Torniamo a parlare di Contratti collettivi, e in particolare della mancata applicazione dei CCNL sottoscritti da organizzazioni comparativamente più rappresentative. A lanciare l’allarme stavolta è l’INL – Ispettorato Nazionale del Lavoro, che a seguito di segnalazioni pervenute, il 25 gennaio scorso è intervenuto con circolare n. 3/2018, per esortare i propri uffici interregionali e territoriali ad attivare specifiche azioni di vigilanza finalizzate a contrastare il fenomeno del c.d. dumping contrattuale.
Si parla di “Contratti leader”
In particolare, l’INL, pur ribadendo il principio di “libertà sindacale”, evidenzia come l’ordinamento riservi l’applicazione di determinate discipline subordinatamente alla sottoscrizione dei contratti leader, cioè dei contratti collettivi dotati del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi.
Le indicazioni dell’Ispettorato
Le indicazioni dell’Ispettorato nazionale rilevano pertanto:
- in relazione alla mancata applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (contratti leader).
- in relazione alla proliferazione e applicazione – in alternativa ai contratti leader – di contratti negoziati e sottoscritti da Associazioni sindacali e/o datoriali prive di una reale rappresentatività (cd “pirata”).
Le suddette indicazioni rilevano anche in considerazione della promozione da parte di associazioni o consulenti di contratti “al ribasso” dal punto di vista normativo o retributivo.
Il requisito della “maggiore rappresentatività”
Nello specifico, come evidenzia l’INL il requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi rileva:
- per il godimento di “benefici normativi e contributivi” ai sensi dell’art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006, rispetto ai quali è indispensabile l’applicazione dei contratti comparativamente più rappresentativi;
- per individuare il parametro di riferimento ai fini del calcolo della contribuzione dovuta, indipendentemente dal CCNL applicato ai fini retributivi, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989, unitamente all’art. 2, comma 25, della L. n. 296/2006;
- ai fini degli effetti derogatori della contrattazione di prossimità, ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011. Ne consegue, osserva la Circolare in commento, che gli effetti derogatori prodotti dai contratti di prossimità privi della maggiore rappresentatività in termini comparativi sono privi di efficacia e le attività ispettive provvederanno di conseguenza.
Privi di efficacia
Un altro aspetto evidenziato dalla Circolare è la possibilità di “integrare” la disciplina normativa di numerosi istituti, ai sensi dell’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015, come ad es. il contratto di lavoro intermittente, il contratto di lavoro a tempo determinato, l’apprendistato, che viene rimessa solo ai contratti sottoscritti da Associazioni realmente rappresentative. Modifiche od integrazioni ai suddetti istituti operate dalla contrattazione priva del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi devono intendersi privi di efficacia e, pertanto, non possono trovare applicazione.
La trasformazione in “T.I.”
Di conseguenza, afferma l’INL, in alcuni casi, la mancata applicazione degli istituti di flessibilità ai sensi dell’articolo 51 del d.lgs. n. 81/2015, può comportare la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro subordinato in questione. Si sottolinea, infine, come il requisito della c.d. “asseverazione” di Ordini o Consulenti professionali, non sia affatto richiamato nella circolare dell’INL in relazione alla corretta applicazione dei contratti collettivi.
I criteri
Su quali siano i criteri per individuare le OOSS comparativamente maggiormente rappresentative, un documento fondamentale è la circolare del Ministero del Lavoro, prot. n. 37/10310/MA003.A004 del 1° giugno 2012, che recita: “Al fine di determinare con sufficiente chiarezza il grado di rappresentatività, in termini comparativi, delle OO.SS. stipulanti, occorre far riferimento:
- al numero complessivo delle imprese associate
- al numero complessivo dei lavoratori occupati;
- alla diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio ed ambiti settoriali);
- al numero dei contratti collettivi nazionali stipulati e vigenti.
Ma la situazione è ancora difficile
Detto questo, va anche segnalato che l’ultimo aggiornamento della Banca Dati dei Ccnl del Cnel (settembre 2017), ha evidenziato che la giungla dei Contratti collettivi sta assumendo proporzioni incontrollabili: tanto che su un totale di 868 contratti collettivi registrati, solo 300 risultano regolari, il 30% o giù di lì. A farla da padroni sono i cosiddetti “contratti pirata”, che presentano condizioni svantaggiose per i lavoratori i quali dovrebbero essere tutelati: al netto dei Ccnl scaduti, sono ben 500. Il problema, dunque (come emerge anche dall’allarme Inl), appare tutt’altro che risolto.