Un mercato relazionale e “metabolico”, che guarda all’organizzazione dei processi e alle referenze
Sorpresa (ma non troppo): oltre alla qualità e alla legalità, date per scontate in un mercato evoluto e regolare, tra i fattori che orientano la scelta del fornitore dei servizi di pulizia spuntano le relazioni, la reputazione e la capacità di ingegnerizzare il servizio, proponendo piani di lavoro efficienti ed efficaci. L’impresa dunque dovrà preoccuparsi non solo di operare in perfetta trasparenza e correttezza, ma anche di organizzare alla perfezione il proprio lavoro, utilizzare attrezzature e prodotti efficaci e poco impattanti, e soprattutto costruirsi una buona reputazione.
La ricerca
La ricerca Coesis presentata lo scorso 26 marzo è stata effettuata su un campione di 204 casi ben distribuiti su scala geografica (23% Nord Ovest, 22% Nord Est, 20% Centro, 35% Sud-Isole) e tra pubblico e privato (rispettivamente 61% e 39%). Quanto al target, il 56% è rappresentato da economi, il 39% da responsabili uffici acquisti e il 5% da altre figure professionali.
Le determinanti di scelta
Il dato che salta di più all’occhio è quello delle determinanti di scelta: il vertice, con il 12% delle preferenze, è occupato dalla voce Referenze. Un dato a suo modo sorprendente, e comunque molto significativo. Amadori ha spiegato, cosa che spesso si dimentica, che quello delle pulizie è, nella sua parte privata (per il pubblico non si può dire altrettanto, visto che vigono i meccanismi dell’appalto), “un mercato relazionale, fatto cioè di rapporti umani, di reputazione, di “pedigree”. Ciò è dovuto alla pluralità dei clienti che usufruiscono dei servizi di pulizia, unite alla frammentazione e alla polverizzazione delle imprese”. E’ dunque centrale costruirsi una buona immagine, e questo lo si fa nel tempo, con la soddisfazione della clientela, che diventa automaticamente il primo “sponsor” dell’impresa. La voce Referenze, infatti, è una voce “sintetica”, che comprende tanti aspetti. Al secondo posto, col 10%, si colloca il Piano di lavoro: il che significa che l’innovazione, e l’ingegnerizzazione del servizio, hanno un peso determinante per essere scelti. “Questo è un mercato “metabolico” -ha commentato Amadori-, che richiede un lavoro silenzioso ma costante, e con una pianificazione e rispetto dei tempi assoluti. Insomma, il servizio di pulizia dev’essere in primo luogo ben organizzato, e contribuire costantemente al funzionamento del sistema: importanti sono dunque i processi organizzativi. La voce Costi si ferma all’8%, la qualità del servizio al 7%, la legalità e l’onestà dell’azienda rispettivamente al 4% e al 3%. Ciò non significa, naturalmente, che l’impresa debba lavorare male o essere disonesta, tutt’altro: “Questi valori vengono considerati dei must be, cioè dati per scontati in un marcato serio e maturo, e questo giustifica le basse percentuali ottenute. La logica è quella del sistema immunitario, che dev’essere estremamente evoluto per rispondere ai diversi e mutevoli fattori che minacciano un organismo”. E infatti, se poi si chiede di attribuire (in senso assoluto) un valore tra 1 e 5 a fattori come efficacia/efficienza, qualità del servizio e onestà/legalità dell’azienda, le risposte sono in media molto alte: 4,66 per Efficacia/efficienza, 4,63 per Qualità, 4,61 per Onestà e 4,61 per Legalità, al pari della sicurezza (4,61%). Appena sotto i Costi, che anche qui non sono al vertice (4,58%), a testimonianza del fatto che la logica del ribasso inizia a perdere appeal. A proposito di questo, il 50% del campione ritiene che molte aziende appaltanti, per poter concorrere in una gara, devono tagliare molto i costi a discapito della qualità del servizio erogato.
Un lavoro che si vede e si percepisce
Ma al di là delle ben note difficoltà che affliggono il settore, c’è anche un’ottima notizia per le imprese: “Nonostante la situazione non facile, le imprese continuano a produrre un servizio di qualità. Una qualità che è anche percepita, visto che se si considerano le performance overall delle attuali aziende che effettuano le pulizie presso gli intervistati, ben il 93% del campione si dichiara molto (37%) o abbastanza (56%) soddisfatto”. Una classica domanda di customer satisfaction che ha prodotto risultati inaspettati: nessuno si è dichiarato per nulla soddisfatto, solo l’1% poco e il restante 6% così così. Se poi si passa a calcolare il valore medio su scala 1-5 delle risposte, vien fuori un dignitosissimo 4,29, cioè in media gli interpellati sono tra abbastanza e molto soddisfatti del servizio. Un dato che deve far riflettere tutti coloro che hanno la sensazione di svolgere un servizio poco visibile che “non si vede”, che non si percepisce: come ha detto Amadori “io per primo, quando la sera precedente è passata l’impresa che pulisce il mio ufficio, me ne accorgo eccome”. Un ottimo segnale per l’emersione del settore: in fondo, in questo senso il settore è già emerso, anzi veleggia ampiamente sopra il pelo dell’acqua.
Più soddisfatto il privato, che può scegliere i fornitori
Altre riflessioni, ancor più raffinate, emergono se si distingue tra soddisfazione del committente pubblico e di quello privato. Il privato è più soddisfatto: sommati gli abbastanza e i molto si arriva addirittura al 99% (66%+33%), mentre i così così coprono il restante 1%. Nel pubblico, invece, i soddisfatti si fermano alla (pur lusinghiera) quota dell’89% (49% abbastanza e 40% molto), e i cos’ così sono l’8% (i poco 2%). Insomma, il committente privato, che è più libero di scegliere il fornitore, se ne dichiara più contento, mentre nel pubblico, dove vige il meccanismo delle gare d’appalto, c’è più margine per l’insoddisfazione. Un dato che ci si poteva attendere, è chiaro, ma che comunque deve far riflettere.