Il Jobs Act (legge 183/2014) e i suoi attuativi prevedono l’istituzione, a decorrere dal 1° maggio 2015, di una indennità mensile di disoccupazione, denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. La NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e miniASpI introdotte dall’art. 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92 con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015. Per gli eventi precedenti, dunque, restano in vigore Aspi e MiniAspi. Ma quali sono le principali differenze fra le diverse indennità? E soprattutto, cosa cambia con la Naspi?
Si amplia la platea dei beneficiari
Innanzitutto si amplia la platea dei soggetti beneficiari: la Naspi riguarda i lavoratori dipendenti con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato. I requisiti, rispetto all’Aspi, risultano estesi: possono fruire della NAspi lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
a- siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile
2000, n. 181, e successive modificazioni;
b- possano far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; e
c- possano far valere diciotto giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Inoltre, la nuova Aspi viene riconosciuta anche ai lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Gli altri cambiamenti
Cambiano anche modalità di calcolo, valore e durata: a differenza della Aspi, calcolata sul 75% dell’ultima retribuzione fino a un massimo, nel 2014, di 1165,58 euro, la Naspi è rapportata alla retribuzione imponibile degli ultimi quattro anni utili, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2015 a 1195 euro mensili, rivalutati annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo, l’indennità mensile è pari al 75 per cento della retribuzione. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l’indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementato di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L’indennità mensile non può in ogni caso superare nel 2015 l’importo massimo mensile di euro 1300, rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per operai e impiegati.
Quanto alla durata, la vecchia Aspi prevedeva, a regime (anno 2016), una durata di 12 mesi, che diventano 18 per gli over 55. Nel 2015, 10 mesi, portati a 10 per gli over 50 e a 12 per chi ha più di 55 anni. Per la Naspi il calcolo è più complesso: è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione. Per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 gennaio 2017 la durata di fruizione della prestazione è in ogni caso limitata a un massimo di 78 settimane.
Cambiano anche le riduzioni: mentre l’Aspi si decurta del 15% dal settimo mese e di un altro 15% dal 13esimo, la nuova indennità si riduce in modo più graduale e progressivo: dal quinto mese (che diventerà il quarto a partire dagli eventi di disoccupazione che si verificheranno dal 1° gennaio 2016) inizia a ridursi del 3%.
Veniamo all’aspetto contributivo: con la Naspi, nel 2015 tutti i periodi sono utili ai fini pensionistici, e a tale proposito il valore di riferimento è la media delle retribuzioni degli ultimi 4 anni. Dal 2016 non potrà superare 1,4 volte l’importo massimo della Naspi. Tuttavia, per salvaguardare il valore della pensione, il periodo di ricorso all’Aspi non verrà considerato ai fini del calcolo del valore della pensione qualora determini una riduzione della retribuzione media pensionabile. Alla Naspi, inoltre, non si applica il prelievo contributivo di cui all’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
Le condizioni necessarie
L’erogazione della Naspi è subordinata allo stato di disoccupazione e all’impegno per reinserirsi nel mondo del lavoro (es. corsi di riqualificazione professionale, percorsi di aggiornamento ecc.). La Naspi può essere anche chiesta in un’unica soluzione, opportunità pensata per chi desideri “mettersi in proprio” iniziando un’attività imprenditoriale (soluzione percorsa da molti dipendenti che perdono il lavoro). Altro aspetto da sottolineare è che chi fruisce della Naspi può intraprendere un’attività subordinata per un massimo di sei mesi senza perdere il diritto all’indennità, che nel frattempo viene sospesa. L’indennità Naspi termina se il lavoratore: perde lo stato di disoccupazione; inizia un’attività lavorativa subordinata o autonoma senza provvedere alle necessarie comunicazioni; raggiunge i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato; ottiene il diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che non opti per la Naspi.