La sentenza della Corte di Cassazione n. 4502, depositata l’8 marzo scorso, è destinata a costituire un importante precedente in tema di licenziamento in seguito al rifiuto di svolgere le nuove mansioni. Il tema è quello dell’idoneità fisica (reale o presunta) addotta dal lavoratore per argomentare la propria indisponibilità a svolgere le mansioni a cui il datore l’aveva destinato. Nel caso specifico la dipendente, senza fornire alcuna prova a supporto della sua posizione, si era semplicemente rifiutata di svolgere le nuove mansioni a lei assegnate (di pari livello professionale) lamentando uno stato di inidoneità fisica. In seguito a questo episodio, le era stato comminato il licenziamento per giusta causa. Mentre in primo grado il provvedimento di licenziamento era stato ritenuto legittimo proprio per il fatto che la dipendente non aveva addotto alcuna prova del suo stato, la Corte d’Appello ribaltava la sentenza sostenendo che non spetta al lavoratore fornire prove sulla propria idoneità fisica. Per la Cassazione le cose stanno come per il giudice di II grado, sulla base di una lettura dell’articolo 41 del decreto 81/08 secondo la quale non è la lavoratrice, ma il datore a dover verificare lo stato di idoneità al lavoro. Leggiamo quanto previsto dal testo di legge sulla sorveglianza sanitaria:
1) La sorveglianza sanitaria e’ effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee nonchè dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2) La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore e’ destinato al fine di valutare la sua idoneita’ alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneita’ alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità puo’ assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo’ disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente.
E ancora (c. 6)
6) Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.
Come si vede, il d 81 prevede esplicitamente una visita medica a cura del medico competente in caso di cambio di mansione. Attenzione dunque ai cambi di mansione contestati dai dipendenti: l’onere della prova dell’idoneità fisica spetta all’impresa, non al lavoratore.