Siamo di fronte a un cambio d’appalto nel settore dei servizi, e quello che si contestava è la violazione del noto “art. 4” del Ccnl multiservizi, che prevede appunto la cd. “clausola sociale”, ossia l’obbligo per l’impresa subentrante di assorbire il personale dell’impresa uscente a tutela dell’occupazione dei soggetti contrattualmente più deboli, vale a dire i lavoratori.
Nel dettaglio, una cooperativa -piazzatasi al quarto posto nella graduatoria di aggiudicazione di una gara per servizi di biglietteria presso un notissimo monumento italiano- chiedeva l’annullamento in giudizio della determina di aggiudicazione definitiva. Motivo, appunto, il mancato rispetto da parte dell’impresa aggiudicataria delle norme che disciplinano l’obbligo di riassorbimento imposto dalla legge e della contrattazione collettiva; in particolare il citato art. 4 del ccnl multiservizi, oltre che il Codice degli appalti (qui si parla ancora del 50/15, art. 50, essendo la gara dello scorso anno) e la lex specialis di cui al bando di gara. Infatti, a fronte del tendenziale obbligo di assorbimento totale del personale uscente, l’impresa vincitrice presentava un piano soltanto per 73 dipendenti su 181.
D’accordo, ma che fare quando l’impresa aggiudicataria dispone già di proprio personale per gestire l’appalto e, fra l’altro, non è in grado di ricollocare quest’ultimo, a propria volta, su altri cantieri? Il caso è frequente -anche nel settore pulizie/multiservizi/ servizi integrati, e qui si apre un problema di non semplice soluzione.
A questo proposito si è espressa in passato anche l’Anac, che ha optato per una lettura “morbida” degli obblighi di riassorbimento, che devono comunque risultare compatibili con l’organizzazione dell’impresa. Di tale avviso anche i giudici del Tar, che ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato sez. V giurisdizionale (su tutte sent. 4539/22, che ha escluso l’automatismo di applicazione della clausola sociale su servizi di archivio e gestione documentaria), secondo cui in sede di gara pubblica alla clausola sociale non può essere attribuito un effetto rigido, automatico e generalizzato. Oltretutto il vincolo della clausola sociale, infatti, si diluisce quando il subentrante sia già in possesso di una propria struttura.
Che si tratti di una questione molto sentita e controversa lo dimostra il grande numero di pronunciamenti dei tribunali amministrativi in ogni parte d’Italia (Tar Napoli 2621/2023, Tar Marche 329/2022, Consiglio di Stato, 2433/2016).
Significativo, sul punto, è il caso deciso dal Tar Parma (85/2023), che ha escluso il dovere di riassorbimento automatico per una questione legata alla formazione (i nuovi dispositivi utilizzati dall’impresa subentrante necessitavano di conoscenze tecniche appannaggio soltanto del suo personale). Non di rado accade anche l’opposto, e cioè che l’impresa uscente non desideri cedere il proprio personale e voglia invece tenerselo “ben stretto” (si veda il fatto affrontato da Palazzo Spada nel 2018 con sent. n. 5551).
Nel frattempo, fra l’altro, è entrato in vigore un nuovo Codice dei contratti, il 36/23, pienamente vigente da luglio. In tema di riassorbimento e tutela sociale, il nuovo testo è ancora più preciso e dettagliato del precedente: prevede infatti tale obbligo per le gare sopra e sotto soglia (150mila euro per i lavori, 140mila euro per servizi e forniture), espungendo il riferimento all’intensità della manodopera impiegata ed estendendo di fatto l’obbligo a tutti gli appalti di lavori e servizi.
Il primo c. dell’art. 57 recita infatti:
“Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti, tenuto conto della tipologia di intervento, in particolare ove riguardi il settore dei beni culturali e del paesaggio, e nel rispetto dei principi dell’Unione europea, devono contenere specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto o della concessione e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, nonché a garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare”.