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Cambio d’appalto o trasferimento di ramo d’azienda?

Come si ricorderà, il discrimine tra cambio d’appalto, normato nel nostro settore dall’art. 4 del Ccnl Multiservizi, e trasferimento di ramo d’azienda, soggetto alle disposizioni dell’art. 2112 del Codice Civile (e più oneroso per le imprese), non è sempre così chiaro.

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 6770/2017, del 15 marzo scorso, relativa a un appalto retrocesso, vale a dire il ritorno in gestione diretta del servizio, riporta alla ribalta il problema: la Corte ha stabilito infatti, basandosi su una “giurisprudenza consolidata”, che il trasferimento d’azienda o di un ramo di azienda è configurabile anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascurabile entità, tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa. Analoghe considerazioni valgono quando alla cessazione dell’appalto il servizio torni in gestione diretta al committente. Il criterio decisivo, per stabilire se sussista un trasferimento, nel senso della direttiva 2001/23, consiste nel fatto che l’entità economica conservi la sua identità a prescindere dal cambiamento del proprietario, il che si desume in particolare dal proseguimento effettivo o dalla ripresa della sua gestione. Per determinare se questa condizione sia soddisfatta, si deve prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione, fra le quali rientrano, in particolare, il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali (come ad esempio i carrelli elevatori o altri macchinari di proprietà del committente, ceduti in comodato d’uso all’impresa appaltatrice), il valore degli elementi materiali al momento del trasferimento, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività. Questi elementi, tuttavia, sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva sicché l’importanza da attribuire rispettivamente ai singoli criteri varia in funzione dell’attività esercitata o addirittura in funzione dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell’impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento di cui trattasi.

In sostanza, dunque, anche nel caso di reinternalizzazione dei servizi, se a quest’ultima si accompagna la cessione di locali, macchine e/o strumenti necessari per lo svolgimento del  servizio (es. un’impresa che utilizza locali o macchine del committente) si può configurare il trasferimento di ramo d’azienda, con tutto ciò che ne consegue.

Una decisione che aggiunge un elemento in più alle recenti disposizioni della “legge europea” n. 122 del 7 luglio 2016, che stabilisce all’art. 30 che “l’acquisizione del personale già  impiegato  nell’appalto  a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria  struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove  siano presenti elementi di discontinuità  che  determinano  una  specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento  d’azienda  o  di parte d’azienda.”

Cassazione Sentenza 6770/17

Link Direttiva Europea 2001/23

Link legge 122/16

 

 

 

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