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Licenziamento per superamento del comporto

La questione del comporto è, da diverso tempo, oggetto di costante e diversamente orientata attenzione da parte dell’autorità giudiziaria, in tutti e tre i gradi di giudizio. Stavolta torniamo dalle parti del “Palazzaccio” di piazza Cavour e prendiamo in esame l’Ordinanza della Corte di Cassazione – sez. Lavoro n. 170 pubblicata il 7 gennaio scorso, che incrocia il tema del comporto con quello, altrettanto sensibile, della disabilità.

La responsabilità del datore

Si tratta di un pronunciamento che arriva dopo un iter giudiziario combattuto, e che si profila come estremamente responsabilizzante per il datore di lavoro. Infatti il principio sancito è quello secondo cui il lavoratore disabile non può venire licenziato per il normale superamento del periodo di comporto: al contrario spetta a parte datoriale acquisire preventivamente le informazioni sulla correlazione tra assenze per malattia e stato personale di disabilità.

Il caso

La questione affrontata dagli Ermellini riguarda un lavoratore disabile che aveva impugnato giudizialmente il licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto sulla base della sussistenza di “discriminazione indiretta” ex dlgs 216/2013 recante “Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”. Giova ricordare che per “discriminazione indiretta” si intende l’effetto di una una disposizione, un criterio o una procedura che, apparentemente neutri, finiscono per sfavorire un determinato gruppo di persone.

E’ discriminazione indiretta?

In sostanza, secondo le argomentazioni del ricorrente, la previsione di un comporto uguale per tutti di fatto sfavorisce i lavoratori disabili. In sede di merito dapprima il Tribunale accoglieva le doglianze del dipendente, poi la Corte d’Appello ribaltava il giudizio, non ritenendo che l’applicazione del medesimo periodo di comporto tanto ai lavoratori normodotati quanto a quelli disabili costituisse discriminazione indiretta.

Il pronunciamento della Cassazione

Non di questo avviso la Cassazione, secondo cui, alla luce del diritto comunitario, questo è proprio un caso di discriminazione indiretta. Si legge fra l’altro: “La mancata considerazione dei rischi di maggiore morbilità dei lavoratori disabili, proprio in conseguenza della loro condizione, trasmuta il criterio, apparentemente neutro, del computo dello stesso periodo di comporto in una prassi discriminatoria nei confronti del particolare gruppo sociale protetto in quanto in posizione particolare svantaggio”.

“Tirata d’orecchie” anche ai Ccnl

Una tirata d’orecchie, dal giudice nomofilattico, va anche alla contrattazione collettiva: per la Cassazione, infatti, sarebbe opportuno che la contrattazione collettiva disciplini in modo esplicito la questione del comporto per i lavoratori disabili avendo riguardo alla condizione soggettiva, non essendo sufficiente la generica menzione dei casi di “grave patologia” (anche il Ccnl Multiservizi, fra i tanti, resta “silente” al riguardo).

Licenziamento illegittimo: attenzione!

Sulla base di tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal lavoratore, ritenendo illegittimo il recesso a suo carico. Attenzione dunque, specie nei settori ad alta intensità di manodopera come quello delle pulizie/ multiservizi/ servizi integrati. La responsabilità e l’onere datoriale di valutare caso per caso le effettive condizioni dei lavoratori disabili sono ineludibili.

Link Cassazione Ordinanza 170/25

Link dlgs 216/2013

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