Si è parlato tanto, negli ultimi tempi, di “contratti sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative”, sul reale significato e sul valore di tale espressione soprattutto all’indomani dell’importante documento (2 luglio 2015) con cui il Ministero del Lavoro, in risposta a un interpello del Consiglio di Stato, sezione III, avente ad oggetto l’ordinanza n.2556/2015 reg.prov., ha fornito “chiarimenti sui criteri che sono, in concreto, utilizzati per individuare i contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi presi in considerazione per la predisposizione dei decreti con i quali sono state approvate le tabelle ministeriali del costo del lavoro”, esplicitando i criteri del proprio “metodo comparativo”.
Ora, un aspetto su cui sinora non ci eravamo soffermati è il seguente: cosa si rischia a non applicare i cosiddetti “contratti leader”, ossia quelli non sottoscritti dai soggetti comparativamente maggiormente rappresentativi? Quali sono le conseguenze per chi applica altri strumenti contrattuali?
La questione è interessante (e da seguire con attenzione), specie alla luce del recente chiarimento dello stesso Ministero del Lavoro, che con nota 14775 del 26 luglio 2016 della Direzione Attività Ispettiva è intervenuto sull’applicazione dei Ccnl negli appalti pubblici. In particolare l’intervento ministeriale richiama l’attenzione degli organi di vigilanza sulla necessità di procedere alla verifica dei rispetto dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative anche in relazione al personale impiego nell’ambito di appalti pubblici. E le conseguenze possono essere molto dolorose.
La verifica sul mancato rispetto dei citati contratti comporta l’impossibilità di fruire di qualsiasi beneficio normativo e contributivo che l’ordinamento intende riservare a determinate platee di datori di lavoro, ivi compreso l’esonero contributivo già previsto dalle leggi di Stabilità 2015 e 2016.
La verifica sul contratto applicato assume rilevanza anche ai fini dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989 e dell’art. 2, comma 25, della Legge n. 549/1995.
Le norme, infatti, impongono che il calcolo della contribuzione obbligatoria vada effettuato applicando, qualora superiore, l’importo delle retribuzioni previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale della “categoria” in cui opera l’impresa. Il che significa, in soldoni, che si va incontro al serio rischio di non poter avere un Durc regolare, con tutto ciò che questo comporta.
Nota Ministero del Lavoro Applicazione CCNL
Link documento criteri di comparazione