HomeNewsletterDimissioni tacite dopo i 15 giorni di assenza ingiustificata

Dimissioni tacite dopo i 15 giorni di assenza ingiustificata

C’è un tema sottile che si nasconde (ma non troppo) nelle pieghe di quanto chiarito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota 579 del 22 gennaio 2025, che fornisce indicazioni in merito alle novità introdotte dall’art. 19 della Legge n. 203/2024 (cd. Collegato Lavoro) in materia di risoluzione del rapporto di lavoro per assenze ingiustificate. La sostanza è questa: il giro di vite sulle assenze ingiustificate, che ha portato il legislatore a tipizzare i “fatti concludenti” che giustificano il recesso unilaterale da parte datoriale (come ben chiarito dall’INL), è davvero sempre un vantaggio per le imprese? Sì e no.

La questione

Ma partiamo dai fatti: facendo seguito alla precedente nota n. 9740/2024, l’Ispettorato prende in esame quanto disposto dalla nuova norma, che integra la disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con l’aggiunta del comma 7-bis all’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, introducendo nell’ordinamento la fattispecie delle dimissioni “per facta concludentia” (fatti concludenti), ovvero dimissioni che, seppur non esplicite (si parla appunto di “tacite”), sono sancite da comportamenti inequivocabili.

Lo scioglimento del rapporto: i 15 “fatidici” giorni

Si prevede in particolare che, in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal CCNL applicato o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, scatta lo scioglimento del rapporto di lavoro su iniziativa del datore di lavoro, con comunicazione alla sede territoriale INL che potrà verificarne la veridicità. 

I “fatti concludenti”

La comunicazione ha l’effetto di risolvere automaticamente il rapporto, valorizzando l’assenza ingiustificata come comportamento concludente indice della volontà del lavoratore di dimettersi (salvo che dimostri che l’assenza è avvenuta per cause di forza maggiore). La disciplina trova la sua ragion d’essere principale nella necessità di sollevare l’azienda dagli oneri derivanti da un licenziamento disciplinare, e la nota fornisce dettagliate indicazioni operative e procedurali ai datori.  In particolare, il datore è tenuto ad inviare -preferibilmente a mezzo PEC- una comunicazione all’ indirizzo istituzionale della sede territorialmente competente.

Il contenuto della comunicazione

Questa dovrà contenere tutte le informazioni di cui si è a conoscenza, non solo dati anagrafici ma anche recapiti telefonici e mail. A tal proposito l’Ispettorato ha messo a disposizione un modello apposito. Si sottolinea che tale comunicazione va effettuata laddove il datore abbia preliminarmente verificato il protrarsi dell’assenza ingiustificata oltre i termini consentiti e solo qualora intenda far valere tale assenza ingiustificata ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro.

La verifica INL

Una volta ricevuta la comunicazione, l’ Ispettorato potrà procedere con le verifiche: oltre a contattare il diretto interessato, potrà anche procedere all’intervista di altro personale impiegato o altri soggetti che possano fornire elementi utili ai fini dell’accertamento. In questo l’ Ispettorato garantisce la massima tempestività: il termine è di 30 giorni dalla ricezione della comunicazione.  A quel punto il datore di lavoro può procedere con la comunicazione UNILAV della cessazione del rapporto.

Attenzione alla “giusta causa”

Laddove all’esito dell’accertamento è riscontrata la non veridicità della comunicazione datoriale, o il lavoratore dia prova dell’impossibilità di comunicare i motivi per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, l’ Ispettorato procede a comunicare la ricostituzione del rapporto ad entrambe le parti. Se vengono riscontrate gravi inadempienze del datore di lavoro, tali da costituire gli estremi di giusta causa, l’INL potrà riqualificare le dimissioni in “per giusta causa”.

Una riflessione

Arriviamo ora, come anticipato, a fare qualche riflessione, sottolineando che è importante leggere queste novità alla luce di quanto previsto dalla legge di Bilancio per il 2025, che introduce una misura anti-elusiva in materia di Naspi, nella logica di rendere più difficile l’accesso a questo ammortizzatore. In base alla nuova normativa, il lavoratore  che si dimette oppure risolve consensualmente il rapporto di lavoro  e nei 12  mesi successivi viene assunto e licenziato da una nuova azienda, prima di aver maturato almeno 13 settimane di contributi, non avrà diritto alla Naspi.

Non sempre un vantaggio

Il quadro ora è completo: nel senso che, se da un lato le dimissioni per fatti concludenti sono senza dubbio una tutela per il datore (nel nostro settore, altamente labour intensive, non sono infrequenti i casi di lavoratori che “spariscono per settimane o mesi salvo poi tornare e pretendere il loro posto), dall’altro depotenziano e vanificano una modalità di “scivolo” che poteva rivelarsi molto utile in caso di situazioni difficili o conflittuali, specie con lavoratori vicini alla quiescenza.

Più difficili gli “scivoli” conciliativi

E sappiamo bene quante volte questo tipo di prassi conciliativa, gestita anche davanti ai rappresentanti sindacali, si sia rivelata un modo utile e vantaggioso per entrambe le parti di “accompagnare” il dipendente al termine della sue vita lavorativa in modo concordato e non traumatico. Ora questa previsione di legge rende tutto più complicato, con ricadute che non tarderanno a farsi sentire specialmente, ribadiamo, nei settori ad alta e altissima intensità di manodopera come quello delle pulizie/ servizi integrati/ multiservizi.

Link nota INL 579_25

Link “collegato lavoro”

Link legge Bilancio 2025

 

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