Torniamo sulla vexata quaestio dei Contratti collettivi da applicare negli appalti, in relazione con la lex specialis definita nei bandi di gara. Un tema di grande cogenza e spinosissimo, che ha dato luogo a innumerevoli contenziosi risoltosi in maniera anche molto differente (diremmo quasi opposta) fra loro.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza facendo ricorso all’articolo 11 (rubricato “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore”). Al comma 1 si legge:
1- Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.
E al comma 2- Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione, in conformità al comma 1.
Sennonché, al comma 3, si legge che gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.
E al successivo, il 4, si prevede che prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele.
Tale dichiarazione deve essere verificata dalla stazione appaltante, in ossequio a quanto previsto dall’art. 110 che tratta delle “offerte anormalmente basse”.
A questo proposito, l’Anac si è espressa con la nota illustrativa al “Bando tipo 1/2023” consentendo che tale verifica venga svolta in sede di aggiudicazione, salvo che l’offerta presentata sia anormalmente bassa.
In tal caso, l’Anac richiede di anticipare già in sede di offerta tecnica la dichiarazione di equivalenza, precisando che per l’equivalenza si devono considerare, inscindibilmente, gli aspetti economici -considerando le componenti fisse della retribuzione globale annua e specifiche indennità- e quelli normativi, che inquadrano le condizioni di lavoro. Stando a quanto detto, sembra dunque tutelata la libertà dell’appaltatore di avvalersi di CCNL diverso da quello indicato a bando, tutelando però le condizioni dei lavoratori (inclusi quelli in subappalto, secondo l’art. 11 c. 5).
Di tenore diverso, e soprattutto di diverso dettaglio, la circolare 2/2020 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, recante “art. 1, comma 1175, L. n. 296/2006 – benefici normativi e contributivi e rispetto della contrattazione collettiva – rispetto parte normativa del contratto-indicazioni operative”. Qui si elencano alcuni parametri che devono essere confrontati. In particolare: lavoro supplementare e clausole elastiche, lavoro straordinario, disciplina compensativa delle ex festività, durata del preavviso, durata del comporto ed eventuale integrazione dell’indennità in caso di malattia ed infortunio, maternità ed eventuale integrazione, previdenza ed assistenza integrativa, bilateralità, permessi, ammettendo uno scostamento marginale limitatamente a due parametri.
Come ben si vede, si tratta di un “caleidoscopio” di indicazioni, provenienti da fonti di rango differente, che non possono non ingenerare un certo spaesamento nella prassi. Un esempio “di scuola” è quello in cui l’impresa appaltatrice, attraverso lo strumento della contrattazione integrativa aziendale, è in grado di colmare il divario fra le tutele previste dal Ccnl indicato nel bando e quello da lui applicato. E’ chiaro, a questo punto, che non è più funzionale una lettura “analitica” dell’art. 11 del Codice, come quella suggerita da Anac e Ispettorato. Sarebbe invece auspicabile l’apertura a un’interpretazione sostanziale della norma, in linea con le intenzioni del legislatore, ovvero tutelare le condizioni di lavoro e retributive in maniera analoga a quella del Contratto previsto nella lex specialis dei bandi. Servirebbero indicazioni più univoche a livello centrale.