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Appalti: possibile organizzare il lavoro via chat

Torniamo a parlare di genuinità dell’appalto, un tema che negli ultimi mesi ha tenuto banco nei tribunali del lavoro della Penisola. E ancora una volta ricordiamo il dlgs 276/2003 (cd. “legge Biagi”), che all’art. 29 fissa i criteri che distinguono un vero appalto di servizi da una semplice somministrazione di manodopera, e che prevedono che l’impresa appaltatrice abbia una organizzazione dei mezzi necessari per effettuare le attività appaltate e assuma il rischio di impresa rispetto all’adempimento delle obbligazioni contrattuali.

Senonché, negli anni, l’evoluzione tecnologica ha messo a disposizione delle imprese mezzi e strumenti prima impensabili. Un caso originale, recentemente affrontato dal Tribunale di Roma, è quello della chat whatsapp. Diciamo la verità: quante volte, per scambiarci messaggi anche di lavoro, ricorriamo a questo strumento comodo, immediato ed economico? Ebbene, come la mettiamo però se l’intera organizzazione di un servizio transita attraverso la familare “nuvoletta verde”, e in particolare attraverso una chat tramite la quale l’appaltatore impartisce ai lavoratori le direttive sul lavoro da svolgere, distribuisce i turni, autorizza i permessi e ne coordina le attività interagendo con il preposto dell’impresa appaltante? Si può ancora parlare di appalto genuino?

No, secondo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che ha emesso un’ordinanza-ingiunzione a un’impresa di servizi per somministrazione illecita di manodopera adducendo il fatto che il lavoro veniva gestito via chat. Ad avviso dell’Ispettorato, la modalità di gestione del servizio non era riconducibile al perimetro di un genuino appalto di servizi.

Senonché l’impresa appaltatrice impugnava l’ordinanza Inl adducendo il fatto che, indipendentemente dalla modalità -anzi, proprio grazie alla flessibilità di questo canale comunicativo- era perfettamente autonoma nel gestire turni di lavoro e segnalare tempestivamente alla committenza le assenze per malattie, permessi e ferie. D’altra parte -aggiungamo noi- ciò avviene regolarmente in moltissime realtà (specie quelle meno strutturate) attive nel settore delle pulizie/ multiservizi/ servizi integrati, senza che la modalità “via chat” tolga nulla all’autonomia organizzativa dell’impresa.

A rafforzamento della propria posizione, l’impresa ha anche addotto le conversazioni scambiate su whatsapp dal responsabile della società appaltatrice con i lavoratori, che ha confermato la piena autonomia anche disciplinare. Motivi per cui i giudici romani hanno ritenuto che, specie negli appalti “labour intensive”, il canale whatsapp -gestito dall’appaltatore- risulta del tutto idoneo a consentire l’esercizio dei poteri di direzione e controllo sui lavoratori.

Link dlgs 276/03

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