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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

In caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, prescritto dall’art. 7 della L. n. 604/1966 per il recesso per giustificato motivo oggettivo dei lavoratori assunti prima del marzo 2015, il datore non è tenuto ad inviare al dipendente alcuna lettera di licenziamento, essendo sufficiente l’indicazione della volontà interruttiva del rapporto contenuta nel verbale redatto innanzi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. In altre parole  non è previsto, in tali casi, che la comunicazione del licenziamento debba intervenire in un contesto differente e successivo a quello della sottoscrizione del verbale medesimo. A sancirlo è l’Ordinanza n. 10734 del 22 aprile 2024 della Cassazione – Sez. Lavoro.  

Il caso, piuttosto frequente nel settore delle pulizie/ multiservizi/ servizi integrati, riguarda una lavoratrice che ha impugnato giudizialmente il licenziamento irrogatole per giustificato motivo oggettivo  al termine del tentativo di conciliazione espletato con insuccesso mediante la formalizzazione del recesso datoriale nello stesso verbale sottoscritto in sede di conciliazione, adducendo fra le motivazioni il mancato invio di specifica comunicazione (in sostanza si tratterebbe di una fattispecie di “omessa comunicazione”).

Orbene, il datore, in tali casi, è obbligato ad effettuare tale comunicazione? No, già secondo i giudici di merito. La Corte d’Appello, infatti, pur mettendo in discussione la buona fede datoriale quanto alla scelta della lavoratrice da licenziare,  aveva ritenuto provata la forma scritta del recesso, stante che la volontà di interrompere il rapporto era contenuta nel verbale scritto e firmato da entrambe le parti a conclusione della procedura ex art. 7 L. n. 604/1966.

Un orientamento sostanzialmente confermato dalla Suprema Corte, che ha sottolineato come la funzione della forma scritta del licenziamento risieda nella necessità di mettere a conoscenza il lavoratore dell’atto interruttivo del rapporto. A tale proposito gli Ermellini non hanno dubbio alcuno: tale funzione viene sicuramente assolta se la volontà di procedere al recesso sia stata formalizzata dal datore, in una sede istituzionale (come l’Ispettorato del lavoro), all’interno di un verbale sottoscritto anche dal dipendente. Secondo i Giudici di legittimità, dunque, ne consegue che, laddove il tentativo di conciliazione ex art. 7 L. n. 604/1966 fallisca ed il datore confermi la propria volontà di recedere dal rapporto, non vi è alcuna necessità di inviare successivamente al lavoratore una lettera di licenziamento.

In altre parole, il tenore testuale della norma citata non richiede che la comunicazione del licenziamento, consentita al datore di lavoro qualora fallisca il tentativo di conciliazione, intervenga in un contesto differente e successivo a quello del verbale sottoscritto presso l’Ispettorato. L’operato datoriale appare dunque incensurabilmente legittimo. 

Link Cass. Ord 10734/24

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