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Ccnl, solo il 30% regolari: bollino blu del Cnel in arrivo

Concedeteci, giusto per sdrammatizzare, un po’ di facile ironia: finalmente il Cnel fa notizia. Il sorriso, però, si ferma sui denti, e ci mette poco a diventare amaro. Il fatto è che la notizia non è di quelle buone, tutt’altro.

Fioccano i contratti-pirata
Non che non lo immaginassimo, ma vederlo scritto così, nero su bianco, fa una certa impressione. Venendo al sodo, l’ultimo aggiornamento della Banca Dati dei Ccnl del Cnel (settembre 2017), ha evidenziato che la giungla dei Contratti collettivi sta assumendo proporzioni incontrollabili: tanto che su un totale di 868 contratti collettivi registrati, solo 300 risultano regolari, il 30% o giù di lì. A farla da padroni, in questo non certo esaltante scenario, sono i cosiddetti “contratti pirata”, che  presentano condizioni svantaggiose per i lavoratori i quali dovrebbero essere tutelati: al netto dei Ccnl scaduti, sono ben 500. Un’enormità!

Condizioni peggiorative per i lavoratori
Lo ha sottolineato il presidente del Cnel Tiziano Treu commentando i dati: “La quota prevalente è rappresentata dai cosiddetti contratti pirata, che presentano condizioni economiche o normative al di sotto degli standard contrattuali dei settori di riferimento.” Si tratta di un campanello d’allarme che mette in evidenza l’esistenza di una vera e propria giungla di contratti irregolari, che presentano condizioni peggiorative per i lavoratori coinvolti, e che fioccano come la neve che in questi giorni sta imbiancando la Penisola.

Si annuncia il “bollino blu” dei Contratti collettivi
Veniamo alla “pars construens”: per far fronte al caos dei contratti pirata, il Cnel ha annunciato l’intenzione di introdurre un sistema di certificazione: in particolare il Consiglio dell’Economia e del Lavoro indicherà con un bollino blu i contratti regolari, quelli, cioè, che rispettano determinati indicatori qualitativi e quantitativi. Parliamo di una procedura che avrà impatto anche sui benefici ai quali le aziende possono accedere, come incentivi alle imprese e partecipazione a gare d’appalto pubbliche, oltre a facilitare l’intervento degli ispettori. Dovesse entrare a regime, le imprese che applicano condizioni di lavoro al di sotto di determinati standard potrebbero andare incontro a seri problemi e anche le stazioni appaltanti, a partire dalla Pa, dovranno adeguarsi. Lo stesso Codice degli appalti richiama l’utilizzo di “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.”

Coinvolto anche il settore dei Servizi (26 Ccnl!)
Ora: il settore delle pulizie/ multiservizi/ servizi integrati non è certo esente da questo fenomeno, con ben 26 Ccnl attualmente attivi molti dei quali, diciamolo, “pirata”. Come ben sappiamo, la questione della rappresentatività dei Ccnl è salita più volte alla ribalta, e non è raro trovare condizioni contrattuali, a partire da quelle economiche, disallineate addirittura con le tabelle nazionali. Parliamo di riduzioni sulla retribuzione oraria che spesso arrivano al 30%, senza contare altri aspetti come la quattordicesima, le indennità di malattia e così via. E’ fondamentale, in questo senso, affidarsi a Contratti stipulati da parti sociali davvero rappresentative in senso comparativo.

La nozione di “comparativamente più rappresentative”
A questo proposito, la nozione di “comparativamente più rappresentativi” in relazione ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, introdotta nel nostro ordinamento già nel 1995, ha assunto ultimamente un valore sempre maggiore. Si tratta di una nozione molto importante, che si è affermata in giurisprudenza come strumento per determinare la legittimità o meno di contratti (“pirata” appunto) stipulati da organizzazioni che non godono di effettiva rappresentatività sul territorio nazionale.

Gli interventi del Ministero
Sulla questione il Ministero del Lavoro si è espresso più volte: importante, fra l’altro, la circolare prot. n. 37/10310/MA003.A004 del 1° giugno 2012, concernente proprio i criteri di individuazione dei Ccnl comparativamente più rappresentativi. Un chiarimento che aveva scatenato un vespaio, con tanto di ricorsi alla giurisprudenza amministrativa. Da allora, però, il principio è rimasto ben saldo ed è stato più volte confermato, con l’inclusione, all’interno delle Associazioni comparativamente più rappresentative, di quelle sigle che nel frattempo si sono sviluppate ed hanno acquisito tale “status”.

Gli elementi necessari per “validare” un Ccnl
Un altro documento rilevante è l’Interpello n. 27/2015 del Ministero del Lavoro. In questo documento si risponde alla questione su “quali siano gli elementi necessari per qualificare l’accordo collettivo come stipulato da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Ed ecco uno stralcio della risposta: “In relazione a quanto sopra questo Dicastero ha ritenuto opportuno riepilogare, con proprie circolari del 9 novembre 2010 e del 6 marzo 2012, nonché con circolare n. 13 del 5 giugno 2012, gli indici sintomatici già indicati dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, cui occorre fare riferimento ai fini della verifica comparativa del grado di rappresentatività in questione:

– numero complessivo dei lavoratori occupati;
– numero complessivo delle imprese associate;
– diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali);
– numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti.
Sul punto, peraltro, il Giudice amministrativo (cfr. TAR Lazio sent. n. 08865/2014) ha peraltro evidenziato come l’avverbio “comparativamente” introduca un elemento di confronto tra i predetti parametri, con la conseguenza che la maggiore rappresentatività delle organizzazioni stipulanti accordi collettivi è desunta da una valutazione comparativa degli indici sintomatici di cui sopra.”

Il Ccnl “Multiservizi”
Un principio generale importante fatto proprio dallo stesso Ministero del Lavoro, che in un documento  del 2 luglio ’15, in risposta a un interpello del Consiglio di Stato, sezione III, avente ad oggetto l’ordinanza n.2556/2015 reg.prov., aveva già fornito “chiarimenti sui criteri che sono, in concreto, utilizzati per individuare i contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi presi in considerazione per la predisposizione dei decreti con i quali sono state approvate le tabelle ministeriali del costo del lavoro”. Nel documento si prendono in esame i dati delle associazioni datoriali e OO.SS. firmatarie del CCNL “Multiservizi”, e cioè FISE-Confindustria, Legacoop Servizi, Federlavoro-Confcooperative, PSL-Agci, Unionservizi-Confapi, da parte sindacale, FILCAMS- Cgil, FISASCAT – Cisl, Uiltrasporti – Uil e FNIP- Confcommercio con un contratto proprio firmato dalle medesime rappresentanze sindacali. Il documento riporta i dati di queste organizzazioni, in pratica legittimandone la definizione di “comparativamente più rappresentative” e raffrontando i dati stessi con quelli di realtà piuttosto diverse per consistenza associativa, diffusione territoriale e contrattazione collettiva.

Link Interpello MinLav 27/15

Link Nota Min Lav 29 luglio 2015

 

 

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