(Tratto da GSA regionale PMI luglio 2011)
Il termine ultimo per la piena entrata a regime di Basilea 3 è il 2018, ma gli effetti del nuovo sistema di accesso al credito sono più vicini che mai, con forti timori per il futuro di artigiani e piccole-medie imprese che rischiano di rimanere schiacciate dalla logica bancaria delle mere garanzie. L’allarme è stato lanciato dal presidente di CNA Reggio Emilia Tristano Mussini durante l’assemblea annuale dell’associazione che ha previsto, in collaborazione con UGF Banca e Unipol Assicurazioni, un approfondimento ad hoc su “Basilea 3: cosa cambia per le imprese”. “La gravità della crisi che negli ultimi due anni ha colpito i mercati finanziari di tutto il mondo – sottolinea il presidente Tristano Mussini – ha evidenziato la necessità di un profondo ripensamento dei mercati, tradotta nella formulazione delle linee guida di Basilea 3, a nostro avviso positiva. Allo stesso tempo però, per garantire al mondo della piccola-media impresa e dell’artigianato un accesso al credito adeguato alle esigenze di consolidamento e sviluppo, invertendo la preoccupante tendenza dell’aumento dei restringimenti già in atto, diciamo no a un’applicazione rigida delle regole di Basilea 3, pena il soffocamento dell’economia. Confidiamo in una rapida soluzione che coinvolga il Governo e l’Abi e agli istituti bancari che operano sul territorio chiediamo una finanza innovativa, maggiore coerenza tra prodotti e servizi offerti rispetto alle necessità delle imprese, maggiore sostegno ai passaggi generazionali e una valutazione che tenga conto del valore dei progetti industriali e non solo delle garanzie offerte. Le imprese, soprattutto quelle piccole, hanno bisogno delle banche così come le banche hanno bisogno di relazioni più aperte e trasparenti con le imprese per innescare un circolo virtuoso che potrà ridare slancio al nostro territorio”.
Ad approfondire il tema anche gli interventi di tre esperti, Elisabetta Gualandri, docente di Economia degli Intermediari Finanziari dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Gabriele Morelli, segretario di CNA Emilia Romagna, Alberto Clapci, Area Manager UGF Banca per l’Emilia Romagna. Dal confronto tra gli esperti è emerso il quadro dell’andamento del credito in Emilia Romagna. Dopo la restrizione del credito iniziata nel 2008, vi è un miglioramento, meno accentuato per le PMI, dagli ultimi mesi del 2010: i prestiti bancari hanno segnato un +5,5% nel marzo 2011 sul marzo 2010, soprattutto per le imprese medio-grandi. Una maggiore debolezza si è registrata nei settori del tessile-abbigliamento e della fabbricazione macchinari: in generale le imprese presentano ancora elementi di fragilità, con crediti in sofferenza e fallimenti in aumento anche in Emilia Romagna.
“La crisi finanziaria – spiega la dottoressa Gualandri – ha rivelato che in Basilea 2 c’erano delle carenze e ha imposto una complessa rivisitazione dei principi che regolano il capitale che le banche devono detenere a fronte dei rischi. A onor del vero, va detto che quando è esplosa la crisi Basilea 2 non era ancora entrato in vigore, se fosse già stato a regime probabilmente gli effetti sarebbero stati più soft. Pur immaginando che la situazione delle imprese sia la stessa, con Basilea 3 aumentano le risorse patrimoniali, di quantità elevata soprattutto, che le banche devono detenere, il che implica da parte loro una forte decapitalizzazione”. “
“Da qui alla fine del 2018 – continua l’esperta – le banche dovranno raccogliere risorse aggiuntive. I mercati però non si stanno mostrando molto favorevoli perché alcune delle banche che sono sul mercato hanno grossi problemi. Da sottolineare che le banche italiane stanno in parte pagando gli errori e le assunzioni di rischi delle banche anglosassoni: in generale le nostre banche sono arrivate molto più robuste alla crisi, con un business meno rischioso, la crisi però è diventata planetaria e anche le nostre banche, con un modello di business più tradizionale devono adeguarsi a Basilea 3. A cambiare effettivamente per le PMI è che le banche le valutano sempre più nella logica di vedere quanto sono rischiose e va da sé che quanto più un’azienda è rischiosa tanto più la banca è costretta a mantenere le risorse patrimoniali, situazione che si ripercuote sui tassi di interesse. Tanto più è rischiosa un’impresa tanto più è chiamata a pagare un premio al rischio. Urge un cambiamento che deve essere però inquadrato nella logica del sistema Paese, altrimenti non riusciremo a tenere il passo con le altre imprese europee”.