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Attenzione agli appalti non genuini

Con la sentenza n. 1571 del 12 febbraio 2018 il Consiglio di Stato ha fatto chiarezza sulle differenze tra appalto di servizi e somministrazione di personale, annullando un bando erroneamente impostato da una Asl. Una pronuncia che riporta l’attenzione sul concetto di “appalto genuino”, e sui tre principali elementi distintivi: autonomia organizzativa, mezzi propri, rischio d’impresa.

Appalto di servizi o mera somministrazione di personale? La vexata quaestio è finita anche a Palazzo Spada, e sembra finalmente aver trovato una soluzione, guarda caso dettata dalla magistratura amministrativa.

Ecco i fatti: con bando pubblicato il 22 settembre 2017, la ASL Roma 6 ha indetto una procedura aperta avente ad oggetto l’affidamento di una serie di attività di supporto, con durata biennale e un valore annuo di € 3.565.270,00.

La società appellante, nell’impugnare in primo grado gli atti di gara, ha sostenuto che la procedura avviata dalla ASL è stata erroneamente impostata come un “appalto di servizi”, ma che in realtà essa ha ad oggetto una somministrazione di personale, con la conseguenza che la partecipazione alla gara è stata consentita a tutte le imprese commerciali, a cui è vietata la somministrazione di personale pena la commissione di un illecito amministrativo; mentre è stata preclusa alle Agenzie per il Lavoro – e tra queste alla società appellante – a causa dei particolari requisiti d’accesso richiesti, incentrati sullo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto di gara. Il ricorso, respinto dal Tar, è stato accolto dal Consiglio di Stato, con conseguente annullamento degli atti di gara.

Ora la sentenza è particolarmente interessante perché il Consiglio di Stato è entrato nel merito dei documenti di gara. Infatti il CdS, per motivare la sentenza di riforma del primo pronunciamento del Tar, ha operato una disamina dei documenti di gara alla luce delle tre caratteristiche che contraddistinguono l’appalto genuino. Esse, come è noto, consistono nell’assunzione da parte dell’appaltatore: a) del potere di organizzazione dei mezzi necessari allo svolgimento dell’attività richiesta; b) del potere direttivo sui lavoratori impiegati nella stessa; c) del rischio di impresa (si veda in tal senso l’art. 29 del d.lgs. 276/2003, il quale recita: “Ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione di mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio di impresa”).

Ebbene, Palazzo Spada, dopo un’attenta analisi, non ha rinvenuto nella gara in oggetto le caratteristiche sopra esposte: “La disamina in concreto dei contenuti del contratto –scrivono i giudici- smentisce la qualificazione giuridica ad esso assegnata dalla ASL e conduce a ravvisarvi una somministrazione di lavoro… Per tutte le ragioni esposte, l’appello è fondato e determina, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e il conseguente annullamento degli atti con esso gravati”.

Link sentenza CdS 1571/18

 

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