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Dimissioni di fatto, ulteriori chiarimenti operativi

Dimissioni per fatti concludenti, ennesimo capitolo. Parliamo della legge 13 dicembre 2024, n. 203, recante “Disposizioni in materia di lavoro”, entrata in vigore il 12 gennaio 2025, che all’articolo 19, rubricato “Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro”, ha introdotto una nuova fattispecie di risoluzione: tra le sue finalità non sfugge quella di mettere un freno allo sfruttamento “selvaggio” della Naspi.

La nuova norma

La nuova norma recita così: “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro … o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può’ verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.

Diversi i documenti di chiarimento

Ne abbiamo già parlato diffusamente, come abbiamo già dato conto dei (non pochi) dubbi e perplessità procedurali legati al nuovo provvedimento. A testimonianza di uno scenario non lineare, già pochi giorni dopo la sua entrata in vigore sono stati diffusi da più parti  diversi documenti di chiarimento operativo e interpretativo: tra questi la nota Inl 579/2025, la circolare Inps 3/2025 e il messaggio 639/2025 sempre da parte dell’Inps. Infatti la nuova procedura ha una ricaduta anche sulla contribuzione dovuta all’Inps per il finanziamento della Naspi e, in particolare, sul ticket di licenziamento di cui alla legge 92/12.

Introdotto il nuovo codice 1Y

Per questo, con il messaggio 639 del 19 febbraio scorso, l’Istituto introduce il codice “1Y”, da utilizzare nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro nella circostanza sopra citata. Il messaggio risulta inoltre di particolare interesse perché riepiloga il quadro complessivo venutosi a creare a seguito delle novità di legge recentemente introdotte.

Non si applicano le tutele del jobs act

In base a quanto previsto dalla norma in argomento -vi si legge- in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre quindici giorni, il datore di lavoro ha l’obbligo di darne comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (e inoltrare il modello Unilav), che può verificarne la veridicità. In tale fattispecie il rapporto di lavoro si intende risolto con effetto immediato, e non si applicano le formalità previste dall’articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015 per le dimissioni volontarie del lavoratore, ossia la comunicazione e la sua eventuale revoca, a pena di inefficacia, in via telematica, nonché il rispetto del termine di preavviso.

L’iter delineato dalla nota INL 579

L’iter che il datore deve seguire in questa fattispecie è stato delineato dall’Inl nella nota 579/2025, con cui è stato anche diffuso un modello di comunicazione che va usato dall’azienda per notificare all’organismo ispettivo il concretizzarsi della fattispecie.

Il caso di impossibilità per forza maggiore

L’effetto risolutivo del rapporto può tuttavia non essere applicato laddove il lavoratore dimostri “l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”. Al riguardo il legislatore pone dunque in capo al lavoratore l’onere di provare non tanto i motivi che sono alla base dell’assenza, bensì l’impossibilità di comunicare gli stessi al datore di lavoro o comunque la circostanza di averli comunicati.

Negato l’accesso alla Naspi

Per effetto della risoluzione del rapporto di lavoro disciplinata dal comma 7-bis dell’articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015, introdotto dall’articolo 19 della legge n. 203/2024, il lavoratore non può accedere alla prestazione di disoccupazione Naspi, in quanto la fattispecie non rientra nelle ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro come richiesto dall’articolo 3 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (cfr. la circolare n. 94/2015). Inoltre, nel caso in cui la risoluzione di rapporto di lavoro si riferisca a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il datore non è tenuto al versamento del contributo dovuto per l’interruzione di un rapporto a tempo indeterminato, in quanto tale cessazione del rapporto di lavoro non fa sorgere in capo al lavoratore il teorico diritto alla Naspi.

INL – Nota n. 579_2025

Link messaggio Inps 639/25

Link Circolare INPS 3/25

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