E chi ha detto che i social network servono solo a perdere tempo? Addirittura Consip S.p.A., che ha ovviamente un sito ufficiale (www.consip.it), ha deciso di stare al passo coi tempi aprendo in maggio l’account @Consip_bandi. Diventandone follower le imprese e le pubbliche amministrazioni interessate saranno tempestivamente informate sulla pubblicazione dei nuovi bandi sul sito istituzionale e di tutti gli eventi che riguardano le gare: pubblicazione di chiarimenti, eventuali proroghe o rettifiche, aggiudicazione. E c’è di più: oltre all’account, sono attivi, e ricchi di spunti e informazioni, anche gli hashtag #GareConsip e #Consip. E’ importante sottolineare che l’account @Consip_bandi non potrà rispondere a richieste di chiarimenti o ad altre domande e questioni, permanendo per queste finalità esclusivamente i canali previsti dalle norme vigenti. Va sottolineato a questo proposito che il sito www.consip.it rimane comunque la fonte di informazione ufficiale.
La notizia è molto importante perché segna un cambio di passo: e ci fa capire che i social network sono destinati, in un futuro sempre più prossimo, a diventare un potente volano di informazioni anche istituzionali. Che diventeranno, quindi, sempre più rapide, immediate e diffuse. Ma se Consip (nata peraltro con una forte vocazione informatica) è già pronta all’ “apertura”, altrettanto, purtroppo, non può dirsi per tutte le pubbliche amministrazioni e per gli altri soggetti, a cominciare dalle imprese, che hanno tutto l’interesse ad essere informati in tempo reale sulle novità del mondo Consip. Infatti al momento, circa un mese dell’attivazione dell’account, i followers dell’account di Consip sono appena 141. Sarebbe il momento, soprattutto per le imprese, di cogliere le opportunità offerte dai nuovi canali di informazione. Soprattutto quando basta qualche clic a costo zero.
Il caso della pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani
E intanto scoppia il “caso” sull’obbligo della pubblicazione dei bandi di gara sulla carta stampata, una materia su cui Renzi contava di risparmiare un bel gruzzolo. Il Dl 66 del 24 aprile 2014 (il cosiddetto “decreto Renzi”, contenente misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale) aveva infatti abolito la pubblicazione dei bandi sui quotidiani cartacei, lasciando alla sola Gazzetta Ufficiale e ai siti web la pubblicità legale. Proprio su Twitter, all’ormai noto hashtag #matteorisponde, il premier aveva ribadito: «Nell’operazione della spending review abbiamo scelto di tagliare diversi investimenti del pubblico, uno tra questi è l’obbligo di pubblicare i bandi di gara sui giornali». «È un’operazione che vale 100 milioni di euro», aveva detto. «Noi pensiamo che ora sia il momento di Twitter, di Facebook e dei social quindi che non ci sia bisogno di obbligare a comprare spazi». Tutto corretto, almeno in apparenza. Le imprese, però, sapevano bene fin dall’inizio che i risparmi per lo Stato non sarebbero stati così cospicui, semplicemente per il fatto che, come previsto da una norma del decreto montiano “sviluppo bis” (comma 35 dell’articolo 34 del decreto legge 179/2012), per le gare avviate dopo il 1° gennaio 2013 tutti gli oneri per la pubblicazione dei bandi e gli avvisi relativi all’aggiudicazione devono essere “rimborsati alla stazione appaltante dall’aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall’aggiudicazione”. Ne consegue che chi si aggiudica una gara, e cioè l’impresa, abbia come primo onere proprio quello di rifondere la stazione appaltante delle spese sostenute per la pubblicazione del bando su giornali e Gazzetta Ufficiale. D’altra parte, anche le reazioni dal mondo dell’editoria non hanno tardato a farsi sentire: se da un lato lo Stato non avrebbe risparmiato nulla, dall’altro i giornali avrebbero perso 120 milioni di euro l’anno, con importanti ricadute occupazionali sull’indotto (in un momento in cui la disoccupazione tocca i massimi storici). Per queste ragioni il Governo ha fatto dietrofront: nella serata del 3 giugno, infatti, il provvedimento è stato rinviato dalle commissioni Bilancio e Finanze del Senato, con un emendamento al decreto legge Irpef che ha fatto slittare al 1° gennaio 2016 lo stop all’obbligo di pubblicità istituzionale sulla carta stampata. Resta il fatto che, a questo punto, i costi per la pubblicazione cartacea restano, almeno fino al 2016, in capo alle imprese.