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Divisione in lotti, decide la PA

Se l’appalto è di modesto valore la Pa può decidere di non suddividerlo ulteriormente in lotti. E’ quanto si evince dalla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 2044 del 3 aprile 2018, costituito dall’affidamento triennale “dei servizi di gestione e controllo di funzionamento delle aree di sosta automatizzata ed impianti di risalita meccanizzata ed altri servizi accessori (pulizia, nello specifico)” con gara indetta dal Comune di Orvieto. Valore, € 344.265,00 nel triennio, aggiudicazione con il criterio dell’Offerta economicamente più vantaggiosa.

Ora, uno dei partecipanti ricorreva contro la mancata suddivisione in lotti, adducendo l’eterogeneità dei servizi, e ottenendo ragione presso il Tar perché: nell’affidamento di servizi eterogeni tra loro, le stazioni appaltanti devono procedere a gare separate, ovvero ad un’unica gara suddivisa in più lotti funzionali o prestazionali, conformemente al settore di lavori, servizi e forniture richiesti, al fine di garantire un adeguato livello di concorrenza, soprattutto tra piccole e medie imprese, che diversamente si vedrebbero estromesse in caso di accorpamento di prestazioni disomogenee; nel caso di specie, sussisteva una assoluta disomogeneità dei servizi oggetto della procedura di appalto, concernenti, da un lato, attività di presidio, videosorveglianza e prevenzione di atti vandalici, dall’altro, attività di pulizia, igiene, ordine e smaltimento rifiuti dei parcheggi di proprietà della stazione appaltante; in applicazione dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e favor partecipationis, la stazione appaltante avrebbe pertanto dovuto procedere all’affidamento di detti servizi con gare separate, trattandosi di prestazioni funzionalmente diverse tra loro, rispetto alle quali deve garantirsi l’apertura alla concorrenza e dunque l’economicità delle stesse nella misura più ampia possibile.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha ribaltato la decisione fin dai suoi presupposti, procedendo puoi a una disamina puntuale del caso.

I giudici del CdS, innanzitutto, osservano che la disciplina di gara non contiene alcun riferimento ai servizi di “vigilanza e custodia” di beni mobiliari ed immobiliari (“attività di presidio, videosorveglianza e prevenzione di atti vandalici”), come emerge dall’esame degli artt. da 3.1 a 3.13 del Capitolato speciale di appalto, che definiscono in dettaglio le attività prestazionali poste a carico del gestore e le specifiche operative richieste e da cui si evince ineuqivocabilmente che oggetto di appalto non è la “vigilanza e custodia”, bensì la “gestione e controllo delle attività di funzionamento” delle aree di sosta automatizzate e degli impianti di risalita.

Pertanto, già il presupposto del ragionamento del TAR non si può condividere.

Basandosi sull’“assoluta disomogeneità” dei servizi oggetto di affidamento unitario, il TAR ha inoltre affermato la necessità di un’unica gara suddivisa in lotti, al fine di garantire l’accesso alla selezione da parte delle micro-imprese, piccole e medie imprese, le quali, “diversamente, si vedrebbero estromesse in caso di accorpamento di prestazioni disomogenee”, alla luce della disciplina normativa di cui agli artt. 30, 51 e 81 d.lgs. n. 50-2016.

Nel caso in esame tuttavia può ragionevolmente escludersi che la disciplina di gara contestata possa produrre effetti restrittivi della concorrenza in danno alle micro-piccole e medie imprese, stante il valore economico oggettivamente modesto dell’appalto (€ 344.265,00 nel triennio).

Peraltro, è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50-2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163-2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.

Il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti, mentre, come detto, l’appalto in esame non è di elevato importo economico e la scelta del Comune di Orvieto è motivata, come sarà meglio esplicitato ai punti nn. 4 e 5 della presente decisione, in modo del tutto ragionevole e, perciò, sottratta al sindacato del giudice di legittimità, non ravvisandosi manifesta illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà nel tenore della medesima.

In particolare, ad avviso della Sezione, l’adozione dell’opzione del lotto unico risulta ragionevole perché la commessa riveste carattere unitario, in quanto sia il servizio di gestione e controllo sia il servizio complementare di pulizia hanno ad oggetto le medesime aree di parcheggio e i medesimi impianti di risalita.

Inoltre, si tratta di servizi che rispondono alla medesima finalità di garantire il corretto funzionamento e la migliore fruibilità del sistema integrato composto da parcheggi e impianti di mobilità alternativa.

La scelta di non frazionare l’appalto in lotti, nel caso in cui l’unitarietà sia imposta dall’oggetto dell’appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalla situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare può ritenersi ragionevole e non illogica o arbitraria: non può sottacersi infatti, sotto altro concorrente profilo, che le attività prestazionali oggetto dei suddetti servizi non esigono specializzazioni, né qualifiche particolari che impongano, giustificano o rendano anche solo opportuna una suddivisione in lotti.

 

Link sentenza CdS 3/4/18

 

 

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