E’ una scena purtroppo assai familiare nella vita quotidiana delle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati: il dipendente è a casa in malattia, salvo poi scoprire che si trova altrove a fare “quel lavoretto” per arrotondare.
In questo caso il licenziamento per giusta causa è legittimo? Sì, secondo l’ordinanza n. 1472 del 15 gennaio 2024, con cui la Corte di Cassazione ha convalidato il recesso intimato a una dipendente che, durante il periodo di malattia, ha svolto un’attività altrove.
Già i giudici di merito, va detto, avevano ritenuto che la condotta della lavoratrice fosse tale da ledere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro in modo grave. In particolare la lavoratrice, “in ore serali, era stata vista in un locale pizzeria mentre era impegnata a prendere le ordinazioni ai tavoli e al bar e ad accogliere e servire i clienti, in giornate in cui era assente dal lavoro perché affetta da “lombalgia acuta”, “alla luce delle corrette considerazioni medico legali, lede in modo grave il vincolo fiduciario con il proprio datore di lavoro, essendo dimostrativa di scarse correttezza e buona fede nella esecuzione del rapporto di lavoro poiché l’attività espletata violava i suoi doveri di cura e di sollecita guarigione.”
A nulla è valso l’impianto difensivo della ricorrente, che lamentava la contraddittorietà della pronuncia, dal momento che era stato dimostrato il suo rientro in servizio subito dopo aver svolto l’attività altrove (insomma, nonostante il “secondo lavoro”, era guarita). La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha infatti rilevato che quanto indicato dal giudice di merito è conforme alla giurisprudenza di legittimità e che il lavoratore deve astenersi da comportamenti che ledono l’interesse datoriale alla corretta esecuzione dell’obbligazione dedotta in contratto.