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Blockchain: è ora di parlarne!

Sì, avete letto bene: la “blockchain figura già fra i sette “top trends” 2018 individuati da QSI Facilities per il Facility management”. Come dice testualmente la società americana: “Quest’anno rivoluzionerà il settore del facility management dando la possibilità di realizzare anche i sogni più selvaggi (letteralmente wildest!)”.

Il perché è presto spiegato: i manager del facility sapranno in tempo reale “cosa è successo, quando è successo, perché e cosa bisogna fare per aggiustare il tiro e risolvere  i problemi, oltre a prevenire che accadano nuovamente. E ancora, si potrà sapere chi ha scoperto il problema, come l’hanno riportato e che cosa è accaduto da allora.

Come si vede, si va ben al di là dell’aspetto delle transazioni economiche. In realtà tutto ciò che accade, e che può essere condiviso sotto forma di dato, può essere “impacchettato” in un blocco, validato, trasmesso e reso così immodificabile. Del resto, non è forse vero che oggi le informazioni (e la rapidità e la sicurezza con cui vengono recapitate e scambiate) sono un valore? E così la blockchain si potrà integrare all’internet delle cose per creare una sinergia potentissima capace di ridurre drasticamente i tempi di scambio di informazioni e aumentare l’efficienza e l’operatività anche nel nostro settore. Le imprese sono avvisate.

Non solo bitcoin, dunque: la vera rivoluzione portata dalla cosiddetta “catena di blocchi” non è soltanto nelle “monete virtuali”, quanto nella tecnologia-filosofia di scambio e validazione dati che vi sta alla base. Cerchiamo di chiarire perché, partendo da un esempio fra i più banali. Quando accediamo al nostro conto in banca da pc o smartphone, vediamo dei dati: saldo, transazioni, bonifici, pagamenti, accrediti, ecc. Dati che, in un sistema tradizionale, sono in qualche modo in possesso dell’istituto di credito. Stessa cosa, che so, per i dati relativi alla nostra situazione sanitaria (pensiamo ai siti degli ospedali). O scolastica, o contributiva, pensionistica e così via. Tutte informazioni che, banalmente, stanno in un “contenitore” protetto, ma comunque in possesso di un soggetto “garante”. Ma chi mi assicura che, in un giorno di ordinaria follia, qualcuno non acceda a modificare i dati? O ancora, quanto costa all’ente o all’impresa un sistema di sicurezza e protezione dati tanto rigido? In alternativa ci potrebbe essere il sistema dei “cloud”, tipo Drive per intenderci. Ma qui la soluzione sarebbe addirittura peggiore del problema: infatti in questo modo i dati sarebbero modificabili da chiunque, con i risultati che ben possiamo immaginare.

E qui entra in scena la “blockchain”, che altro non è che un database criptato e diffuso (distributed ledger) su talmente tanti computer distribuiti in tutto il mondo da creare una catena (chain, appunto) praticamente immodificabile. Anzi, è stato calcolato che è fisicamente impossibile intervenire su un solo dato, perché bisognerebbe intervenire su tutti i blocchi, insomma su tutti gli anelli della catena. Insomma, sarebbe come se due soggetti si scambiassero 10 euro davanti a milioni di persone che guardano: impossibile bluffare. In parole semplici stiamo parlando di un registro aperto e distribuito che può registrare le transazioni tra le parti in modo efficiente, verificabile e permanente. Per questo utilizzo, questo database sfrutta una rete peer-to-peer che si collega ad un protocollo per la convalida dei nuovi blocks.

Quando effettuiamo una transazione, praticamente, i dati vengono “impacchettati” in un blocco che viene preparato per essere sottoposto alla verifica e all’approvazione dei partecipanti alla blockchain. Il modello si basa sulla combinazione tra firma digitale e marca temporale: la prima garantisce che mittente e destinatario di un qualsiasi tipo di messaggio siano identificati in modo certo, il secondo permette che un insieme di messaggi, validato con la marca temporale da parte di un nodo scelto casualmente da un robusto modello matematico, venga comunicato e scritto nel registro di tutti gli altri nodi della rete e reso irreversibile.

Una volta verificato, il blocco si aggiunge alla catena, ed ecco che si crea la blockchain. Niente di così fantascientifico, almeno in teoria: il segreto è che una volta registrati, i dati in un blocco non possono essere retroattivamente alterati senza che vengano modificati tutti i blocchi successivi ad esso, il che necessiterebbe il consenso della maggioranza della rete.

Ovvio che la possibilità di scambiarsi dati in modo sicurissimo ed economico faccia gola a tutti: finanza e istituti bancari possono avere la possibilità di transazioni sicure e decentralizzate, così come le assicurazioni, che potranno prevenire frodi e gestire meglio numerose operazioni; senza contare IoT e Industria 4.0, che di scambio di dati continuo vivono.  Ma ci sono anche altri ambiti centrali nella vita di tutti i giorni: sanità,  Pubblica Amministrazione (al proprio interno e nelle relazioni con il cittadino), retail, rapporti tra produttore, distributore e consumatore e molto altro ancora. Tanto che c’è già chi pensa (la notizia è freschissima) di utilizzare la blockchain per condividere le sequenze del proprio genoma. Il futuro ci riserva incredibili sorprese.

Un link per capirci di più

http://www.blockchain4innovation.it/esperti/blockchain-perche-e-cosi-importante/

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