Torniamo sulle “strette” al lavoro irregolare, in tutti i suoi aspetti (sicurezza, lavoro nero, contrattazione da applicare, trattamenti retributivi e genuinità degli appalti), previste dal decreto legge 19 del 2 marzo 2024 (cd. Decreto Pnrr). Stavolta parliamo di fattispecie di “appalto irregolare” e “somministrazione fraudolenta”.
A questo proposito non si può non evocare, per l’ennesima volta, il punto di partenza in materia, costituito dalla cd “legge Biagi” – dlgs 276/03, che all’art. 29, in riferimento a quanto previsto dal codice civile (art. 1655), recita: “il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che puo’ anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonche’ per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”. Mezzi propri, potere organizzativo e direttivo, rischio d’impresa sono dunque i tre “pilastri” su cui si fonda l’appalto genuino. La mancanza di uno o più di questi caratterizza sintomaticamente l’appalto non regolare.
Le nuove casistiche– Ora, in questo quadro si inserisce, appunto, la stretta che arriva dal dl 19/24, che reintroduce alcune contravvenzioni già depenalizzate dal dlgs 8/2016 e, perdipiù, prevede un’inedita articolazione delle fattispecie di appalto irregolare in cui si inserisce anche la fattispecie psicologica della fraudolenza: nel nuovo decreto, infatti, si delineano casistiche graduate “a gravità crescente”.
Appalto irregolare– In una prima ipotesi, quella dell’appalto “semplicemente” irregolare, mancano i requisiti fissati dalla legge secondo la predetta disciplina civilistica così come “modellata” dalla legge Biagi. In tal caso scatta il ben noto obbligo di costituzione di un rapporto di lavoro a carico del committente apparente su richiesta del lavoratore. Fin qui, tutto noto. Ma c’è’ di più. Il decreto 19, a titolo di sanzione penale, introduce la pena a carico dello “pseudo-committente” dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, e ciò anche nell’ipotesi in cui si attui “distacco di personale” in violazione dei requisiti di legge (art. 30 dlgs 276/03).
Somministrazione fraudolenta– L’ art. 29, co. 4, del dl n. 19/24, nell’abrogare l’ art. 38-bis del dlgs 81/15, ha riportato la fattispecie all’interno della sede originaria rappresentata dalla legge Biagi: all’ art. 18 del dlgs 276/2003 è stato aggiunto il comma 5-ter secondo cui “Quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione”.
La somministrazione fraudolenta si caratterizza dunque per l’elemento psicologico del “dolo specifico”.
La posizione dell’Ispettorato– E qui entra in gioco la circolare INL 3/19, proprio sul tema, in cui si precisa quanto segue: – vi sono degli elementi sintomatici del reato in questione che, una volta accertati, sono idonei a dimostrare la condotta fraudolenta. In un appalto -si legge- “il conseguimento di effettivi risparmi sul costo del lavoro derivanti dall’applicazione del trattamento retributivo previsto dal CCNL dall’appaltatore e dal connesso minore imponibile contributivo, così come una accertata elusione dei divieti posti dalle disposizioni in materia di somministrazione, risulta sicuramente sufficiente a dimostrare quell’idoneità dell’azione antigiuridica che disvela l’intento fraudolento”.
L’elemento del “dolo” e le aggravanti– Qualora sia accertato il carattere “fraudolento” della somministrazione, scattano circostanze aggravanti: gli importi delle sanzioni sono aumentati del 20% nel caso che, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per i medesimi illeciti. In caso di accertato sfruttamento di lavoratori minori, inoltre, è prevista la pena dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo. Il personale ispettivo – in qualità di ufficiale di polizia giudiziaria – dovrà inoltre osservare le norme del Codice di procedura penale e, fra queste, anche l’art. 347 col conseguente obbligo di informare tempestivamente la Procura della Repubblica territorialmente competente.
Criticità nell’accertamento– Sempre dalla stessa circolare dell’Ispettorato si evince che, essendo la somministrazione illecita un reato di tipo permanente, l’offesa al bene giuridico si protrae per tutta la durata della somministrazione illecita, coincidendo la sua consumazione con la cessazione della condotta, la quale assume rilevanza sia ai fini della individuazione della norma applicabile, sia ai fini della decorrenza del termine di prescrizione. Ciò che non appare semplice, all’atto pratico, è accertare che l’irregolarità sia attuata con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore.
Misure preventive– Fra le misure preventive, inoltre, si introduce l’obbligo di riconoscere al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi “un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”. Ciò per scoraggiare fenomeni di “dumping” e di appalti irregolari. Proprio di questo, con uno specifico approfondimento, abbiamo parlato nella scorsa newsletter.