Il tema dei Contratti collettivi, e in particolare della loro applicazione nell’esecuzione degli appalti di pulizie/ multiservizi/ servizi integrati, è tra i più controversi e dibattuti nel settore, visto anche il proliferare di accordi, associazioni datoriali e soprattutto sigle sindacali che, in ultima analisi, non sembrano godere di sufficiente rappresentatività. Non è un caso che il nuovo Codice degli appalti pubblici (dlgs 36/2023, efficace dal 1° luglio), riservi massima attenzione alla questione.
L’art. 30 del dlgs 50/16: una pioggia di contenziosi
Facciamo un passo indietro: il dlgs 50/16 (vecchio Codice), stabiliva all’art. 30 che venisse applicato al personale impiegato il contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente. Una disposizione foriera di numerosi contenziosi e discrepanze interpretative.
Il nuovo Codice, art. 11: maggiore chiarezza e possibilità di Ccnl “equivalente”
Più chiaro e in un certo senso tutelante per imprese e lavoratori appare l’articolo 11 del nuovo codice, che prevede l’indicazione dei contratti collettivi applicabili al personale dipendente impiegato negli appalti già nei bandi e negli inviti delle stazioni appaltanti. L’operatore economico già dalla prima offerta potrà indicare il differente contratto collettivo applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante. Quest’ultima prima di procedere all’eventuale affidamento dovrà acquisire la dichiarazione con cui l’operatore economico si impegna ad applicare il Ccnl indicato per l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto per tutta la loro durata, o la dichiarazione di equivalenza (un concetto sul quale, c’è da scommetterci, vi sarà non poco da disquisire…). Ma analizziamo l’articolo 11 più in profondità.
I singoli commi
Nei primi 5 commi si prevede che: “1. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni e’ applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attivita’ oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente (con ciò riprendendo l’articolato del vecchio Codice) 2. Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione, in conformita’ al comma 1. 3. Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purche’ garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente. 4. Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest’ultimo caso, la dichiarazione e’ anche verificata con le modalita’ di cui all’articolo 110. 5. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto.” Il comma 6 può essere interpretato nel senso che il Rup – Responsabile unico del progetto, conformemente a quanto previsto in caso di mancato pagamento delle retribuzioni, possa invitare il soggetto inadempiente (appaltatore e/o subappaltatore) a sanare l’irregolarità entro 15 giorni. Ma cosa accade in regime di “transitorietà”? In altre parole, come orientarsi nel caso un nuovo Ccnl intervenga in pendenza di esecuzione dell’appalto o verifica di congruità?
Palazzo Spada: valutazione di congruità da riferirsi all’esecuzione
Molto interessante, a tale proposito, è la recentissima sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 7 luglio 2023 n. 6652, proprio sull’applicazione del Contratto collettivo nazionale di settore intervenuto nel corso della procedura di verifica di congruità dell’offerta. I giudici di Palazzo Spada, in particolare, hanno chiarito che: la valutazione di congruità dell’offerta presentata in gara deve sempre essere riferita al momento dell’esecuzione del contratto e non soltanto alla fase dell’aggiudicazione; in fase di esecuzione, l’appaltatore deve garantire i trattamenti normativi ed economici previsti dai Contratti stipulati dalle Oo.Ss. e datoriali comparativamente maggiormente rappresentative; l’appaltatore deve applicare il Ccnl sopravvenuto durante il procedimento di verifica della congruità dell’offerta in quanto esso troverà applicazione nella fase successiva di esecuzione del servizio, anche in attesa della pubblicazione delle tabelle ministeriali; i maggiori oneri derivanti dall’applicazione del nuovo Ccnl devono trovare copertura nell’offerta stessa non potendo l’operatore economico farvi fronte con l’utile generale di impresa o risultante dal bilancio della società.