Importante passo in avanti sulla via della flessibilità organizzativa del lavoro delle imprese: il più recente attuativo del Jobs act (81/2015) prevede e disciplina il passaggio a mansioni inferiori, modificando radicalmente l’articolo 2103 del Codice civile. Lo scorso 24 giugno, infatti, è apparsa in Gazzetta Ufficiale (GU n.144 Suppl. Ordinario n. 34 del 24/6/2015) la versione definitiva del “Codice dei contratti”, come è stato ribattezzato l’attuativo del Jobs Act (183/2014) recante la “ Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”.
Tra le novità più interessanti per le imprese c’è senz’altro la flessibilizzazione dei mutamenti di mansione dei dipendenti all’interno dell’organizzazione aziendale. Appare così superato un vincolo imposto dall’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori, che nel 1970 intervenne sull’art. 2103 del Codice civile rendendo molto difficili i cambi di mansione da parte del datore.
Il principio-cardine è quello dello ius variandi, vale a dire la possibilità da parte del datore di variare unilateralmente l’oggetto del contratto ove sopravvengano mutamenti organizzativi dell’impresa. Il che si traduce anche nella possibilità, prevista dalla legge, di fare accordi modificativi, come vedremo. La ratio del provvedimento, che è quella che informa l’intero impianto del Jobs act, è quella di rendere più appetibile il ricorso a forme di lavoro a tempo indeterminato, aumentando però la flessibilità nei rapporti di lavoro. Il provvedimento 81/2015, non a caso, si apre (art. 1) con l’enunciato: “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
All’articolo 3, che è quello che qui ci interessa, si prevede la sostituzione integrale dell’art. 2013 del Codice civile, che prima si presentava così
“Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo”.
con la seguente più articolata formulazione: “2103. Prestazione del lavoro. – Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale. Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni. Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti allivello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi. Nelle ipotesi di cui al secondo e al quarto comma, il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa. Nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi. Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e al quarto comma (cioè in caso di mutamenti organizzativi che coinvolgano il lavoratore o qualora i contratti collettivi prevedano ulteriori ipotesi, ndr) e fermo quanto disposto al sesto comma (cioè in caso di accordo diverso stipulato nelle sedi istituzionali), ogni patto contrario è nullo.”
La rivoluzione è tutta qui, e non è cosa da poco. Infatti grazie a questo nuovo dispositivo salta la necessità di comparazione fra le due mansioni in termini di equivalenza. A questo punto, il datore è libero di trasferire il lavoratore ad altra mansione di pari livello, senza preoccuparsi che essa sia “equivalente” alle ultime mansioni svolte, come imponeva la precedente versione dell’articolo. Non solo: viene anche previsto il caso di trasferimento a mansione inferiore, prima nemmeno contemplato. In questo caso, però, è necessario addurre motivazioni oggettive, come la modifica degli assetti aziendali o altre ipotesi previste dai contratti collettivi di categoria. Attenzione anche alla dicitura contratti collettivi: la legge non precisa se debbano essere quelli nazionali (i Ccnl, per intenderci) o se, come si può intendere, possa intervenire anche la contrattazione integrativa. Le parti comunque hanno la possibilità, in caso ad esempio di sopravvenuta necessità di una riorganizzazione aziendale urgente, di accordarsi per il riposizionamento del lavoratore anche a mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte. Inoltre il collocamento in mansioni inferiori dev’essere tassativamente accompagnato da comunicazione in forma scritta, sotto pena di nullità. E anche se la legge non richiede espressamente nemmeno di esplicitare per iscritto le motivazioni che hanno portato al cambio di mansione, il nostro consiglio è quello di provvedervi in ogni caso. Al cambio di mansione deve corrispondere per legge anche un adempimento formativo, il mancato assolvimento del quale comunque non comporta la nullità del procedimento.