Auto aziendale utilizzata per motivi privati? Si può licenziare per lesione fraudolenta del rapporto fiduciario fra datore e dipendente, alla base di ogni sana relazione lavorativa. Questo, in sintesi, il messaggio lanciato forte e chiaro dalla Cassazione civile con l’ordinanza n. 3607 del 12 febbraio 2025. Non solo: gli Ermellini legittimano anche l’attività investigativa commissionata dall’azienda per accertare i fatti “incriminati”, convalidando i precedenti sospetti.
La questione affrontata
Vediamo il caso: il dipendente di una società di servizi (ma il caso è facilmente riconducibile anche alle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati, specie quelle con cantieri dislocati su vaste aree geografiche e, dunque, difficilmente “controllabili” soprattutto in riferimento agli spostamenti del personale) si rendeva responsabile di plurimi episodi di uso del mezzo aziendale per fini extra-lavorativi in orario di lavoro, così riducendo in modo fraudolento il tempo della prestazione lavorativa e creando una “situazione di apparenza lavorativa”, accertati in svariate giornate di febbraio 2020 mediante verifiche ispettive commissionate dal datore.
Le ragioni del ricorrente
In sostanza il dipendente, oltre ad impiegare l’auto per motivazioni private, ne dissimulava l’utilizzo spacciandolo per scopi lavorativi. L’azienda lo faceva seguire e scopriva tutto, intimandogli il recesso. Il lavoratore impugnava il provvedimento adducendo l’illegittimità delle modalità investigative (essenzialmente per ragioni di riservatezza e presunta violazione dello Statuto dei Lavoratori) e, di conseguenza, del licenziamento irrogatogli. Ora, preliminarmente i giudici hanno fatto presente che è legittima l’attività investigativa condotta dall’azienda, perché finalizzata a verificare comportamenti fraudolenti del dipendente che possono danneggiare l’azienda, ed è esclusa la violazione della privacy dal momento che il controllo è stato effettuato in luoghi pubblici e allo scopo di accertare le cause dell’allontanamento. Il principio affermato in questa sede è molto importante, in quanto sancisce la prevalenza dell’accertamento della fedeltà lavorativa su quello della riservatezza.
La legittimità dei controlli investigativi
La legittimità del licenziamento è poi confermata dal fatto che l’attività fraudolenta consisteva nella falsa attestazione della presenza in servizio e nell’impiego personale del mezzo aziendale. Secondo i giudici “i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l’adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa, in ragione del divieto di cui agli artt. 2 e 3 St. lav”. In questo caso, del resto, a il controllo non era diretto a verificare le modalità di adempimento della prestazione lavorativa, bensì la condotta fraudolenta di assenza del dipendente dal luogo di lavoro, con conseguente validità del licenziamento intimato.