Giro di vite, e importanti modifiche, sulla tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato: in una parola parliamo di “whistleblowing”, oggi normato nel nostro Paese dalla legge 179/2017, ma recentemente interessato, in ambito comunitario, dalla “revisione” apportata dalla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n.2019/1937, pubblicata il 26 novembre scorso in GUUE.
Molte le novità, che andranno con ogni probabilità a “rivoluzionare” la normazione del settore, interessando a pieno titolo anche le imprese di pulizia/multiservizi/servizi integrati. Il motivo è molto semplice, e risiede nell’estensione dell’ambito di applicazione della normativa, che di fatto equipara le imprese private a quelle pubbliche. Infatti mentre la normativa italiana si applica allo stato attuale, nel privato, soltanto alle imprese che hanno adottato il modello organizzativo 231, la direttiva riguarda tutte le imprese con più di 50 dipendenti, a prescindere dall’adozione del modello 231.
Un’altra importantissima novità riguarda le materie interessate: infatti ora vi rientrano anche gli appalti pubblici. Si allarga anche il campo dei soggetti tutelati nella veste di segnalanti: vengono inclusi gli azionisti delle società, i soggetti che assistono i whistleblower, gli ex dipendenti e coloro che hanno conosciuto gli illeciti in fase di selezione per essere assunti. Secondo la nuova Direttiva, poi, gli strumenti di tutela scattano ogni volta che il segnalante abbia fondati motivi di ritenere che le informazioni fossero vere al momento della segnalazione. Quanto all’anonimato, è ammesso dalla Direttiva. Spetta poi ai singoli stati membri decidere se gli enti e le autorità siano obbligati ad accettare segnalazioni anonime. A proposito: come per tutte le Direttive europee, il tempo per il recepimento, con modifiche della legislazione nazionale, è di due anni. C’è quindi tempo fino al 26 novembre 2021.