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Limiti della clausola sociale

Nessun automatismo di assunzione completa del personale dell’impresa uscente da un appalto. E nemmeno obbligo di applicazione delle medesime condizioni contrattuali e di riconoscimento dell’anzianità pregressa.

La clausola sociale va applicata in maniera elastica, in relazione alla libertà organizzativa dell’impresa subentrante e nel rispetto di una pluralità di diritti ugualmente tutelati: quello alla stabilità dell’occupazione, certo. Ma anche quello dell’impresa al mantenimento della propria competitività e all’ottimizzazione del proprio modello organizzativo.

E’ quanto stabilito, nella sentenza n. 6761 dello scorso 2 novembre, dai giudici della sezione V del Consiglio di Stato, che in riforma del precedente orientamento del Tar per l’Emilia Romagna hanno riabilitato un’azienda vincitrice esclusa in primo grado per mancato rispetto della clausola sociale.

Quest’ultima, come hanno sancito i giudici di Palazzo Spada, va infatti applicata già a monte “ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione dell’operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto”.

Di fatto, “in ottemperanza ai principi costituzionali e comunitari di libertà d’iniziativa economica e di concorrenza, oltreché di buon andamento, e nel rispetto delle autonome scelte organizzative e imprenditoriali del nuovo appaltatore, la clausola sociale non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento di tutto il personale utilizzato dall’impresa uscente”. Così come non vale, sic et simpliciter l’obbligo di conservare gli scatti d’anzianità in capo ai dipendenti.

Detta clausola va formulata e intesa “in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario”, anche perché solo in questi termini “la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto”.

E ancora: “E’ stato recentemente sottolineato come la clausola non comporti “alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo.” Nessun automatismo, quindi, ma un oculato contemperamento di diversi interessi in gioco.

 

Link sentenza CdS sez. 5  2/11/2020

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