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Attività prodromiche al lavoro, il tempo è da retribuire

A volte cinque minuti… possono fare la differenza! Sicuramente l’hanno fatta nel caso qui esaminato dalla Cassazione, che si è espressa in modo molto preciso con l’ordinanza n. 14848 del 28 maggio di quest’anno.

Quando 5 minuti… fanno la differenza

Il fatto riguarda la vexata quaestio delle cosiddette “attività prodromiche” o propedeutiche all’inizio del lavoro vero e proprio, ossia il tempo trascorso fra il momento della timbratura (nel caso di specie l’ingresso dai tornelli) e l’avvio effettivo dell’attività, così come il tempo successivo. Si tratta di un pronunciamento di grande attualità e interesse nella vita quotidiana delle imprese di pulizie/ servizi integrati/ multiservizi: pensiamo ad esempio alla vestizione e svestizione, alla preparazione dei formulati e delle macchine, all’inizializzazione dell’attrezzatura e così via.

L’Appello dà ragione ai dipendenti…

I dipendenti, nella fattispecie, erano ricorsi giudizialmente al fine di vedersi riconosciuti, come tempo effettivo di lavoro, i cinque minuti spesi, in entrata, per recarsi dal luogo deputato alla timbratura del cartellino al tornello posto all’ingresso dell’azienda e, in uscita, per effettuare il percorso inverso. Peraltro già in sede di giudizio di merito la Corte d’Appello aveva accolto la domanda condannando la ditta datrice -operante nel settore dei servizi telematici-, a corrispondere la relativa retribuzione.

… e gli Ermellini confermano

Conferma su tutti i fronti dalla Cassazione, la quale rileva, preliminarmente, che deve essere retribuito il tempo impiegato dal dipendente per porre in essere le operazioni anteriori o posteriori alla prestazione di lavoro che siano necessarie e obbligatorie. Nello specifico, se lo spostamento è funzionale alla prestazione esso rientra a tutti gli effetti nel tempo lavorato. 

L’attività “eterodiretta”

Nel caso esaminato si tratta di una attività eterodiretta -cioè dipendente da disposizioni impartite da altri- ed obbligatoria perché è la datrice di lavoro che ha deciso come strutturare la propria sede, dove collocare la postazione di lavoro dei ricorrenti ed il percorso da effettuare; è la datrice di lavoro che ha assegnato ai ricorrenti mansioni svolgibili solo nella postazione assegnata ed ha quindi provveduto a scegliere il tipo di computer che ha ritenuto più opportuno e ne ha determinato con puntualità la procedura di accensione necessaria all’uso della stessa determinando così anche i tempi necessari.

Il tempo intercorrente va pagato

Di talché ne segue che tale lasso temporale sia retribuito allorquando le attività prodromiche alla prestazione integrino operazioni eterodirette. In sostanza laddove sia il datore a decidere l’organizzazione, i mezzi e le postazioni di lavoro, di fatto obbligando i dipendenti a compiere un determinato iter per iniziare a lavorare, il tempo che intercorre fra il momento della rilevazione della presenza e quello dell’avvio dell’attività vera e propria dovrà essere retribuito. 

Link Ordinanza Cassazione

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