Ha tutto il sapore del precedente storico la sentenza n. 09441/2016 emessa dal Tar Lazio -Seconda Sezione- sul ricorso n. di registro generale 14292 del 2015 e pubblicata il 30 agosto, con cui, accogliendo un ricorso avanzato da Mondialpol, i giudici amministrativi romani hanno annullato il bando Consip per l’affidamento dei servizi integrati di vigilanza presso siti in uso alle PA pubblicato il 15 ottobre del 2015. Non è certo la prima volta che un bando di gara, anche importante, viene annullato. Quello che qui colpisce, tuttavia, sono le motivazioni, che chiamano in causa il rischio di violazione dei principi di concorrenza, dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza e di eccesso di potere. Si tratta insomma, chiediamo venia per l’approssimazione, di motivazioni sostanziali e non, come avviene spesso, meramente formali e “cavillose”.
La vicenda
Cerchiamo di vederci più chiaro: la convenzione contestata, suddivisa in 13 lotti territoriali, aveva un valore complessivo di 540 milioni di euro di importo massimo. I lotti, di carattere sovraregionale, avevano un valore medio intorno ai 40 milioni (si va dai 37,5 milioni del lotto 12 ai 46 milioni del lotto 8). Il criterio era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La ricorrente, un Istituto di vigilanza di medie dimensioni munito di licenza prefettizia e presente da molti anni sul mercato delle commesse pubbliche, nel premettere che, in ragione dell’accorpamento di territori molto estesi ed eterogenei, i requisiti di partecipazione previsti dal bando sarebbero sproporzionati e metterebbero praticamente fuori gioco gli istituti di vigilanza di medie dimensioni ancora indipendenti ed autonomi, a tutto vantaggio dei grandi gruppi che possono contare su più Istituti di vigilanza muniti di licenza prefettizia e nello specificare che lo spazio di partecipazione alla gara sarebbe ulteriormente ridotto dal fatto che l’art. 2.1 del disciplinare consente alle imprese di concorrere per più lotti purché si disponga di un fatturato specifico in misura almeno pari alla somma di quanto richiesto per la partecipazione ai singoli lotti – ha motivato il ricorso sulla base dei seguenti principi: Violazione dei principi di libera iniziativa economica e di concorrenza. Violazione dei principi di parità di trattamento e buon andamento dell’azione amministrativa nonché dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria.
Un appalto strategico
Il valore dell’appalto (540 milioni di euro) attribuirebbe allo stesso un’enorme rilevanza strategica, tale da condizionare la struttura del mercato dei servizi di sicurezza nel prossimo triennio. L’estrema concentrazione della committenza dovrebbe essere bilanciata da una ripartizione in lotti che sia tale da favorire condizioni di efficienza del mercato dal lato dell’offerta: vale a dire, per un verso dovrebbe incentivare la crescita dimensionale delle imprese di sicurezza, per altro verso dovrebbe garantire un’adeguata numerosità di soggetti aziendali tra loro autonomi e indipendenti in modo che siano effettivamente capaci di offrire servizi di sicurezza nell’ambito di una competizione tale da consentire la decrescita dei costi di servizi a fronte di livelli costanti o crescenti della loro qualità.
Un mercato simile a quello dei servizi integrati
Sempre seguendo la sentenza: “La base d’asta di ogni singolo lotto è particolarmente rilevante, e ciò si rifletterebbe sulla definizione dei requisiti di capacità economico-finanziaria delle imprese partecipanti alla gara (da un minimo di 18,75 milioni di euro ad un massimo di 23 milioni di euro). Il mercato italiano dei servizi di sicurezza si connoterebbe per la presenza di un gruppo ristretto di grandi operatori e da numerose altre imprese di dimensione media o piccola, per cui le seconde dovrebbero dare vita a raggruppamenti temporanei molto estesi per conseguire il requisito economico-finanziario o altrimenti dovrebbero trovare l’accordo con un grande player.” Un po’ come accade nel nostro settore, in cui -lo abbiamo detto più volte- per la maggioranza delle imprese la partecipazione diretta è di fatto preclusa se non in forma consorziata. Oppure ricorrendo all’avvalimento. In alternativa, l’unica strada è il subappalto, con tutti i limiti che sappiamo.
