Dopo una lunga attesa, e le anticipazioni date lo scorso 19 marzo dal Mef per bocca del sottosegretario Enrico Zanetti in un question time svoltosi in Commissione Finanze alla Camera, è finalmente uscita la circolare 14/E dell’Agenzia delle Entrate che chiarisce l’ambito applicativo del “reverse charge”, sul quale c’era parecchia confusione tra le imprese. Come si ricorderà, la Legge di Stabilità per il 2015 (190/2014), ha previsto l’ampliamento anche al settore dei servizi di pulizia del meccanismo del “reverse charge”. Molti, però, erano stati fin da subito i dubbi interpretativi e applicativi. Per questo era molto atteso l’arrivo della circolare dell’Agenzia delle Entrate finalmente uscita il 27 marzo con il numero 14/E. Il documento si presenta come una prima mini-guida all’estensione del meccanismo del “reverse charge”. Lo spirito della circolare è chiaro: limitare le attività assoggettate al nuovo regime Iva solo a quelle strettamente collegate agli “edifici”.
Edifici
Quindi per identificare il servizio soggetto all’inversione contabile non conta tanto, come sembrava in un primo tempo, la specificità del prestatore o del contratto, ma il contesto in cui il servizio viene prestato: l’edificio, appunto. Per questa ragione la Circolare esordisce chiarendo il concetto di edificio: “appare utile fare presente che l’articolo 2 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”, definisce l’edificio come “un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno; la superficie esterna che delimita un edificio può confinare con tutti o alcuni di questi elementi: l’ambiente esterno, il terreno, altri edifici; il termine può riferirsi a un intero edificio ovvero a parti di edificio progettate o ristrutturate per essere utilizzate come unità immobiliari a sé stanti”.
Detto questo, la parte che interessa di più il nostro settore è quella relativa ai servizi di pulizia negli edifici. In questo senso la circolare è restrittiva, e limita i servizi attratti nel regime del “reverse charge” ai soli servizi di pulizia svolti all’interno di edifici. Esclusi, quindi, analoghi servizi operati all’esterno, come in parcheggi, aree verdi, piscine o pertinenze esterne. Seguiamo il testo del documento:
Servizi di pulizia negli edifici
“In via preliminare, si fa presente che precedentemente all’entrata in vigore della lettera a-ter), sesto comma, dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972, i servizi di pulizia relativi ad edifici erano esclusi dall’applicazione del reverse charge. A riguardo la sopra menzionata circolare n. 37/E del 2006, chiarendo che tale attività non rientrava nella sezione F della Tabella ATECO 2007 (costruzioni), ha precisato che su tali prestazioni l’IVA andava applicata con le modalità ordinarie. Per effetto delle modifiche normative introdotte dall’articolo 1, comma 629, della Legge di stabilità 2015, a partire dal 1° gennaio 2015, alle prestazioni di servizi di pulizia relative ad edifici si applica il meccanismo dell’inversione contabile. Relativamente ai servizi di pulizia, dunque, l’unica condizione richiesta dalla lettera a-ter), sesto comma, dell’articolo 17 del DPR 633 del 1972 è che tali prestazioni siano “relative ad edifici” (ad esempio, i servizi di pulizia resi da una impresa nei confronti di società o di uno studio di professionisti). Per l’individuazione delle prestazioni rientranti nella nozione di servizi di pulizia, come già anticipato, si può fare riferimento alle attività ricomprese nei codici attività della Tabella ATECO 2007. Sono, dunque, da ricomprendere nell’ambito applicativo della lettera a-ter) le attività classificate come servizi di pulizia dalla suddetta Tabella, a condizione che questi ultimi siano riferiti esclusivamente ad edifici: 81.21.00 Pulizia generale (non specializzata) di edifici; 81.22.02 Altre attività di pulizia specializzata di edifici e di impianti e macchinari industriali. Devono intendersi escluse dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile le attività di pulizia specializzata di impianti e macchinari industriali, in quanto non rientranti nella nozione di edifici.”
