HomeNewsletterConsiglio di Stato: no alle “intese restrittive della concorrenza”

Consiglio di Stato: no alle “intese restrittive della concorrenza”

Mentre su tutti i media si rincorrono le notizie relative al caso “FM4”, la megaconvenzione da 2,7 miliardi sulle cui presunte dinamiche illecite si discuterà ancora per molto, sul “sistema Consip” continuano a piovere pesanti tegole anche dai vertici della giustizia amministrativa.

Recentissima è la notizia che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1038 del 6 marzo 2017, pronunciandosi sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8362 del 2016,  ha confermato l’illegittimità della procedura aperta, indetta da Consip, per l’affidamento dei servizi integrati di vigilanza nei siti in uso alla PA pubblicata nell’ottobre del 2015. Come si ricorderà alcuni mesi fa questa procedura era stata al centro del pronunciamento del Tar Lazio (sentenza 9441/16), che aveva annullato il bando, suddiviso in 13 lotti di valore piuttosto elevato, in quanto sproporzionato rispetto alla effettiva situazione del mercato, non rispettoso del principio del “favor partecipationis” e, in ultima analisi, lesivo del diritto delle PMI del comparto alla partecipazione diretta ed autonoma. Tutto confermato anche in sede di CdS: respingendo il ricorso proposto dalla centrale d’acquisto nazionale, i giudici di Palazzo Spada hanno ribadito che “le dimensioni dei lotti, i requisiti di fatturato richiesti, la possibilità di partecipare a più lotti e il cumulo di requisiti imposto per questa eventualità sono sproporzionate rispetto alle esigenze di massima concorrenzialità e – come evidenziato dal Tribunale amministrativo – irragionevolmente lesive dell’interesse della stessa amministrazione a favorire la più ampia partecipazione di operatori privati al fine di conseguire i maggiori risparmi economici che solo un confronto competitivo ampio può assicurare.”

Non dimentichiamo poi un altro caso, che poco più di un anno fa destò scalpore nel mondo dei servizi, su cui sempre il Consiglio di Stato si è recentemente pronunciato in modo molto chiaro: ci riferiamo al provvedimento n. 25802 del 22 dicembre 2015 (e gli atti presupposti e consequenziali), con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) aveva ritenuto accertato, alla luce degli acquisiti elementi di prova ‘esogeni’ ed ‘endogeni’, che una manciata di importanti player del mercato del facility management, in occasione di una gara d’appalto indetta dalla Consip s.p.a. -pubblicata sulla G.U.U.E. del 14 luglio 2012 e sulla G.U.R.I. del 16 luglio 2012- per l’affidamento, mediante stipula di convenzioni, dei servizi di pulizia e di altri servizi funzionali al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili di istituti scolastici di ogni ordine e grado e dei centri di formazione della PA, aveva posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’ articolo 101 TFUE, consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti da aggiudicarsi nel limite massimo fissato dalla lex specialis, irrogando alle predette imprese salatissime sanzioni amministrative pecuniarie.

Avverso questo provvedimento le imprese sanzionate avevano avanzato ricorsi al Tribunale amministrativo per il Lazio.  Il riferimento è ai ricorsi n. 3540, 3542 e 3575 del 2016, che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio accoglieva però solo parzialmente, “limitatamente ai motivi che investivano la determinazione dell’ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria”, annullando il provvedimento impugnato nella sola parte che irroga la sanzione, e rinviando all’Autorità per la nuova, concreta quantificazione di essa. Per il Tribunale Amministrativo, in sintesi, l’Agcm si è mossa secondo un principio sostanzialmente corretto.

Senonché le imprese resistevano con ricorsi numero di registro generale 9104, 9322 e 9404 del 2016, per la riforma delle sentenze del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I, nn. 10303, 10307 e 10309/16. Articolati e complessi l’analisi e lo sviluppo dei diversi motivi che hanno portato il CdS a confermare la correttezza dei provvedimenti emessi dal Garante per la concorrenza. Al di là dell’aspetto legato alla mera quantificazione delle sanzioni, ciò che è importante è ovviamente il principio sancito da questa sentenza, una delle non poche, emesse ultimamente dalla giustizia amministrativa in entrambi i suoi gradi, destinate a “fare scuola”.

Al di là delle singole imprese, di cui non ricordiamo in questa sede i nomi, a finire sotto i riflettori, ancora una volta, è l’intero sistema di “aggregazione degli acquisti”, che accorpando la domanda in modo “spinto” (si parla di una gara da oltre 1 miliardo di euro divisa in una manciata di lotti, e pertanto accessibile soltanto a pochissimi “top player”), di fatto potrebbe precostituire le condizioni per la creazione di oligopoli. Si tratta senza dubbio di un caso su cui riflettere.

Sent. n. 1038-201 7 del 6 marzo 

Link Sentenza 740 del 20 febbraio

Link sentenza Tar Lazio 927 del 28 febbraio

Sentenza Tar Lazio 928 del 28 febbraio

 

 

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