare un accordo o contrattare un pagamento e le Riba respinte erano spie di situazioni di emergenza!), eredità di una congiuntura economica negativa che dura da troppo tempo. Certo è che il rischio è concreto: tante imprese potenzialmente sane rischiano di finire stritolate in questa spirale perversa che si è fatta grave anche a Reggio Emilia dove il sistema della Pubblica Amministrazione funziona con un discreto livello di qualità. Per tutte queste ragioni il presidente provinciale di CNA, Tristano Mussini, ha preso carta e penna e ha scritto a tutti i sindaci del territorio provinciale per sensibilizzarli sul tema e chiedere loro un’attenzione straordinaria su questi temi. La denuncia di CNA mira a rendere più veloce l’adozione da parte del nostro paese della direttiva europea (vedi in fondo) per i pagamenti dalla Pubblica Amministrazione e nelle transazioni tra privati sulle quali servono regole chiare. Il voto di questo auspicato provvedimento è avvenuto ad ottobre; un voto che ha fatto scattare i due anni di tempo per il recepimento da parte degli stati membri. CNA chiede all’Italia di fare presto: per una volta si vorrebbe che il nostro paese fosse tra i primi paesi a farlo, dato che peggio dei tempi di pagamento italiani ci sono solo quelli greci e portoghesi. Nei giorni scorsi una ricerca di DAS Italia ha messo in evidenza come il Trentino Alto Adige sia la regione più puntuale nei pagamenti alle imprese, con una media comunque di circa 80 giorni. L’Emilia Romagna si assesta a 85 giorni medi. “È evidente che la situazione non è più sostenibile – ricorda il presidente Mussini – ancora oggi non si è esaurito l’effetto dello tsunami finanziario mondiale, come testimoniano le recenti vicende irlandesi, ma non è solo l’economia ad essere permeata dall’incertezza. Tutta la società risente di questo clima: lo dimostra l’indagine del Censis sulle condizioni del Paese, che racconta un’Italia bloccata, apatica e senza più voglia di sognare. Ad aggravare la situazione c’è poi il particolare contesto politico italiano, che ha influenzato la stessa Finanziaria: un provvedimento che non ha introdotto quelle riforme strutturali necessarie a sostegno dello sviluppo economico”. Dunque ancora una volta, secondo la Cna, tocca al sistema economico – imprenditori e lavoratori – sorreggere il peso di questa precarietà. “Spesso – insiste Mussini – si ritiene che gli imprenditori vogliano soltanto finanziamenti, agevolazioni, riduzioni di tasse. In realtà non è così. Molto più frequentemente alle imprese basterebbe una legislazione “amica” come consideriamo la direttiva europea sui pagamenti. Invece ci troviamo a combattere situazioni assurde come quella legata al Sistri – il Sistema di Tracciabilità dei Rifiuti – le cui carenze strutturali metteranno migliaia di imprese nella condizione di essere sanzionate per comportamenti illeciti ad esse non imputabili; ma anche ingombranti processi burocratici che costano alle imprese milioni di ore lavoro A volte non servono chissà quali progetti faraonici per sostenere l’economia: basterebbe dare un’occhiata alla realtà, ai bisogni delle piccole imprese per scoprire che il sostegno all’economia in fondo non costa molto”. Credito e pagamenti restano due temi prioritari secondo CNA, anche perché sulle piccole imprese in crisi di liquidità causa i mancati incassi incombono un sistema giudiziario dai tempi biblici e i criteri di Basilea 2, pensati per le grandi imprese di modello anglosassone quotate in borsa. Oggi quell’accordo va ripensato radicalmente, altrimenti risulta inutile e dannoso per l’accesso al credito delle piccole imprese. CNA, che sul credito ha profuso uno sforzo straordinario, non intende far passare sotto silenzio questo stato di cose e ha già iniziato un’opera di sensibilizzazione coinvolgendo le Istituzioni Locali, tutti i parlamentari e le forze politiche, nonché avvierà un confronto con le altre Associazioni perché si tratta di un tema di interesse generale, che va oltre l’appartenenza a una sigla. A Reggio, dove la forza di volontà di tanti piccoli imprenditori e il buon funzionamento degli ammortizzatori sociali hanno attutito la perdita di posti di lavoro, comincia a profilarsi il rischio di chiusura di centinaia di imprese che, pur lavorando, sono travolte dal black out dei pagamenti. Bisogna impedire che ciò accada!
Ritardi di pagamento: cosa dice la direttiva
Il 20 ottobre scorso il Parlamento europeo ha dato il via libera a nuove norme per limitare i ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei fornitori. La corte di Strasburgo ha stabilito che gli enti pubblici saranno tenuti a pagare entro 30 giorni (60 in casi “eccezionali”) i servizi o i beni acquistati. Se ciò non accadrà dovranno pagare interessi di mora al tasso dell’8%. Le imprese, inoltre, devono regolare le fatture entro 60 giorni, a meno che non abbiano espressamente concordato altrimenti e che ciò non costituisca una condizione manifestamente iniqua. La norma prevede poi che alle imprese venga conferito il diritto automatico di esigere il pagamento degli interessi di mora e di ottenere un importo fisso minimo di 40 euro a titolo di indennizzo dei costi di recupero del credito. Potranno comunque esigere anche il rimborso di tutti i costi ragionevoli incorsi a tal fine. E’ stato reso più facile per le imprese contestare in tribunale termini e pratiche manifestamente iniqui. Il Parlamento ha poi stabilito che vi siano maggiore trasparenza ed un’accresciuta sensibilizzazione del pubblico: gli stati membri saranno tenuti a pubblicare i tassi applicabili agli interessi di mora in modo che siano più accessibili per le imprese. Gli Stati membri dovranno inoltre essere incoraggiati a redigere codici di prontezza dei pagamenti, e avranno la facoltà di mantenere o porre in vigore leggi e regolamenti contenenti disposizioni più favorevoli ai creditori di quelle stabilite dalla direttiva. La direttiva andrà ora recepita negli ordinamenti nazionali entro 24 mesi dalla sua adozione. Si tratta di un deciso passo in avanti rispetto alla Direttiva attualmente in vigore. La nuova normativa permetterà, una volta recepita, di migliorare sensibilmente i tempi nei pagamenti, soprattutto da parte della pubblica amministrazione. Ciò sarà di grande aiuto alle imprese e, in particolare, alle PMI che potranno contare su un flusso di cassa sicuro e prevedibile, con ricadute positive sugli investimenti. L’accordo ratificato dal Parlamento europeo costituisce, quindi, un sostegno concreto alla competitività delle imprese. Tra l’altro, l’ultima versione del provvedimento ha ricompresso, nonostante la contrarietà di alcuni paesi, le transazioni commerciali tra imprese private, che dovranno essere effettuati entro 60 giorni salvo diverse intese stipulate tra le parti. Ora gli stati membri hanno due anni di tempo per attuare le nuove misure. Troppi per il sistema paese che sta vivendo uno dei momenti economici più difficili della sua storia.
Di Antonella Gualandri