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Cessazione appalto: si al licenziamento senza criteri

Torniamo sul tema dei licenziamenti, per indagare un caso piuttosto ricorrente nelle imprese del settore pulizie/multiservizi/servizi integrati.

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25653/17 (27 ottobre 2017) ha convalidato un licenziamento per giustificato motivo oggettivo a causa della soppressione della posizione lavorativa del dipendente. La questione riguardava un recesso intervenuto perché la posizione lavorativa del dipendente era stata soppressa a seguito della cessazione di un appalto.

In questo caso si parla di trasporto pubblico locale, ma il fatto è facilmente applicabile anche al nostro settore. Il lavoratore, licenziato insieme a tutti gli altri tre colleghi impiegati in quello specifico appalto, ha proposto ricorso (respinto già dai primi due gradi) adducendo la mancata applicazione, da parte datoriale, di trasparenti criteri di scelta dei dipendenti da licenziare (art. 5 legge 223/1991). Secondo il dipendente, in pratica, la selezione dei lavoratori da licenziare sarebbe dovuta avveitre nei confronti dell’intero complesso aziendale ed in esso tra i lavoratori svolgenti le mansioni identiche. Il problema era che nel caso in oggetto ciò non era possibile, in quanto in azienda non esistevano posizioni analoghe. E pertanto la Cassazione ha validato il recesso “senza criteri”.

La censura –si legge fra l’altro nella sentenza- è infondata perché il licenziamento in controversia non trova ragione in una generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, bensì nella soppressione di un servizio legato alla cessazione di un appalto, sicché il nesso causale che deve sussistere tra la ragione organizzativa o produttiva posta a fondamento del recesso … e la soppressione del posto di lavoro è idoneo, di per sé, ad individuare il personale da licenziare, tanto che nella specie sono stati licenziati tutti i dipendenti addetti a quel servizio, senza ulteriore esigenza di fare ricorso ai criteri integrativi di correttezza e buona fede per la selezione dei licenziandi”.

Al di là del caso specifico, tuttavia, molto importante appare il principio generale fissato dagli Ermellini: con la sentenza in oggetto, infatti, la Corte ha affermato che è valido un licenziamento  motivato dalla cessazione dell’appalto al quale lo stesso dipendente era adibito, non essendo applicabile, in via analogica, la selezione con altri lavoratori con analoga qualifica presenti e attivi in altri appalti. In pratica: se il licenziamento riguarda una specifica posizione, e non vi è la possibilità né di utilizzare il lavoratore con orario pieno su altri posti, né di selezionare fra una platea di dipendenti con mansioni analoghe, il licenziamento è valido anche senza criteri di scelta.

Link Sentenza Cassazione 25653/2017

Link legge 223/1991

 

 

 

 

 

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