Il possesso di sostanze stupefacenti, anche al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro, rappresenta un motivo legittimante del recesso datoriale.
Lo ha stabilito il 3 dicembre 2019 la Suprema Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, con la sentenza n. 31531. Per i giudici dunque la detenzione di quantitativi non modici di sostanze stupefacenti costituisce giusta causa di licenziamento benché intervenuta al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro. Ciò in quanto al lavoratore è richiesto un comportamento diligente non solo sul luogo di lavoro: anche la sua condotta extralavorativa non deve essere tale da compromettere gli interessi morali e materiali del datore.
Il caso riguarda un portalettere, ma è facilmente applicabile a svariati settori, tra cui quello delle pulizie/ servizi ambientali/ multiservizi, in cui la manodopera è spesso a contatto con altre persone (pubblico, lavoratori o rappresentanti della committenza, clienti dei committenti stessi). Secondo il lavoratore il licenziamento era sproporzionato in quanto la violazione di legge si era verificata in un ambito estraneo all’orario e al luogo di lavoro, senza alcun riflesso sulla prestazione lavorativa ed era quindi da considerare fatto lieve. Inoltre opponeva che i fatti accertati in sede penale risalivano all’aprile 2014, mentre l’azione disciplinare si collocava nel mese di maggio 2016, ben due anni dopo, a conferma -secondo la tesi difensiva- del fatto che l’illecito penale non aveva avuto riflessi sulla prestazione lavorativa.
Tuttavia gli Ermellini, nel caso in specie, hanno precisato che la detenzione delle sostanze stupefacenti minaccia il futuro corretto adempimento della prestazione lavorativa che può derivarne e può causare una lesione irreparabile del vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro. Per i giudici, infatti, al di là del dato temporale, è di per sé una condotta censurabile, la condotta del lavoratore (le cui mansioni presuppongono un costante contatto con il pubblico, come è il caso di molti lavoratori del nostro settore, lo dicevamo poc’anzi) risulta incompatibile con la prosecuzione del rapporto, e dunque il licenziamento appare misura adeguata e proporzionata ai fatti.