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Appalti verdi e Green Public Procurement

Il Green public procurement approda negli appalti, e inizia a farlo a 360°. Non solo, cioè, in termini di acquisizione di prodotti e sistemi (quello lo sappiamo ormai da tempo), ma anche di analisi dell’intero “ciclo di vita” della prestazione contrattuale, delle caratteristiche “green” del servizio e dell’applicazione, senza sconti, dei Criteri Ambientali Minimi.

Tutto ciò già in sede di valutazione dell’offerta: negli appalti pubblici, infatti, le amministrazioni aggiudicatrici sono chiamate ad effettuare valutazioni non solo e non più di tutela del mercato e della concorrenza, ma anche delle ricadute socio-ambientali. A fare il punto sul tema è un recente contributo di Antonella Martielli, esperta di gare e appalti pubblici, uscito il 9 febbraio per “Ntplusdiritto – Il Sole 24 Ore”.

Il Green Public Procurement (GPP), ovvero il sistema di acquisti di beni e servizi ambientalmente preferibili, è lo strumento principale attraverso il quale le Pubbliche Amministrazioni introducono criteri ambientali nelle politiche di acquisto, cercando di acquisire beni, servizi e opere con un ridotto impatto ambientale durante tutto il loro ciclo di vita rispetto ai beni, servizi e opere con la stessa funzione primaria che verrebbero altrimenti acquistati.

Lo strumento del “Gpp”, nell’ordinamento italiano, si incardina nel più ampio fenomeno della “circular” e della “green economy”, volte entrambe a favorire uno sviluppo economico maggiormente sostenibile. Tutto ciò, va aggiunto, subirà una forte accelerazione grazie al Pnrr, il Piano italiano di Ripresa e Resilienza, che ha tra i principali obiettivi proprio quello di consentire alle PPAA, già in fase di elaborazione dei bandi pubblici, di indirizzare gli operatori economici verso scelte ecocompatibili, spingendoli ad investire sull’innovazione e la sensibilizzazione di clienti e opinione pubblica. Oltre che dal Pnrr, la centralità dei Gpp è ribadita, giova ricordarlo, anche dai Decreti “Rilancio” e “Semplificazioni”.

 

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