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Infortuni: il datore è sempre nei guai

Torniamo a parlare di responsabilità del datore di lavoro (e dei preposti) in caso di infortunio, per lanciare un allarme che merita la massima attenzione. E’ infatti da considerare molto bene quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza n. 1871 dello scorso 17 gennaio, che condanna un datore e il suo preposto per un infortunio occorso a un giovane apprendista, nonostante quest’ultimo fosse stato formato, informato e dotato di tutti i Dpi necessari.

Il caso riguarda un infortunio grave occorso a un lavoratore apprendista mentre operava in quota, di cui sono stati imputati il datore di lavoro (che pure aveva messo a disposizione del lavoratore, informato e formato, tutti i dpi del caso) e un preposto (colpevole di non aver vigilato sul comportamento del dipendente). Cerchiamo di sintetizzarlo: un giovane apprendista di un’impresa di servizi, addetto a operazioni di smontaggio di plafoniere (ma possiamo pensare ad ogni genere di operazione in quota, pulizie comprese), si trovava nella necessità di salire all’altezza del soffitto di un padiglione. Accanto a lui il lavoratore più esperto si allontanava per prendere e montare un trabattello (in regola e messo a disposizione dall’azienda proprio per questo). Nel frattempo, tuttavia, il giovane vedeva una scala a pioli non conforme (era priva degli originari dispositivi antiscivolo che erano stati sostituiti con sacchetti di plastica arrotolati) nelle vicinanze e, senza nulla dire a nessuno, decideva autonomamente di salirvi, cadendo da un paio di metri e procurandosi lesioni gravi.

A questo proposito la sentenza riporta quanto emerge dalla difesa datoriale, e cioè che “la scala non era nella disponibilità dei dipendenti e che non vi sarebbe la prova, agli atti, che la scala fosse di proprietà della ditta. Gli elementi raccolti all’esito della istruttoria avevano fatto emergere che i dipendenti avevano nella loro disponibilità un trabattello, il quale, per potere essere utilizzato, doveva essere montato. Il lavoratore più giovane, secondo la testimonianza offerta dall’operaio preposto, salì sulla scala dopo che il preposto si era allontanato per recuperare il trabattello e montarlo. Tra loro, non era intercorso alcun accordo circa il fatto che uno sarebbe salito sulla scala e l’altro l’avrebbe tenuta alla base”. Dunque l’infortunio, per il datore e il suo preposto, sarebbe stato “conseguenza di un gesto imprevedibile del giovane, il quale avrebbe deciso di salire sulla scala quando il lavoratore anziano si allontanò, tentando di effettuare una lavorazione impossibile per l’altezza da raggiungere. Tutti i profili di colpa enunciati in sentenza a carico del datore di lavoro, sarebbero assenti. Il datore inoltre aveva fornito al dipendente i dispositivi individuali; aveva impartito l’opportuna formazione e, tramite l’organizzazione esistente sul luogo, aveva fatto in modo che il giovane non fosse esposto a pericolo. L’operaio apprendista si sarebbe determinato autonomamente a salire sulla scala. Tale deliberazione dovrebbe ritenersi causa sopravvenuta, idonea ad interrompere il nesso teleologico rispetto alla condotta contestata, con conseguente esonero della responsabilità del datore di lavoro”. Insomma, l’apprendista avrebbe agito di testa sua, prendendo una scala non a disposizione degli operai (e forse nemmeno di proprietà della ditta) mentre il collega stava andando a recuperargli il regolare trabattello. Ora, riflettiamo un attimo: quante volte capita che gli operatori, anche solo per fare più in fretta, si mettano in pericolo!

Ebbene: nonostante tutto la Cassazione ha confermato la condanna dei due, datore e preposto, ritenendoli responsabili il primo di aver comunque lasciato a disposizione del lavoratore uno strumento non a norma (la scala), il secondo di non aver vigilato sul comportamento del dipendente: “Tenuto conto delle circostanze del fatto e degli obblighi di protezione gravanti sui ricorrenti, risulta connotata da alto grado di probabilità logica l’ipotesi che, ove il lavoratore fosse stato munito di apposita attrezzatura in grado di garantirgli la necessaria stabilità o se, in mancanza di tale attrezzatura, il preposto, esercitando i suoi doveri di vigilanza, avesse impedito al lavoratore di adoperare la scala in questione, l’infortunio non si sarebbe realizzato”.

Sentenze come questa fanno pensare: se da un lato, infatti, mettono l’accento su un valore imprescindibile come quello della sicurezza sul lavoro, dall’altro sembrano non lasciare spazio alla possibilità che il datore, pure in regola con formazione, informazione, organizzazione e Dpi, possa essere scagionato in caso di infortunio in cantiere. Il nostro consiglio è quello di accertarsi che sul cantiere non vi sia nemmeno la semplice presenza di strumenti non a norma, e che il preposto non si allontani mai dal luogo della vigilanza.

Link sentenza Cassazione 1871-18

 

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