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Appalti e Ccnl da applicare, la storia infinita

Sembra davvero infinita la vexata quaestio del Ccnl applicabile in caso di appalti: un dilemma che -per ragioni più o meno consapevoli e intenzionali (non sta a noi giudicare…) il legislatore non riesce a districare con chiarezza una buona volta. Anzi, tutte le volte in cui si aggiunge (o toglie) un tassello, pare che la situazione si complichi ancora di più.

Gli ultimi interventi normativi

Addentriamoci, seppure in modo sintetico, nelle ultime puntate di un “serial” le cui trame si fanno sempre più intricate. Partiamo dal (vago) concetto di “equivalenza” tra contratti collettivi: accertare cioè se il trattamento di fatto riconosciuto ai propri dipendenti, derivanti dall’applicazione di un certo contratto collettivo, integrato da trattamenti di miglior favore derivanti da accordi di secondo livello, possa considerarsi equivalente rispetto al trattamento emergente del contratto collettivo nazionale di riferimento per il comparto (quello cioè, a quanto si può dedurre, siglato dalle associazioni e OO.SS. comparativamente più rappresentative).

L’allegato I.01

Alla luce del cd. “Correttivo del codice appalti” (dlgs 209/24) – valido per i contratti pubblici ma, di riflesso, foriero di indicazioni anche per quelli privati-, si potrebbe trovare una “chiave di lettura”: l’articolo 73 infatti introduce l’Allegato I.01 al Codice e fornisce indicazioni sulle modalità da adottare per verificare l’equivalenza contrattuale ex Bando-tipo Anac 1/2023. Giova premettere, come già abbiamo più volte sottolineato anche in questa sede, che da quest’anno -proprio per effetto dei recenti interventi normativi- le stazioni appaltanti devono indicare nei documenti di gara il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato tenendo conto dell’attività anche prevalente svolta dall’impresa e oggetto di appalto (con possibilità di individuare un diverso Ccnl se alcune prestazioni, che non eccedano il 30% dell’appalto, si riferiscono ad attività scorporabili, secondarie o accessorie).

L’equivalenza contrattuale

Ma torniamo al nostro allegato: stante quanto precisato all’art. 3 (Presunzione di equivalenza) si considerano equivalenti le tutele garantite da contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro; sottoscritti congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del contratto collettivo di lavoro indicato dalla stazione appaltante, attinenti al medesimo sottosettore a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa. Più articolato l’art. 4, recante “Indicazione da parte dell’operatore economico di un diverso contratto collettivo nazionale di lavoro”. Quando, al di fuori delle ipotesi di cui all’articolo 3, l’operatore economico indica nell’offerta un diverso contratto collettivo di lavoro da esso applicato, si considerano, ai fini della valutazione di equivalenza, le tutele economiche e le tutele normative.

La valutazione di equivalenza

La valutazione di equivalenza economica dei contratti è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle seguenti voci: a) retribuzione tabellare annuale; b) indennità di contingenza; c) elemento distinto della retribuzione (EDR); d) eventuali mensilità aggiuntive e) eventuali ulteriori indennità previste.

Le tutele normative

L’allegato passa poi in rassegna le tutele normative. La valutazione di equivalenza delle tutele normative è effettuata sulla base dei seguenti parametri: a) disciplina concernente il lavoro supplementare; b) clausole relative al lavoro a tempo parziale; c) disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai limiti massimi; d) disciplina compensativa relativa alle festività soppresse; e) durata del periodo di prova; f) durata del periodo di preavviso; g) durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio; h) disciplina dei casi di malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di eventuali integrazioni delle relative indennità; i) disciplina relativa alla maternità e alle indennità previste per l’astensione obbligatoria e facoltativa dei genitori; l) monte ore di permessi retribuiti; m) disciplina relativa alla bilateralità; n) previdenza integrativa; o) sanità integrativa.

I valori economici complessivi

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri fissati sono marginali.

