Il dipendente dell’impresa esecutrice del servizio svolge manutenzioni (o pulizie) pericolose, magari nemmeno previste originariamente dall’appalto, e si infortuna brutte lesioni (o peggio)? Il datore non può giustificarsi adducendo che il Dvr non prevedeva l’attività da cui è originato l’accaduto, nemmeno se tale documento sia stato validato e certificato dalle autorità competenti. Così si è espressa definitivamente, al termine di un lungo contenzioso, la IV sezione penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 4075 del 13 gennaio 2021.
Nel caso in oggetto, secondo la Cassazione l’imprenditore poteva infatti prevenire l’infortunio (una caduta da 5 metri che ha provocato brutte fratture scomposte) attenendosi alla disciplina antinfortunistica anche se l’intervento da cui origina l’incidente non era contemplato dal Dvr relativo all’attività della sua impresa.
Gli Ermellini hanno così dichiarato inammissibile il ricorso contro la doppia condanna (in I e II grado) del responsabile dell’impresa, “smontando” l’argomentazione difensiva secondo cui non era stata violata alcuna prescrizione del Documento di valutazione dei rischi, pur fatto “a regola d’arte” e opportunamente validato da ente terzo. L’imprenditore, che stava svolgendo un servizio presso un committente, dichiarava fra l’altro di non aver ricevuto da quest’ultimo alcuna indicazione in merito alla potenziale pericolosità dell’intervento. Argomenti che, secondo i giudici, non escludono comunque il dovere datoriale di prevenzione degli infortuni. Non rileva nemmeno, per la Corte, il fatto che lo stesso datore partecipasse personalmente all’esecuzione del servizio.
Il pronunciamento appare degno d’attenzione per le imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati, in quanto è piuttosto frequente, ad esempio, che il cliente richieda lavori o servizi che “esulino” dal Documento di Valutazione dei Rischi, o che non siano in esso contemplati. A quel punto bisogna porre molta attenzione, perché la responsabilità resta comunque interamente in capo al datore.