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Stop licenziamenti

Com’è noto, nel periodo della pandemia da Covid, il legislatore aveva vietato o sospeso temporaneamente i licenziamenti collettivi e quelli per giustificato motivo oggettivo, “salvo le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore”.

La sentenza della Cassazione (n. 19185/24)

In pratica, il licenziamento poteva essere convalidato solo nel caso in cui, in un cambio d’appalto, il subentrante si impegnasse a riassumere il personale in uscita. Ma cosa accade se, ad esempio, la nuova impresa non offre eguali trattamenti e garanzie ai dipendenti? Il licenziamento di chi si rifiutasse di accettare le nuove condizioni peggiorative continuerebbe a valere o no? Questa premessa è necessaria per comprendere appieno il caso -molto interessante per le imprese di pulizie/ multiservizi/ servizi integrati- sviscerato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 19185 del 12 luglio scorso.

Il fatto

Nella fattispecie la Corte d’appello aveva dichiarato la nullità, con conseguente reintegrazione “forte”, del licenziamento, in periodo di blocco, di un dipendente che si era rifiutato di trasferirsi presso il nuovo appaltatore, lamentando la non parità di condizioni. Ebbene, l’impresa ricorreva per Cassazione lamentando, in sostanza, il fatto che il dipendente, a fronte di una concreta proposta di riassunzione, avesse rifiutato immotivatamente e per ragioni squisitamente personali.

Ricorso respinto!

Ricorso respinto dalla Cassazione, con una serie di motivazioni: ai sensi del primo comma dell’art. 46, d.l. 18/20, per come riformulato dalla legge di conversione n. 27/20, la condizione per la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (in vigenza del divieto per Covid) è rappresentata dalla nuova assunzione del lavoratore da parte dell’appaltatore subentrante. Con un “però”: tale proposta di assunzione, sempre stando ai giudici, dovrà essere “seria e concreta”, non essendo idonea un’offerta di lavoro che alteri le precedenti prerogative economiche e contrattuali.

Licenziamento illegittimo se le nuove condizioni sono peggiorative

Di talché la nuova assunzione non si verifica a causa della mancata accettazione della proposta da parte del lavoratore, il licenziamento potrà considerarsi legittimo se il rifiuto si ponga in contrasto con i principi di correttezza e buona fede; tale condizione non ricorre nel caso di specie, viste le modifiche peggiorative –accertate dai giudici di merito– cui sarebbe andato incontro il lavoratore con il passaggio alle dipendenze del nuovo datore di lavoro: conseguentemente, il licenziamento deve considerarsi illegittimo.

Scattano le “tutele forti”

Ancora: il divieto di licenziamento posto dall’art. 46, in quanto precetto con un contenuto specifico, preciso e individuato, nonché rispondente a interessi pubblici fondamentali, è da ricondurre alla categoria delle norme imperative, la cui violazione determina la nullità dell’atto di recesso ai sensi dell’art. 1418, co. 1, c.c., con conseguente reintegrazione “forte” del dipendente.

Nel concreto delle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati

Una sentenza forte, che non mancherà di rappresentare un precedente importante cui fare attenzione, anche in considerazione del fatto che, nell’attività delle imprese di pulizia/ servizi integrati/ multiservizi tali situazioni sono estremamente frequenti. E che apre a una serie di riflessioni meritevoli di approfondimento. Una su tutte: cosa accade, ad esempio, in caso di cambio di contratto -o ragione sociale- di riferimento? Non  mancheranno, c’è da starne certi, elementi di dibattito e -temiamo- di ulteriore potenziale contenzioso.

Link Cass. 19185/24

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