Le argomentazioni di Consip
Ma proseguiamo nell’approfondimento. Secondo la ricorrente “la stazione appaltante, nel definire la parcellizzazione in lotti ed il loro valore a base d’asta con il conseguente requisito economico-finanziario, non avrebbe ben considerato la struttura del mercato oppure avrebbe optato per una soluzione tale da favorire le imprese di una determinata scala implicando l’espulsione dal mercato di tutte le altre. L’intera architettura della gara, in definitiva, sarebbe affetta da irragionevolezza e deficit di proporzionalità. La Consip ha contestato la fondatezza delle censure dedotte evidenziando che la gara in esame è destinata ad assorbire una parte minoritaria della domanda complessiva e che le imprese non aggiudicatarie potranno sempre soddisfare il restante 70% della domanda pubblica nonché la maggior parte del mercato complessivo, di clientela privata; ha altresì posto in rilievo che il mercato dei servizi di sicurezza è caratterizzato dalla presenza di un gruppo di 24 operatori aventi dimensione nazionale che coprono circa il 65% del mercato, il cui fatturato va da 146 milioni di euro a 22,9 milioni di euro, mentre il restante 35% del mercato è composto da istituti di vigilanza che lavorano in un ambito territoriale limitato, ciascuno avente una quota di mercato all’incirca inferiore all’1%.”
RTI, avvalimento? Non è automatico!
“La stazione appaltante ha inoltre rappresentato di avere sottoposto la documentazione di gara ed una tabella dei potenziali partecipanti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha dato una valutazione positiva della strategia di gara, e che la partecipazione di imprese che non raggiungono gli importi di fatturato richiesti non è preclusa, essendo ad esse consentito il ricorso agli istituti del raggruppamento temporaneo di imprese e dell’avvalimento. In altri termini, la Consip ha sostenuto che la ricorrente ben avrebbe potuto concorrere in RTI o ricorrendo all’avvalimento.” Una posizione, quella di Consip, che non è affatto nuova, dato che l’abbiamo sentita più volte anche per le imprese del nostro settore. Senonché, e questa è la novità, il giudice amministrativo l’ha “rintuzzata” con una semplice, ma verissima, argomentazione: “Il Collegio rileva, in primo luogo, che la costituzione di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese o il ricorso all’avvalimento sono il frutto di scelte discrezionali di tutte le imprese coinvolte, per le quali non è sufficiente la volontà della piccola o media impresa che intende partecipare alla gara, essendo necessaria anche una coincidente volontà delle altre imprese nella costituzione dell’eventuale raggruppamento e dell’impresa o delle imprese ausiliarie nell’avvalimento. Pertanto, l’astratta possibilità di costituire un RTI o di ricorrere all’avvalimento non esclude che una preclusione alla possibile partecipazione individuale dell’impresa si concreti in un vulnus al principio del favor partecipationis e, quindi, in una lesione sia alla sfera giuridica dell’impresa che non può partecipare individualmente sia alle finalità pubblicistiche a base della normativa in materia.” Insomma, la costituzione di un RTI o il ricorso all’avvalimento non sono affatto scontate, in quanto bisogna comunque trovare altre imprese disposte a consociarsi o a procedere all’avvalimento stesso.”
Motivazioni che faranno scuola
Ma è tutta la sentenza a “fare scuola”. Più in generale, tutte le motivazioni con cui il Tar ha accolto il ricorso ruotano intorno al principio del “favor partecipationis”: “La compresenza della duplice esigenza volta alla tutela della concorrenza tra le imprese ed al buon uso del denaro della collettività è stata chiaramente delineata dalla giurisprudenza europea la quale, nel dichiarare che uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto, ha aggiunto che siffatta apertura alla concorrenza è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata. […] Con il nuovo codice degli appalti pubblici e delle concessioni (d.lgs. n. 50 del 2016), risulta evidente che la funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica ha assunto ancora maggiore rilievo ed è divenuta il baricentro del sistema. L’art. 2, in particolare, sancisce che le disposizioni ivi contenute sono adottate nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, sicché è consequenziale ritenere che i provvedimenti adottati in applicazione del codice dei contratti ove non realizzino detta finalità violano le regole stesse ed i principi di libera concorrenza. […] Le due “anime” della normativa sostanziale dell’evidenza pubblica, in linea di massima, possono e devono essere perseguite contemporaneamente, atteso che la massima partecipazione alla gara è funzionale alla realizzazione di entrambe le finalità.”
