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Comuni non capoluogo, stop agli appalti non aggregati

Due provvedimenti (le spending review degli anni scorsi e la Legge di Stabilità 2016) che in parte si accavallano, un unico denominatore comune: l’aggregazione degli acquisti per i comuni non capoluogo e il divieto, per questi ultimi, di bandire gare in autonomia sopra i 40mila euro.

Sono appena scattati, il 1° novembre scorso, gli obblighi previsti dalle precedenti “spending review” (fra le altre ricordiamo la “tagliola” montiana del 2012 e poi le modifiche al Codice degli Appalti introdotte dalla 90/2014, i cui termini erano stati rinviati più volte): i comuni non capoluogo di provincia procederanno all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni o costituendo un apposito accordo consortile e ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province.

Il che significa, all’atto pratico, che l’Anac, come chiarito anche dal comunicato del 10 novembre di Raffaele Cantone, blocca il rilascio dei Cig (Codici identificativi Gara, necessari per bandire gare d’appalto) ai comuni non capoluogo che vogliano bandire gare per un valore di oltre 40mila euro:

Il comunicato dell’Anac ricorda che l’ art. 33, comma 3-bis del d.lgs n. 163/06 L’attuale art. 33, comma 3-bis del d.lgs n. 163/06, nel testo modificato dapprima dal d.l. n. 66/2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 89/2014, e da ultimo dall’art. 23bis della legge n. 114/2014, a sua volta modificato dall’art. 8 comma 3ter della legge n. 11/2015 e dall’art. 1 comma 169 della legge n. 107/2015, prevede che i Comuni non capoluogo di provincia procedano all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i Comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle Province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle Province, ai sensi della legge n. 7 aprile 2014, n. 56.

In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. Al fine di garantire l’attuazione del disposto normativo, il medesimo comma 3bis prevede, inoltre, che l’Autorità non rilasci il codice identificativo gara (CIG) ai Comuni non capoluogo di provincia che procedano all’acquisizione di lavori, beni e servizi in difformità ai previsti obblighi di aggregazione.

A seguito di successivi interventi normativi, precedentemente richiamati, il termine inizialmente previsto per l’entrata in vigore delle disposizioni in questione, e originariamente fissato con riferimento alle gare bandite dal 1° gennaio 2015 per i servizi e le forniture, è stato prorogato al 1° novembre 2015, prevedendosi, altresì, la possibilità per i soli Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti di procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro.

Ciò premesso -ricorda Cantone- a decorrere dal 1° novembre 2015 il CIG non è più rilasciato ai responsabili del procedimento che non dichiarino espressamente di trovarsi in una delle condizioni ammesse dalle sopra richiamate disposizioni, e segnatamente il CIG non è più rilasciato:

1) a tutti i Comuni non capoluogo di provincia che procedono all’acquisto di lavori, servizi e forniture in violazione degli obblighi di centralizzazione/aggregazione previsti dal comma in questione per importi superiori a 40.000 euro;
2) ai soli Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti che procedono all’acquisto di lavori, servizi e forniture in violazione degli obblighi di centralizzazione/aggregazione previsti dal comma in questione per importi inferiori a 40.000 euro (un vincolo che potrebbe essere rimosso dalla legge di Stabilità per il 2016, ma il condizionale è d’obbligo).

C’è dunque una deroga: i comuni con più di 10mila abitanti potranno procedere autonomamente all’acquisto di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40mila euro.

E a giudicare da quanto si prevede per il 2016, la direzione intrapresa non cambia, anzi, si rafforza: sempre nell’ottica dell’aggregazione e razionalizzazione della spesa pubblica, la Legge di Stabilità per il 2016, varata dal Governo il 15 ottobre e oggi al vaglio di Palazzo Madama, ribadisce il concetto: soggetti non capoluogo obbligati ad aggregarsi o acquisizione mediante strumenti telematici gestiti da Consip da altro soggetto aggregatore di riferimento. Confermato anche che ai comuni che non rispetteranno le nuove regole l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) non rilascerà il Codice identificativo di gara (Cig). Ma c’è di più: sarebbe pronto al varo anche un Dpcm che individua 35 soggetti aggregatori (selezionati dall’Anac), suddivisi per settori fra cui acquisti sanitari, pulizie e facility.

Link “spending review” 2014 (90/14)

Comunicato Anac 10 novembre

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