Consorzi
Molto importante, per il nostro settore, anche il paragrafo dedicato alle realtà consortili, per cui il meccanismo di inversione contabile rappresentava un problema. A questo proposito si chiarisce che nell’individuare l’ambito di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile nelle ipotesi in cui intervengano organismi di natura associativa, la circolare n. 19/E del 4 aprile 2007 ha precisato che le prestazioni rese dai consorziati al consorzio assumono la medesima valenza delle prestazioni rese dal 22 consorzio ai terzi, in analogia con quanto previsto dall’articolo 3, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972, con riferimento al mandato senza rappresentanza. In sostanza, qualora il consorzio agisca sulla base di un contratto assoggettabile alla disciplina del reverse-charge, tale modalità di fatturazione, riverberandosi anche nei rapporti interni, è applicabile anche da parte delle società consorziate per le prestazioni rese al consorzio. Tali chiarimenti devono considerarsi validi anche con riferimento alle nuove fattispecie introdotte dall’articolo 1, commi 629, 631 e 632 della Legge di Stabilità 2015 alle quali si applica il meccanismo di inversione contabile.
Reverse charge e “split payment”
La circolare chiarisce anche un altro aspetto piuttosto controverso, ossia il confine di applicazione di reverse charge e split payment in caso di servizi resi per enti pubblici e inerenti il loro ambito istituzionale (per cui si applica il regime dello “split”) e commerciale (che ricade nel “reverse”). In quest’ottica si precisa che “i servizi resi alla Pubblica Amministrazione, soggetti al meccanismo dell’inversione contabile, sono unicamente quelli che vengono acquistati da quest’ultima nell’esercizio della propria attività economica”. Nel caso di servizi “promiscui” la fattura andrà scorporata.
Clausola di salvaguardia
E nelle more? Un’apposita clausola di salvaguardia esclude dalle sanzioni gli eventuali errori intervenuti tra il 1° gennaio 2015, data di applicazione del “reverse charge”, e l’uscita della Circolare di chiarimento (27 marzo): “Si fa presente che, in considerazione della circostanza che la disciplina recata dagli articoli 17, sesto comma, lettere a-ter), d-bis), d-ter) e d-quater), e 74, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972, produce effetti già in relazione alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2015, e che, in assenza di chiarimenti, la stessa poteva presentare profili di incertezza, nonché in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, sono fatti salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti, anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi”.
Osservazioni
L’impressione generale, comunque, è quella di essere di fronte a un chiarimento certo importantissimo, ma che non si muove nell’ottica del “multiservizi”. Decisive le precisazioni su impianti e macchinari, esclusi dall’ambito applicativo. E anche la precisazione che per tutte le aree esterne, come aree verdi, piscine, parcheggi eccetera, non si applica il meccanismo del “reverse”. Un altro chiarimento riguarda la nozione di “completamento”, che ha esclusivo riferimento a lavori edili, e non riguarda, come si poteva anche pensare, servizi di manutenzione ordinaria svolti dalle imprese multiservizi. Dall’altro lato, però, il documento, pensato più che altro per il settore dell’edilizia, non tiene conto della specificità delle imprese multiservizi, che svolgono, all’interno degli edifici, una pluralità di attività che vanno dal facchinaggio alla disinfestazione, dalle piccole manutenzioni alla gestione archivistica, custodia accessi, giardinaggio. Come sappiamo, nella stragrande maggioranza dei casi è la stessa impresa a svolgere il servizio. A questo proposito il documento è restrittivo: i codici Ateco 2007 ricordati, in effetti, riguardano solo le attività di pulizia in senso stretto. Dunque le imprese dovranno continuare a “scorporare” i servizi rientranti nel reverse charge e quelli non attratti nel nuovo regime, quindi scegliere se emettere una fattura unica con all’interno indicato il servizio di pulizia, soggetto a reverse charge e le voci relative agli altri servizi con l’applicazione dell’Iva in modo tradizionale (quindi da incassare), o altrimenti emettere due fatture, una per il servizio di pulizia soggetto a reverse charge e l’altra per gli atri servizi soggetti a regime Iva tradizionale (da incassare). Una soluzione che comporta non pochi oneri per le imprese, chiamate a “spaccare il capello” con il rischio di errori e conseguenti sanzioni. L’unico vantaggio, per le imprese, potrebbe essere quello di poter recuperare l’eventuale “credito d’Iva” attraverso la fatturazione “scorporata” di prestazioni non soggette al nuovo meccanismo. In quest’ottica sarebbe apparsa più funzionale la distinzione sulla base della specificità del prestatore piuttosto che, come invece fa la 14/E, sulla natura del contesto (l’edificio, appunto) in cui viene prestato il servizio.