“Lotti funzionali”, “ambiti territoriali ottimali”: non sono solo parole
“Il principio del favor partecipationis, pertanto, è stato scolpito a chiare lettere anche nella disciplina legislativa. L’art. 2 bis del d.lgs. n. 163 del 2016 stabilisce non solo che, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali, ma anche che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese; l’art. 83, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce altresì che i requisiti e le capacità per partecipare alle gare sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più alto numero di partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione. Tale fondamentale principio riguarda a maggior ragione le centrali di committenza considerata l’elevata incidenza che gli appalti dalla stessa affidati, per il loro valore e per l’estensione delle amministrazioni che se ne avvalgono, sono destinati ad avere sui relativi mercati.”
La Consip sostiene che la gara è stata indetta in fedele applicazione dell’art. 26, legge n. 488 del 1999, disposizione che si inserisce nel processo di razionalizzazione della spesa pubblica con la finalità di creare economie di scala, ottimizzare i processi e ridurre i costi derivanti dalla parcellizzazione delle procedure. Il thema decidendum, però, non è quello di verificare la legittimità dell’indizione della gara, che non è stata posta in contestazione, ma quello di verificare la legittimità della disciplina di gara laddove preclude alle piccole e medie imprese, tra le quali la ricorrente, di poter partecipare individualmente alle procedure selettive dei singoli lotti.”
Lex specialis che esclude le PMI? Per i giudici è eccesso di potere
La censura dedotta e che va indagata, insomma, è quella dell’eccesso di potere nella formazione di una lex specialis della gara che preclude la partecipazione individuale alle piccole e medie imprese. E oltre alla questione dei RTI e dell’avvalimento, c’è anche un altro punto da sottolineare, sempre secondo il Tar: “La Consip ha specificato, come indicato, che, al fine di garantire la più ampia partecipane alla gara degli operatori economici del settore, anche sulla base di un’approfondita analisi del mercato di riferimento, ha determinato il requisito di fatturato specifico richiesto nel bando di gara. Tuttavia, il “cuore” della controversia non riguarda tanto la congruità del fatturato specifico richiesto per la partecipazione alla gara quanto la logicità, in rapporto al descritto e fondamentale principio del favor partecipationis, di una suddivisione in lotti territorialmente molto estesi, per i quali sono richiesti requisiti economico-finanziari di importo tale da escludere la possibile partecipazione individuale delle piccole e medie imprese.
Ambiti territoriali ottimali
In altri termini, la questione posta all’attenzione di questo Tribunale non si concreta tanto nel valutare la congruità del fatturato specifico richiesto tra i requisiti capacità economica e finanziaria per la partecipazione alla gara – il quale, in quanto pari al valore annualizzato del massimale del lotto per il quale si presenta l’offerta, non può ritenersi di per sé irragionevole – quanto nel valutare se la suddivisione dell’appalto, riguardante l’intero territorio nazionale, in 13 lotti abbia consentito di definire gli ambiti territoriali ottimali, vale a dire gli ambiti in cui la concorrenza, la cui tutela reca in sé la garanzia di un corretto funzionamento del mercato, possa esplicarsi più efficacemente con conseguente beneficio, oltre che per il mercato, in cui le imprese di settore possono confrontarsi pienamente e liberamente, per la stessa stazione appaltante e, quindi, per la collettività sia in termini di qualità dei servizi resi dal miglior offerente sia in termini di prezzi allo stesso corrisposti. La suddivisione dell’appalto in tredici lotti determina l’indizione di altrettante gare di rilievo quasi sempre ultraregionale (ad eccezione di quelle relative al Comune di Roma Capitale), per cui è con riferimento al singolo micromercato, costituito da ciascuno dei tredici lotti, che occorre verificare se lo stesso assume le sembianze di un ambito territoriale ottimale, in cui la concorrenza tra tutte le imprese del settore può svolgersi pienamente, efficacemente e liberamente. L’individuazione dell’ambito territoriale ottimale postula, soprattutto in una gara di estrema rilevanza quale quella in esame, un’articolata istruttoria ed uno specifico obbligo motivazionale.