Gli interventi dell’anticorruzione

Tutto risolto? Magari. Su questi temi è recentemente intervenuta anche l’Anac, con due pronunce meritevoli di essere rammentate. La prima, con Delibera n. 14 del 14 gennaio 2025, in tema di illustrazione dei criteri indicati nel cd. ”Correttivo appalti” in merito al criterio di equivalenza tra CCNL. In particolare Anac ritiene che, in caso di adozione di diverso CCNL indicato dalla stazione appaltante, la dichiarazione di equivalenza debba “dimostrare che il diverso CCNL adottato, al di là del nomen iuris, garantisca tutele equiparabili. … La valutazione deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile”.

Tutele economiche (per Anac)

Quanto alle tutele economiche, l’ANAC suggerisce di effettuare la valutazione di equivalenza prendendo a riferimento le componenti fisse della retribuzione globale annua costituite dalle seguenti voci retribuzione tabellare annuale;  indennità di contingenza; Elemento Distinto della Retribuzione – EDR; eventuali mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima); ulteriori indennità previste.

Tutele normative (secondo Anac)

Con riferimento alla valutazione di equivalenza delle tutele normative, invece, vengono presi a riferimento i parametri relativi a: la disciplina concernente il lavoro supplementare e le clausole elastiche nel part-time; la disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai suoi limiti massimi, con l’avvertenza che solo il CCNL leader può individuare ore annuali di straordinario superiori alle 250. Lo stesso non possono fare i CCNL sottoscritti da soggetti privi del requisito della maggiore rappresentatività;  la disciplina compensativa delle ex festività soppresse, che normalmente avviene attraverso il riconoscimento di permessi individuali;  la durata del periodo di prova; la durata del periodo di preavviso; durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio; malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di un’eventuale integrazione delle relative indennità; maternità ed eventuale riconoscimento di un’integrazione della relativa indennità per astensione obbligatoria e facoltativa;  monte ore di permessi retribuiti;  bilateralità; previdenza integrativa; sanità integrativa. L’ANAC, in coerenza con l’argomento dell’Istanza presentata, nel corso della pronuncia ha richiamato anche il nuovo allegato I.01.

Un onere non semplice…

Ora, ci sia concessa la solita osservazione in parte un po’ critica: già presi singolarmente questi criteri appaiono davvero complicati da prendere in esame, laddove la stazione appaltante debba “incrociarli” mettendo in parallelo quelli del Codice dei Contratti 36/23 con quelli (in parte coincidenti) suggeriti dall’Anac, l’operazione risulta quanto mai ostica. Il rischio è quello della consueta “eterogenesi dei fini” a cui ormai nel settore siamo avvezzi: a forza di aggiungere parametri e paletti (con finalità anche lodevoli, a tutela dei lavoratori), si rischia paradossalmente di complicare eccessivamente le cose e, di fatto, aumentare la discrezionalità in capo agli appaltanti, con conseguente apertura a concorrenza sleale e poco trasparente. Per non parlare dell’immaginabile proliferare del contenzioso, che già adesso è praticamente fisiologico (tanto da essere in molti casi assunto come una fase inevitabile della procedura di aggiudicazione). Con la certezza di allungare ulteriormente i tempi in spregio ai principi di risultato, efficacia ed efficienza richiamati nei primissimi articoli del Codice stesso. 

La delibera n 22: un giro di vite

A proposito di “paletti”: sempre in tema di correttivo al Codice appalti in una delibera Anac la n.22 del 22 gennaio si fissano paletti intorno alle procedure di gara e di esecuzione del contratto. L’authority ha stabilito infatti che non può assumere l’incarico di componente di un Collegio consultivo tecnico delle opere pubbliche colui che ha svolto un qualsiasi ruolo sostanzialmente incidente sull’attività di verifica della progettazione di un’opera.

Link dlgs 209/24 “Correttivo Cod. Contratti

Link Allegato I o1 Cod 36/23

Link Delibera Anac “precontenzioso” 14/25

Link Delibera Anac “Fiume Pescara” 22/25

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