Violato il favor partecipationis
E nonostante Consip abbia ricordato come la suddivisione in lotti sia il risultato di un’approfondita indagine, “il Collegio ritiene che sia manifestamente illogico considerare ambiti territoriali ottimali, nel senso in precedenza illustrato, lotti per l’affidamento dei quali possono concorrere individualmente soltanto 24 imprese (18 secondo la puntuale ricostruzione operata dalla ricorrente), con esclusione delle altre numerosissime imprese, di piccole e medie dimensioni, che compongono il mercato. La scelta della centrale di committenza di suddividere il territorio nazionale in lotti di dimensioni tali da richiedere un fatturato specifico per la partecipazione in possesso solo degli operatori più rilevanti del mercato, pertanto, ha violato il fondamentale principio del favor partecipationis limitando in modo irragionevole la facoltà di presentazione individuale delle offerte e non garantendo in tal modo né l’esplicarsi di un piena apertura del mercato alla concorrenza né i risparmi di spesa potenzialmente derivanti da una più ampia gamma di offerte relative ai singoli lotti. L’ambito territoriale ottimale, in definitiva, dovrebbe consentire il funzionamento di un mercato in cui la facoltà di presentare offerte in forma singola sia concessa non solo ai player dello stesso, ma anche, per quanto possibile, alle imprese di medie e piccole dimensioni al fine di incentivare una concorrenza piena, con possibilità per ogni impresa di incrementare le proprie qualificazioni e la propria professionalità, e di trarre i potenziali benefici in termini di qualità di servizi resi e di prezzi corrisposti. Motivazioni per cui il Tar Lazio ha accolto il ricorso e annullato gli impugnati atti di disciplina della gara.
Un precedente storico, anche per il nostro settore
Ora, sebbene la sentenza si riferisca a un servizio, quello di vigilanza armata, diverso dalle pulizie/ servizi integrati/ multiservizi, e nonostante, verosimilmente, si dovrà attendere ancora il verdetto di Palazzo Spada, è chiaro che il pronunciamento del Tar Lazio può rappresentare un precedente importante anche per il nostro settore. Infatti il principio della prestazione del servizio è analogo, così come identico è il principio secondo cui gare suddivise in lotti sproporzionati rispetto alle dimensioni della stragrande maggioranza delle imprese attive sul mercato finiscono per turbare la concorrenza distorcendo il mercato stesso. Del resto anche nel nostro settore, come abbiamo più volte dimostrato, la stragrande maggioranza del mercato, in termini numerici, è costituita da PMI le quali spesso, pur sviluppando anche fatturati importanti, si vedono escluse dalla partecipazione individuale e diretta alle megaconvenzioni. Quanto a queste ultime, poi, nel nostro settore il valore dei lotti è mediamente molto più alto dei 40 milioni della gara impugnata, e a ben guardare anche il numero di imprese potenzialmente in grado di partecipare è ben lontano, in molti casi, dalle 24 richiamate dalla sentenza. E anche se è vero che i “giganti” del nostro settore hanno fatturati complessivi ben più importanti rispetto agli omologhi della vigilanza, è altrettanto vero che la dimensione dei lotti appare comunque sproporzionata rispetto alla maggioranza dei soggetti attivi sul mercato. Insomma, in entrambi i comparti ci troviamo di fronte a quel “rischio di oligopolio” già sottolineato qualche mese fa dal Consiglio di Stato, organo supremo della Giustizia amministrativa, nel parere espresso sul nuovo Codice degli appalti. Vista così, insomma, i due livelli di giustizia amministrativa sarebbero esattamente sulla medesima linea, almeno in teoria. Vedremo se tutto ciò si tradurrà anche in pratica.